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Economia
Assegno unico, tremano 6,6 mln di famiglie: ipotesi taglio del sussidio da 200 euro a figlio

Assegno unico a rischio. Il governo è a caccia di risorse per finanziare la manovra. L'ipotesi ridistribuzione

Il governo Meloni continua a lavorare sulla prossima manovra finanziaria, il piano previsto per la spesa pubblica per i prossimi cinque anni va inviato a Bruxelles entro il 20 settembre. Il tempo stringe e le risorse che servono per la prossima legge di bilancio sono ingenti: si stima una misura tra i 25-27 miliardi. Tra le varie ipotesi allo studio - in base a quanto risulta a La Repubblica - ci sarebbe anche quella di smontare l'assegno unico per i figli e trovare un modo per ridistribuire le risorse: circa 20 miliardi. L’idea sarebbe quella di tagliare l’assegno base da 57 euro a figlio che oggi va alle famiglie che non presentano l’Isee o ne hanno uno troppo alto, sopra i 45 mila euro. E spostare più risorse alle famiglie molto numerose, con disabili, con una storia di lavoro radicata in Italia.

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Dovrebbe cambiare, come successo già col Reddito di cittadinanza, anche il nome. L'assegno unico era stato introdotto dal governo Draghi nel 2021. Tra cancellazione di assegni familiari, detrazioni e vecchi bonus per 14 miliardi e l’aggiunta di 6 miliardi freschi, l’assegno pesa nel bilancio dello Stato 20 miliardi strutturali. Si rivaluta all’inflazione: quest’anno vale il 5,4% in più dell’anno scorso, da un minimo di 57 a un massimo di 200 euro al mese per un minore, con maggiorazioni a figli non autosufficienti e disabili, mamme lavoratrici, figli oltre il secondo. Spetta anche per i figli tra 18 e 21 anni, seppur dimezzato nell’importo.

Nel 2022, primo anno, la spesa è stata di 13 miliardi. L’anno scorso è salita a 18 miliardi. Quest’anno probabilmente farà il pieno: 20 miliardi, visto che nel primo semestre l’Inps segna già quasi 10 miliardi. Le famiglie coinvolte sono 6,6 milioni per 10 milioni di figli. La platea potenziale, dice Istat, è di poco più ampia: 10,7 milioni di ragazzi tra 0 e 20 anni. Nel novembre 2023 l’Europa ha messo l’Italia in procedura di infrazione per il requisito dei 2 anni di residenza chiesto agli stranieri. Infrazione che un mese fa si è trasformata in deferimento alla corte di Giustizia Ue. Il contenzioso con l’Europa in realtà sembra risolvibile. Ma resta aperto e viene usato per giustificare la prossima mossa: riscrivere il Piano nazionale per le famiglie del 2022 (Draghi-Bonetti) e procedere a riformare l’assegno unico.






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