Economia

Banco Bpm-Mps, un matrimonio "logico" che però non va in porto: i motivi

di Marco Scotti

Da Piazza Meda continuano a smentire la possibilità delle nozze. Ma la voce continua a girare insistentemente, perché risolverebbe molti problemi

Unicredit, Banco Bpm, Mps: il futuro del risiko bancario

Ecco: non anticipare i piani, non permettere fughe di notizie può rappresentare dirimente. Prendiamo Unicredit: la trattativa per acquisire Mps (chiedendo una dote da oltre 6 miliardi di euro) è stata talmente sbandierata che alla fine tutto si è risolto in un nulla di fatto dopo mesi di trattative. D’altronde, faceva notare un banchiere di altissimo livello ad Affaritaliani.it, “un affare del genere non può andare in porto se al tavolo non si siedono i due protagonisti, cioè Andrea Orcel e Mario Draghi”. E in effetti nessuno dei due si è mai spinto così in là. 

Così si torna all’inizio del discorso: Mps e Banco Bpm sarebbero sposi perfetti e, calcolatrice alla mano (ovviamente affari di questo genere non si fanno solo con l’aritmetica) potrebbero dar vita a un polo che vale circa 10 miliardi di euro in borsa. Ecco: un’operazione quindi che avrebbe tutti i crismi della fattibilità sulla carta. Ma che per qualche motivo non riesce a scaldare i cuori di Piazza Meda. Secondo Reuters, che ieri 28 febbraio ha rilanciato la notizia, “l'integrazione col Monte implica alcune problematiche per Banco Bpm tra cui la necessità di dover raccogliere capitali freschi, dicono le fonti”.

C’è però un dettaglio che spariglia ulteriormente le carte. Axa, che deteneva il 7,9% di Mps, ha deciso di uscire lunedì 27 febbraio, a borse chiuse, da Siena. Con una plusvalenza da 33 milioni. Per l’istituto assicurativo si tratta di una mossa strategica per monetizzare un investimento da 200 milioni profuso all’epoca dell’aumento di capitale. Ma anche qui le voci divergono: da una parte c’è chi ringrazia i francesi, che vendendo sul mercato (e non in blocco) le azioni ha rinvigorito il titolo e potrebbe spingere il Mef a "diluirsi" progressivamente avviando la privatizzazione. Dall’altra c’è chi teme che si tratti di un segnale di sfiducia, sia per quanto riguarda la cura Lovaglio, sia per quello che concerne il futuro della banca. Si vedrà, insomma. D’altronde, diceva Nietzsche, “nella realtà non avviene nulla che corrisponda rigorosamente alla logica”.