Economia

Alitalia, spuntano i capitali americani: prime aperture dei sindacati

Di Monica Camozzi

Mentre i problemi di cassa rischiano di far implodere la compagnia, Flavio Paltrinieri, presenta il piano che potrebbe salvare gli occupati

Un piano ci sarebbe. Per salvare Alitalia senza pagare lo scotto occupazionale, coinvolgendo alcuni investitori internazionali pur mantenendo l’assetto proprietario della compagnia e con un limitato uso iniziale degli ammortizzatori sociali. Un piano sorretto da debito americano che salverebbe, come si suol dire, capra e cavoli e che è stato portato ieri mattina all’attenzione di alcune  sigle sindacali durante la manifestazione di piazza Barberini, trovando un'apertura di dialogo.

La situazione denunciata dal commissario Giuseppe Leogrande qualche giorno fa è drammatica: niente soldi in cassa per pagare gli stipendi di febbraio, ingessature legate alla crisi di governo, ulteriori tempi per un nuovo bando di gara. Tempi che non ci sono.

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Il piano accennato ieri ai sindacati, che prevede un cambio di assetto strategico e di business model, vedrebbe Alitalia riacquisire competitività grazie a una strategia di rotte di lungo raggio da un lato e di piccole tratte Point to Point dall’altro, eliminando la impossibile concorrenza sul low cost.  E valorizzerebbe l’unico continente dove Alitalia non subirebbe la concorrenza di slot svenduti ad altre compagnie: l’Africa.

Ieri mattina, nel corso della manifestazione delle sigle sindacali del personale di terra in piazza Barberini a Roma, le stesse hanno ricevuto in delegazione l’economista Nino Galloni, fautore dell’incontro e il firmatario del piano, Flavio Robert Paltrinieri, che a disposizione ha un plafond di circa dieci miliardi per il salvataggio di aziende italiane di valore nel contesto di un progetto definito Make Italy Safe (in sostanza, un Salva Italia).

“Preciso subito che questo capitale non ha nulla a che fare con il meccanismo dei Capitani Coraggiosi. Useremo i bond tripla A, nella fattispecie i M144A che vengono emessi su aziende controllate dal governo federale o aventi contratti con il governo federale americano e che possono essere acquisiti solo da americani. E preciso che il contratto collettivo verrebbe scritto congiuntamente e a diverse mani con le sigle sindacali, che ci vedono disponibili a una totale e proficua collaborazione. L’intento è quello di salvare la  compagnia e l’occupazione.

Teniamo conto che agli otto miliardi finora spesi se ne aggiungono altri, da computare nel Recovery Fund  e tutto ciò non farà piacere all’Europa. Il piano da noi proposto invece evita di levare altro denaro dal Recovery Fund e sfrutta un management di valore a costo zero per le casse pubbliche”.

La disponibilità dei sindacati al dialogo?

“Il nostro piano è del 2007 e ogni anno lo abbiamo aggiornato, manca una centrale di ascolto della società civile da parte dei palazzi del potere -dichiara Paltrinieri- Passare dai sindacati che rappresentano chi sta soffrendo scelte scellerate è fisiologico in un mondo dove la politica dei territori non esiste più. I lavoratori sono al centro di ogni progetto vincente. Siamo convinti che il pessimo lavoro fatto con la svendita degli slot abbia vanificato la possibilità  competitiva sui mercati occidentali. E che fare concorrenza nel low cost non abbia alcun senso”. 

Quali, ora, le mosse?

“Chiederemo un incontro in cui spiegare il piano nel dettaglio. Dopodiché verrà richiesta l’apertura di  un tavolo con il Ministero. Sono entusiasta da un lato perché dal punto di vista sociale è un giorno storico. Si tratterebbe di un gesto coraggioso, di sposare un modello di business nuovo rinunciando alla via degli amministratori delegati di nomina pubblica e adottando un piano di rinnovamento strategico”.

(Segue: I dettagli del piano. Un accordo virtuoso capitale-sindacati)