Culture

Razzante: "Così internet sta cambiando il diritto dell'informazione e della comunicazione..."

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L'APPUNTAMENTO

A Milano, lunedì, 28 ottobre, dalle ore 17.30, presso il Circolo della Stampa di Corso Venezia, si terrà la presentazione della sesta edizione del  "MANUALE DI DIRITTO DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE  - Privacy, diffamazione e tutela della persona. Libertà e regole nella Rete".

In programma un incontro-dibattito sul tema:
 
SISTEMA DEI MEDIA E TUTELA DEI DIRITTI:
nuove frontiere giuridiche e professionali nell’era digitale

 
 

SALUTI INTRODUTTIVI:


DANIELA STIGLIANO - Presidente Circolo della Stampa Milano


GABRIELE DOSSENA - Presidente Ordine dei Giornalisti Lombardia
 
INTERVENGONO CON L’AUTORE:


ROBERTO ARDITTI - Direttore affari istituzionali Expo 2015


STEFANO LUCCHINI - Direttore relazioni internazionali e comunicazione Eni s.p.a.


GINA NIERI - Consigliere d’amministrazione Mediaset


ENRICO ROMAGNA MANOJA - Direttore responsabile “Il Mondo”
 
MODERA:


GIANCARLO MAZZUCA - Direttore responsabile “Il Giorno”
 
CONCLUDE:


COSIMO MARIA FERRI - Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia

 

 

In occasione dell'uscita della sesta edizone del "Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione - Privacy, diffamazione e  tutela della persona. Libertà e regole nella Rete" (Cedem) firmato da Ruben Razzante, Professore di Diritto dell’Informazione e di Diritto della Comunicazione per le imprese e i media presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e la LUMSA di Roma, Affaritaliani.it ha intervistato l'autore (che lunedì sarà protagonista di un incontro a Milano, vedi box a destra), per parlare dei temi attualissimi trattati dal volume. La diffusione di internet sta infatti cambiando, e in molti casi sconvolgendo, le regole del giornalismo e della comunicazione...

Professor Razzante, il suo Manuale raccoglie le ultime novità normative, dottrinali e giurisprudenziali, in materia di diritto all’informazione, pluralismo, giornalismo, privacy e diritto di cronaca, diffamazione, diritto d’autore, par condicio, etica e minori, commistioni tra pubblicità e informazione, Authorities, RAI e televisioni private, digitale terrestre e banda larga, media audiovisivi, cloud computing, green ICT... Tratta dunque una serie di argomenti su cui spesso si tende a polemizzare. La sua impressione è che, alla luce della diffusione della rete, sia ineluttabilmente giunto il momento di ripensare completamente la regolamentazione di questi ambiti? O è ancora necessario attendere che la situazione si stabilizzi e che la "rivoluzione" si completi?
"Il diritto dell'informazione si aggiorna in modo galoppante soprattutto grazie alla giurisprudenza, che spesso affronta in modo assai innovativo casi concreti difficilmente risolvibili alla luce delle leggi vigenti. Esistono vuoti normativi che vengono di volta in volta colmati dagli organi giurisdizionali sia nazionali sia europei. Si tratta, tuttavia, di approdi parziali e transeunti che non consentono ancora di stabilizzare il quadro normativo della rete. Una certezza però c’è: il fenomeno internet non può che essere affrontato in un'ottica globale e quindi sarebbero auspicabili interventi normativi di portata almeno europea, affinché nei singoli Stati del Vecchio Continente il trattamento riservato a singole fattispecie concrete sia uniforme. E mi riferisco in particolare alla materia, assai vischiosa e sfuggente, della tutela dei diritti online, dal diritto d'autore alla privacy, dall'onore alla reputazione e all'immagine".

