Bpm, 500 voti fanno scattare le nozze col Banco. Nasce il terzo gruppo
Quattro milioni di clienti, 2.467 sportelli e una quota di mercato dell’8,2%: nasce la terza banca italiana
RHO - Quattro milioni di clienti, 2.467 sportelli e una quota di mercato dell’8,2%: nasce la terza banca italiana. Dopo il sì plebiscitario dei soci del Banco Popolare (il 99,5% dei presenti in assemblea; oltre 23.600 voti), è arrivato anche quello degli azionisti della Banca Popolare di Milano che accendono così il definitivo disco verde alla prima aggregazione scaturita dalla legge del governo Renzi che ha imposto la trasformazione delle popolari in società per azioni.
A Rho, nella sede della Fiera di Milano che ha ospitato i lavori dell’assemblea Bpm, l'affluenza ha toccato tocca livelli da record con 10.198 soci presenti, di cui 5.406 in proprio. I sì alle nozze, mentre poco prima del voto i soci pensionati hanno ribadito il proprio no dopo i toni più pacati di ieri sera e nonostante l’amministratore delegato Giuseppe Castagna abbia chiuso il proprio intervento chiedendo "fare un salto per guardare al futuro e non al passato e a un sistema bancario italiano che ha grandi problemi e al quale Bpm può dare una mano per reagire a critiche sempre più frequenti", hanno toccato quota 7.314 (ne bastavano 6.798. Decisivi dunque 516 voti).
Il processo che ha portato alla nascita di Banco Bpm - questo il nome del nuovo istituto che per ranking nazionale si posiziona immediatamente dietro a Intesa Sanpaolo e UniCredit - è stato costellato dalle rigorose richieste della Bce, alle prese con l'esame della sua prima fusione dopo l'avvio dell'Unione Bancaria.
La vigilanza europea ha imposto infatti prima al Banco un aumento da 1 miliardo, allo scopo di alzare le coperture sul corposo stock di crediti deteriorati, mentre ha ridimensionato le richieste della Bpm su governance e autonomia della sua banca, che dopo un triennio dovrà essere incorporata nella capogruppo. Come in altre fusioni bancarie, si è dovuti ricorrere ad equilibri da manuale Cencelli nella distribuzione degli incarichi, delle sedi e nella turnazione delle assemblee tra Verona, Milano, Lodi e Novara, in modo da rappresentare tutte le anime del variegato mondo delle due banche.
Il Cda di Banco Bpm, che avrà sede legale a Milano e amministrativa a Verona, sarà composto da 19 membri, con Giuseppe Castagna amministratore delegato e Carlo Fratta Pasini presidente mentre il comitato esecutivo sarà presieduto da Francesco Saviotti. Direttore generale sarà Maurizio Faroni.
Sulla base del concambio gli azionisti del Banco rappresenteranno il 54,6% del capitale e quelli della Bpm il 45,4%. L'obiettivo del nuovo gruppo è di conseguire 1,1 miliardi di utili al 2019, portare la redditività del capitale (rote) dal 5,5% al 9% e il Cet1, principale indicatore di solidità patrimoniale, dal 12,3% al 12,9%, spingendo al contempo su una forte riduzione dello stock di crediti deteriorati (Verona lavora alla cessione di sofferenze da 650 milioni entro l’anno), destinati a ridursi da 31,5 a 23,9 miliardi.
Sui numeri del personale, è prevista l'uscita di 1.800 dipendenti, solo su base volontaria, e la chiusura di 335 filiali, che contribuiranno a raggiungere sinergie a regime per 460 milioni di euro. La banca, nella tradizione delle cooperative, potrà destinare fino al 2,5% dell'utile per iniziative sociali a favore dei territori di riferimento.
Soddisfatto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari e in Bpm. "Abbiamo votato a favore della fusione con il Banco popolare perché siamo fortemente convinti della qualità, del senso di appartenenza e nella professionalità dell'attuale gruppo dirigente e di tutti i lavoratori della Bpm e perché pensiamo che questa soluzione valorizzi lo storico istituto milanese mettendolo al riparo da acquisizioni selvagge da parte dei fondi speculativi”, ha affermato il sindacalista.