Adattare l'Invalsi per non penalizzare i non liceali. Intervista - Affaritaliani.it

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Adattare l'Invalsi per non penalizzare i non liceali. Intervista

Di Filomena Del Vecchio

Settembre, si sa, cadono le foglie, e la scuola, puntuale, ricomincia. Con il nuovo anno scolastico, però, le tanto discusse prove Invalsi toccheranno anche alla Formazione Professionale, troppo spesso dimenticata, persino dalla recentissima Riforma della Scuola. Peccato che la Formazione Professionale -  che in passato afferiva, sì, al Ministero del Lavoro - rientri ormai a pieno titolo nel sistema dell'Istruzione e offra ai giovani una possibilità parallela di "assolvere all'obbligo scolastico", imparando anche un mestiere e, sono dati noti, trovando anche lavoro in tempi brevi, cosa da non disdegnare.

Cogliamo l'occasione del XXVI Seminario Europa, promosso dal Centro Italiano Opere Femminili Salesiane-Formazione Professionale (il programma su www.ciofs-fp.org), che si terrà a Roma dal 17 al 19 settembre, per chiedere a uno dei relatori, Arduino Salatin, docente all'Università Salesiana di Venezia ma anche vice presidente Invalsi, che cosa succede di nuovo nell'ambito della valutazione dell'apprendimento, test Invalsi compresi, in particolare per la Formazione Professionale.

Anno scolastico 2014-2015: che cosa cambia?
Da settembre entra a regime il nuovo Sistema Nazionale di Valutazione (SNV), che si estende a tutto il sistema scolastico e formativo, compresa, quindi, la  Formazione Professionale, che dipende dalle Regioni. La novità riguarda sicuramente i test Invalsi che, a maggio 2015,  verranno estesi anche a tutti gli allievi del secondo anno dei percorsi triennali di Istruzione e Formazione Professionale, la cosiddetta IeFP,  ma anche l'avvio di una sistematica valutazione interna ed esterna degli istituti.

Qual è il senso, in particolare per la Formazione Professionale?
Per  la Formazione Professionale, l'operazione ha un grande valore perché ne rafforza l'appartenenza a pieno titolo al sistema nazionale di istruzione: non più, quindi, un segmento di serie B, come troppo spesso è ancora considerata da chi poco la conosce, ma una delle vie ordinarie per adempiere all'obbligo di istruzione e per  raggiungere, attraverso i percorsi formativi previsti, le condizioni di occupabilità garantite a tutti i cittadini europei. L'obiettivo resta un vero "sistema integrato" tra l'offerta coordinata dallo Stato e quella coordinata dalle Regioni, offerta in grado di dare risposta alla pluralità delle vocazioni e dei talenti dei giovani e, insieme, di corrispondere meglio alla domanda del mercato del lavoro. Inoltre ciò contribuisce a tradurre in pratica i cosiddetti "livelli essenziali delle prestazioni", cioè gli standard minimi da garantire a tutti i giovani italiani in termini di preparazione culturale e professionale.

Tutto questo come impatta sulla Formazione Professionale?
L'impatto riguarda in primo luogo la generalizzazione delle prove Invalsi relative all'ambito della padronanza linguistica e matematica, oggi somministrate solo in poche Regioni, ad esempio nelle Provincie autonome di Trento e di Bolzano, o in alcuni Centri di Formazione Professionale su base volontaria. In secondo luogo si introduce l'idea di una maggiore trasparenza e confrontabilità dei risultati di apprendimento e della qualità del servizio della Formazione Professionale attraverso un'autovalutazione dei Centri, in vista di un'auspicabile valutazione esterna.  Naturalmente questo richiede un pieno coinvolgimento delle Regioni, da cui dipende in gran parte, come dicevamo, la regolazione della Formazione Professionale.

Quali sono i vantaggi rispetto a questi due aspetti?
Per quanto riguarda i test Invalsi, la loro applicazione dovrebbe permettere ai Centri non solo di disporre di una maggiore comparabilità e oggettività del rendimento degli allievi, ma soprattutto - anche grazie alle restituzioni molto analitiche fatte dall'Invalsi - di individuare i punti di forza e gli eventuali punti di criticità, su cui intervenire con azioni di accompagnamento e recupero. Rispetto alla valutazione interna ed esterna si tratta di rafforzare o di promuovere una cultura autentica della cosiddetta accountability , il "rendere conto" di quello che si fa, e del miglioramento continuo, cultura non necessariamente diffusa in tutti i Centri di Formazione Professionale, nonostante le molte buone pratiche condotte dal 2001, anno in cui fu introdotto l'obbligo di accreditamento dei Centri.

Ci sono limiti e rischi?
I limiti sono simili a quelli verificati in molte scuole tradizionali, e cioè, da un lato, la tendenza degli insegnanti a impostare la didattica in funzione dei test, il cosiddetto teaching to test, e, dall'altro, l'assunzione di un approccio burocratico e non sostanziale alla valutazione della qualità dell'offerta formativa. Inoltre c'è un rischio specifico per la Formazione Professionale, ossia che i modelli e gli strumenti elaborati dal MIUR nel Sistema Nazionale di Valutazione non riescano a integrarsi con i dispositivi già adottati da molte Regioni ed Enti, ma soprattutto che non si valorizzi appieno l'enorme e meritevole lavoro educativo fatto dai Centri di Formazione Professionale, non sempre "misurabile" in termini di rendimento e di elementi quantitativi.
 
E come si potrebbe migliorare la situazione?
Anzitutto non temendo il confronto e la valutazione, ma attuando un percorso progressivo di adozione del dispositivo nazionale. In secondo luogo garantendo un'ampia informazione agli allievi e alle loro famiglie, e promuovendo un'adeguata formazione degli operatori. Sul piano operativo, alcuni Enti della Formazione Professionale, come il CIOFS-FP e il CNOS-FAP, hanno siglato un accordo di cooperazione con l'Invalsi per sperimentare i dispositivi dei test e dell'autovalutazione di istituto. Occorrerà poi sviluppare le intese Stato-Regioni e garantire adeguate risorse per accompagnare tutto il processo, specialmente a sostegno della formazione degli operatori e dell'elaborazione di nuovi strumenti e supporti didattici.