Si discute spesso di diritto all’oblio. In rete, e in particolare sui social network, però, il rischio è che nulla possa esser definitivamente cancellato. Che tipo di tutele andrebbero introdotte? O un intervento è ormai impossibile?
"Il diritto all'oblio è una delle frontiere più avvincenti del diritto dell'informazione di questi anni. In sede europea si sta discutendo una riforma della privacy che prevedrebbe il riconoscimento del diritto all'oblio, con conseguente possibilità, per tutti gli utenti, di rimuovere contenuti che li riguardino e che non siano più attuali. Il dovere di conservare illimitatamente i dati di cronaca resterebbe solo in capo alle redazioni giornalistiche, mentre i motori di ricerca dovrebbero accettare la possibile rimozione di contenuti non più attuali e così facendo l'inevitabile contrazione del proprio traffico dati e del fatturato pubblicitario. In Italia sia il Garante privacy sia alcuni tribunali si sono pronunciati sul doveroso riconoscimento, a cittadini e imprese, del diritto ad essere dimenticati per fatti non più attuali e non più aggiornati. Faccio un esempio: se un imprenditore è stato condannato dieci anni fa per un reato fiscale e ha espiato fino in fondo la sua pena, magari anche detentiva, ha diritto di non essere più esposto alla gogna mediatica attraverso i motori di ricerca, che tendono a perpetuare una sua reputazione negativa, impedendogli per esempio di avere un finanziamento da una banca o una commessa da un ente pubblico. Le redazioni dei giornali online sono invece obbligate a mantenere nei loro motori di ricerca interni tutti gli aggiornamenti della notizia, dalla condanna all'assoluzione. Il problema è che i motori di ricerca, indicizzando le informazioni in base a criteri algoritmici non temporali ma di popolarità, rischiano di offrire una ricostruzione falsata dei fatti".

Ruben Razzante

Recentemente la Camera ha dato il via libera al testo che riforma il reato di diffamazione a mezzo stampa, cancellando il carcere per i giornalisti e i direttori di testate. Qual è il suo giudizio in proposito? Si sta andando nella giusta direzione?
"In materia di diffamazione, l'approvazione del testo di riforma da parte della Camera è certamente un fatto positivo, anche se si tratta di un testo migliorabile. La cancellazione del carcere per giornalisti e direttori è un segno di civiltà. ma le pene per i giornalisti che diffamano, spesso con operazioni di killeraggio ordite per compiacere i propri editori, devono essere esemplari. E bisognerebbe anche stabilire punizioni significative per i casi di querela temeraria, cioè fatta per intimidire i giornalisti nel tentativo di imbavagliarli. Corretta la riforma nella parte in cui si occupa anche di diffamazione a mezzo internet, stabilendo che il tribunale competente in caso di processo è quello del luogo di residenza della persona offesa. E poi c’è tutta la questione della responsabilità del direttore per omesso controllo, oltre che per fatto proprio, dopo il caso Sallusti. Vedremo se il Senato approverà lo stesso testo della Camera o vi apporterà modifiche. In ogni caso, non prevedo tempi brevi".

Periodicamente si torna a parlare della necessità di una regolamentazione della pubblicazione da parte dei media delle intercettazioni. Ogni volta, però, le polemiche fermano tutto: come si dovrebbe procedere a suo avviso?
"Sulle intercettazioni bisognerebbe usare maggiore cautela. Spesso i media divulgano brogliacci di telefonate riservate e prive di interesse pubblico, che nulla aggiungono alla completezza della notizia. Una volta depositate e nella disponibilità degli avvocati di parte, le telefonate sono pubblicabili, ma sta al giornalista evitare di cedere al voyeurismo e di riportare integralmente il contenuto di quelle conversazioni. Un conto è una telefonata che documenta una dazione di denaro, altro conto è una telefonata priva di rilievo penale e dalla quale emerge solo un comportamento lascivo o immorale di un personaggio pubblico. Mi auguro che il codice deontologico sulla privacy, scritto dall'Ordine nazionale dei giornalisti nel 1998 e approvato dal Garante della privacy, possa essere rivisto nei prossimi mesi, stabilendo maggiori paletti in materia di intercettazioni, senza imbavagliare l'informazione ma anche senza lasciare campo libero al giornalismo fatto "dal buco della serratura", calpestando la privacy e la dignità di persone che spesso non risultano neppure coinvolte nelle inchieste delle quali si parla".