Blackstone cede i centri commerciali in Italia, preferisce Pmi e startup
Dopo gli acquisti del 2012-2015 Blackstone è passata alla cassa, tenendo però in portafoglio i centri logistici
Con un portafoglio in gestione da complessivi 457 miliardi di dollari, Blackstone Group, nata nel 1985 come boutique finanziaria specializzata in fusioni e acquisizioni, è da tempo diventata una delle principali società di gestione al mondo, famosa per avere per anni realizzato operazioni tramite Lbo (leverage buyout, ossia acquisizioni a debito) e per essersi espansa in quattro settori di operazioni: banca d’investimento (131 miliardi di dollari investiti in operazioni di finanziamento), risparmio gestito (80 miliardi gestiti in fonti hedge), private equity (126 miliardi di patrimonio complessivo) ed immobiliare (120 miliardi di capitale degli investitori a fronte dei quali sono stati effettuati investimenti valutati ad oggi circa 250 miliardi).
La forza dei ragazzi “della pietra nera” è sempre stata l’elevatissima specializzazione e competenza ma anche la capacità di cambiare cavallo al momento giusto, secondo una formula che per il settore immobiliare recita: “compra, valorizza, vendi”. Nel caso del mercato italiano gli acquisti si sono concentrati a cavallo tra il 2012 e il 2014, sfruttando dunque il picco minimo toccato dai prezzi degli immobili sia residenziali sia commerciali, mentre le vendite sono partite già alcuni mesi fa, non senza qualche intoppo.
Non è ancora andato a buon fine, ad esempio, la cessione delle ex sedi di Rcs Mediagroup comprate per 120 milioni di euro e che Allianz era sembrata interessata a rilevare per una cifra di oltre 200 milioni quest’estate, se non si fosse messo di traverso Urbano Cairo, nel frattempo divenuto azionista di maggioranza del gruppo editoriale un tempo controllato dal gruppo Agnelli con l’aiuto di Mediobanca.
Cairo accusa Blackstone Real Estate, in Italia guidata da Paolo Bottelli, di aver forzato la mano e aver pagato troppo poco per acquistare quegli immobili da un gruppo all’epoca in chiara difficoltà finanziaria e di avere fatto pagare dei fitti, al contrario, parecchio salati per poter continuare a utilizzarli. Allianz ha preferito a questo punto mettersi alla finestra e Bottarelli per ora ha dovuto rinviare l’exit e la contabilizzazione della relativa plusvalenza.
Sono invece già stati ceduti, a inizio anno, sei centri commerciali di piccola-media grandezza (situate a Carpi, a Monselice, a Civitavecchia, a Roma, a Brindisi e a Melilli) al fondo svizzero Partners Group per una cifra superiore a 200 milioni di euro. I centri erano stati acquisiti tra il 2013 e il 2015 da General Electric, Axa, Aberdeen e Sonae Sierra.
Ma il boccone più ghiotto dovrebbe essere il prossimo: dovrebbe infatti passare al gruppo cinese Sasseur, quotato a Singapore ma con numerosi outlet in Cina, il portafoglio Land of fashion composto da cinque outlet (tre Outlet Village di Franciacorta, Mantova, Palmanova, il Puglia Outlet Village di Molfetta e il Valdichiana Outlet Village a pochi chilometri da Roma), il cui valore, stimato in almeno 700 milioni un anno fa, sarebbe nel frattempo salito a oltre 800 milioni, a testimonianza del recupero di redditività conseguente la gestione Blackstone.
Non è finita qui, perché a fronte di un miliardo circa di liquidità che queste due operazioni dovrebbero far confluire nelle casse di Blackstone Real Estate restano in portafoglio asset importanti, come i 18 centri logistici dislocati tra Nord e Centro Italia rilevati da Foncièr des Régions, gruppo immobiliare francese di cui Leonardo Del Vecchio è il principale azionista e che a inizio settembre ha incorporato Beni Stabili per dare vita a Covivio (gruppo che sarà quotato sia a Parigi sia a Milano, al posto delle due società fusesi tra loro).
I centri in questione erano stati rilevati per circa 200 milioni di euro. A questi si erano aggiunti lo scorso anno altri sei centri logistici nel Nord Italia rilevati da Castello Sgr che hanno consentito a Blackstone di raggiungere la soglia di 1,3 milioni di mq di immobili a destinazione logistica. Immobili il cui valore tende ovviamente ad aumentare nelle fasi di ripresa economica ed il fatto che Blackstone abbia continuato a scommettere su di essi, mentre ha già monetizzato le plusvalenze realizzate sui centri commerciali, sembra un’indicazione di fiducia nelle possibilità di crescita dell’Italia. E’ quindi probabile che lo shopping di Blackstone nel “bel paese” possa proseguire, ma non è detto che si focalizzi sul mattone, anzi.
Dalle dichiarazioni rilasciate lo scorso anno da Andrea Valeri (ex Bain ed ex Goldman Sachs), responsabile a Londra del Tactical Opportunities Group, che gestisce gli investimenti in Europa e in Italia del gruppo, agli americani piace sempre di più l’idea di investire direttamente in Pmi con buone prospettive di crescita. Valeri è interessato a quote di minoranza, proprio come quelle di investimenti che ha già guidato in De Nora (lo scorso luglio vincitrice di una commessa da 30 milioni di euro per fornire sistemi di disinfestazione a dieci impianti di trattamento acque di Hong Kong e di cui Blackston ha il 32,9%) e Versace (passata a settembre al gruppo Michael Kors sulla base di una valutazione da 2 miliardi di dollari, in cui Blackstone aveva il 20%).
Anche in questo caso il “fiuto” degli uomini di Blackstone fa raramente cilecca: in Versace erano entrati, ad esempio, nel 2014 sulla base di una valutazione di 1,4 miliardi, in De Nora sono entrati quest’anno in base a una valutazione che non dovrebbe aver superato i 750 milioni, con l’obiettivo di supportare il business plan che prevede una crescita del fatturato dai 431 milioni dello scorso anno (in calo rispetto ai 460 milioni del 2015) a 600 milioni entro fine 2021.
A quel punto De Nora potrebbe vedere la sua valutazione superare il miliardo di euro e Valeri potrebbe passare alla cassa, pronto a reinvestire in altre Pmi o anche in startup, come fatto qualche settimana fa co-investendo insieme a Goldman Sachs in Prima Assicurazioni, startup insurtech fondata da Alberto Genovese (già tra i founder anche di Facile.it) e Teodoro D’Ambrosio (tra i co-founder di TA Ventures). Insomma: nessuna fuga dall’Italia in vista per gli uomini della “pietra nera”, semmai una rotazione tattica degli investimenti di portafoglio tra i vari fondi e comparti d’attività, per sfruttare i trend del momento.
Commenti