Economia

Business Coach in azienda, le 5 ragioni per averne uno

Antonio Panìco, founder di Business Coaching Italia: ecco le condizioni che richiedono questa figura professionale in azienda

Business Coach in azienda, parla Antonio Panìco

Tra Great Resignation e nuove esigenze, le abitudini di imprese e lavoratori sono radicalmente mutate dal 2020 a oggi.

Se a ciò si somma la crisi innescata dalla guerra in Ucraina e dal caro prezzi, emerge lo scenario tratteggiato da ISTAT nel suo ultimo report sull’innovazione nelle aziende.

Le realtà produttive italiane investono sempre meno (appena il 50,9% ha introdotto almeno una novità all’interno dei propri processi) e faticano ad affidarsi a professionisti esterni per migliorare le dinamiche aziendali.

Una pratica, quest’ultima, molto diffusa oltreoceano, ma scarsamente adottata nel nostro Paese.

Tra gli imprenditori di successo che si sono affidati, per sé stessi o per il proprio brand, a un business coach, ad esempio, compaiono l’ex CEO di Google Eric Schmidt, la giornalista Oprah Winfrey e Steve Bennet, guru della Silicon Valley.

Una ricerca della compagnia americana “Exactly Where You Want To Be”, infatti, dimostra come il 90% dei leader che ne hanno assunto uno registrino mediamente incrementi importanti.

I business coaches sono professionisti con expertise, competenze ed esperienza per supportare la crescita sul mercato di un’attività.

Ma quali sono le ragioni per avere un business coach in azienda?

Secondo Antonio Panìco, founder di Business Coaching Italia e vincitore del premio internazionale Business coach dell’anno 2021, ai 'Ceo today management consulting awards', sono almeno 5.

“È fisiologico che le aziende possono affrontare periodi di difficoltà legate a diverse ragioni – spiega l’esperto - e rivolgersi a un business coach può rivelarsi essenziale per superare gli ostacoli. Secondo la mia esperienza, le 5 ragioni più frequenti che richiedono il supporto di questa figura professionale sono rappresentate da condizioni ben precise”.

“La prima, ad esempio, è che l’imprenditore vuole sbloccarsi perché non risulta essere più produttivo. In genere questo succede perché non ha un gruppo di collaboratori autonomi e, senza il suo continuo supporto e presenza, le attività non vengono portate a termine nei tempi adeguati. È quindi è sempre impegnato a risolvere problemi operativi e di fatto non ha tempo per la gestione strategica della propria azienda”.

“La seconda ragione riguarda le aziende che stanno già performando bene ma desiderano aumentare il fatturato e profitto, ma non hanno una strategia precisa per riuscirci”.

“La terza ragione per avere un business coach in azienda è la volontà di migliorarne l’organizzazione interna, magari alla luce di criticità che impediscono lo svolgimento delle attività in maniera fluida, efficace ed efficiente, come ad esempio organigrammi, flussi di lavoro, procedure, mansionari, definizione dei KPI e loro monitoraggio”.

“La quarta ragione riguarda la crisi aziendale, quando tutte le statistiche sono crollate. Si tratta di una vera e propria emergenza in cui vanno messe in atto delle procedure, anche radicali, per riprendere quota”.

“La quinta e ultima ragione, ma non importanza, è l’avviamento di una startup; questo rende necessario un supporto esterno in grado di organizzare, strutturare e guidare ogni parte del processo affinché si possa subito partire con il piede giusto”, conclude il business coach Antonio Panìco.

Gli imprenditori ambiscono in generale ad aumentare i margini di guadagno, vogliono vedere l’azienda crescere, ma anche disporre di più tempo libero da dedicare sia agli affetti, come alle strategie future per l’espansione dell’azienda; spesso però i loro tentativi restano vani.

Secondo l’esperienza maturata dall’esperto Panìco affiancando, insieme al suo team, centinaia di aziende nella loro riorganizzazione sono 3 i pilastri da cui partire per raggiungere questi obiettivi.

Pianificazione: “analizzare lucidamente gli scenari possibili per capire gli obiettivi che l’azienda sarà in grado di raggiungere nel proprio mercato. Gli imprenditori tendono a farsi scoraggiare e intimorire dagli aspetti di macroeconomia che li circondano, ma la maggior parte delle Pmi non sono o possono non essere influenzate da questi scenari. Ad esempio, i grandi player, nei momenti di crisi tendono a ridurre le attività di promozione e comunicazione e questo potrebbe essere il momento giusto, per le realtà piccole, di conquistare nuove quote di mercato”.

Conoscere i numeri della propria azienda: “ho notato in questi anni che sono molti gli imprenditori che non conoscono nel dettaglio i propri numeri, né il proprio punto di pareggio del bilancio aziendale. Ma è proprio all’interno dei numeri che si nascondono le risposte ai desideri dell’imprenditore: maggior tempo libero, la possibilità di inserire nuovo personale o di acquistare macchinari. Conoscere i dati, saperli leggere e avere le capacità di modificare lo status quo in risposta a bassi margini è indispensabile”.

Organizzazione: “organigramma, flussi, regole, procedure, tutto deve essere estremamente chiaro. Ogni dipendente deve sapere cosa fare, quali obiettivi raggiungere e la corretta sequenza delle azioni necessarie a perseguirli. È fondamentale che siano ben note, al lavoratore come all’imprenditore, le metriche con le quali saranno misurati i risultati raggiunti, in modo da comprendere in tempo se sia necessario correggere eventuali errori o si stia procedendo nella giusta direzione”.