Economia

Banche, bocciata la bad bank europea. Ecco il piano anti-Npl di Bruxelles

di Marco Scotti

Contro lo tsunami degli Npl l’Unione Europea rilancia le bad bank nazionali o sovranazionali con cabina di regia a livello europeo

Il 2020 ha portato in dote, tra tante iatture, anche il primo “congelamento” dell’economia in tempi recenti. Vero, il Pil mondiale è calato, ma gli effetti sistemici non si sono visti del tutto. Quando però – e prima o poi dovrà inevitabilmente succedere – si toglieranno i meccanismi di protezione messi in campo dai Paesi, allora sì che saranno problemi. Il blocco dei licenziamenti non potrà essere eterno, così come la cassa integrazione, la moratoria sulle cartelle esattoriali e sui crediti e perfino i prestiti con la garanzia statale. Dunque, i nodi verranno al pettine e a quel punto si inizierà a ballare davvero.

Perché se è vero che degli ammortizzatori saranno sempre previsti, a maggior ragione con lo sblocco delle risorse europee del Recovery Fund, lo è altrettanto che – come ha anche ricordato l'ex presidente della Bce Mario Draghi – non si può continuare con un meccanismo di sussidi a pioggia che mantenga lo status quo e che crei miriadi di aziende zombie. Dunque, bisognerà fare i conti con gli effetti sull’economia reale che, per le banche, si traducono fondamentalmente in non performing loans, crediti inesigibili, incagli: sono molti i nomi che possono essere dati a un fenomeno che già prima del Covid diventava lo spauracchio degli istituti di credito.

Per arginare il problema, si è cercato di mantenere alti i livelli di patrimonializzazione delle banche mettendo un blocco ai dividendi per il 2020 (circa 6 miliardi in Italia) e – parola di Andrea Enria, ex European Banking Authority ora capo della Vigilanza della Bce – impedendo il ritorno alla normale erogazione delle cedole fino al settembre del prossimo anno. Nel frattempo si cercano soluzioni: per quanto concerne l’Italia, il nostro Paese aveva ridotto progressivamente l’incidenza dei crediti deteriorati in Europa, passando dal 34% del totale del 2015 al 21% di quest’anno. Ma l’aumento ci sarà inevitabilmente (per Enria il rischio è di quota 1.400 miliardi per i crediti deteriorati) e, complici anche gli obblighi di patrimonializzazione delle banche, bisognerà trovare un rimedio.

Tanto che i crediti in sofferenza sono già ora pari al 6,3% contro il 2,8% della media europea. Al tempo stesso, gli accantonamenti in percentuale agli Npl sono poco sotto il 60%, quasi 4 punti in meno rispetto a quanto fanno gli istituti di credito del continente. La Commissione Europea, dopo aver osservato che “il volume dei crediti deteriorati è destinato a salire” anche se con una tempistica incerta in base al vigore della ripresa, ha avviato una serie di indagini per trovare lo strumento più adatto. Si è tornati a parlare di bad bank, seppur con sfumature diverse.

È cosa nota che Enria prema da tempo per la realizzazione di un unico soggetto europeo che si faccia capo di tutte le “difficoltà” degli istituti di credito, assorbendole. Ma è arrivata la netta opposizione dei Paesi membro che hanno anche notato le differenze nei costi di finanziamento.

Quindi che fare? Da Bruxelles arriva un documento in cui si auspica un futuro migliore: "Importanti sinergie – si legge - potrebbero concretizzarsi se un gran numero di Stati membri istituissero una bad bank. Tuttavia, l’istituzione di un asset management company a livello nazionale rimane volontaria. Gli Stati membri sono liberi di decidere se vogliono intraprendere questa strada".

È evidente che le parole prudenti fanno da preambolo a possibili nuovi scontri tra frugali, mediterranei, falchi, colombe e via dicendo. Più interessante, invece, l’idea di istituire una banca dati che "sarebbe utile per migliorare l’efficienza del mercato. Potrebbe contribuire a sviluppare ulteriormente la standardizzazione dei dati. Permetterebbe agli operatori di mercato di comparare le transazioni e ottenere informazioni sui prezzi effettivi degli attivi e sulla liquidità del mercato".

L’asticella si sta alzando. Se finora l’Europa ha messo sul piatto cifre astronomiche per un futuro migliore, ora deve iniziare a guardare al domani, a un 2021 che sarà sì in ripresa (specie se il vaccino sarà disponibile in tempi rapidi), ma che vedrà inevitabilmente molti più problemi all’economia reale. Finora c’è stata una grande sofferenza solo di alcuni comparti (turismo e ristorazione su tutti) che hanno dovuto alzare bandiera bianca mentre gli altri, complici gli aiuti, hanno tenuto botta. Ora però si inizia a fare sul serio. E senza rete.