Economia

Cina, fondi d'investimento ed Etf. Come far soldi sulla "Via della Seta"

Luca Spoldi

Dalle azioni di classe A ad Etf e fondi specializzati azionari e obbligazionari, come scommettere sulla Cina

Cina sempre più protagonista della scena economica mondiale, con Xi Jinping che a Roma sigla il memorandum d’intesa per avviare la nuova “Via della seta” mentre in parallelo una trentina di accordi regolerà partnership e progetti destinati a coinvolgere sino a 300 aziende e marchi italiani. Ma per un piccolo investitore che volesse scommettere sulla crescita della ormai seconda economia mondiale dietro solo agli Stati Uniti, quali strumenti possono essere utilizzati?

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L’accesso ai mercati finanziari cinesi non è così semplice come nel caso di un mercato occidentale: fino a qualche anno fa, anzi, gli investitori esteri, anche istituzionali, non potevano acquistare i titoli di classe A, ma solo i titoli di classe H o “red chips” quotate sul listino di Hong Kong. Caduta questa barriera, banche e fondi d’investimento possono ora comprare anche i titoli quotati sui mercati di Shanghai e Shenzen attraverso account di intermediazione mobiliare azionaria. L’acquisto diretto da parte di investitori privati è invece ancora vietato.

Due le strade maestre dunque per investire sulla “tigre” asiatica, il cui peso sta aumentando anche nei grandi indici mondiali, favorendo l’ulteriore investimento da parte delle maggiori case d’investimento occidentali: tramite strumenti indicizzai (Etf) o tramite fondi d’investimento specializzati sia sull’azionario sia sull’obbligazionario.

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Da notare che con l’annunciato stop ai rialzi della Federal Reserve molte case d’investimento prevedono infatti che proprio il debito emergente potrà godere dei maggiori benefici in termini di performance borsistiche, almeno a breve termine. Ancora prima di decidere l’asset class e lo strumento è tuttavia opportuno pensare a quale peso dare alla componente cinese del proprio portafoglio.

Considerato che il mercato azionario cinese rappresenta circa il 10% del Pil di Pechino contro il 36% circa dell’azionario americano e che la volatilità sui mercati emergenti (Cina compresa) è decisamente superiore a quella dei mercati sviluppati, mentre la trasparenza e la tutela degli investitori sono ancora decisamente inferiori, il suggerimento è di non esagerare e quindi limitarsi a un 15% circa del portafoglio, salvo aumentare il peso in parallelo all’aumentata presenza di titoli cinesi nei benchmark azionari mondiali. 

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Morgan Stanley, che lo scorso anno aveva incluso le prime 233 “blue chip” cinesi, ha ad esempio già fatto sapere che nel corso dell’anno porterà dal 5% al 15% il peso delle azioni cinesi nell’indice Msci Emerging Markerts, mentre Ftse Russell dal prossimo mese di giugno inserirà i titoli cinesi di classe A nel suo indice dedicato ai mercati emergenti con un peso del 5,5% (peso che in futuro potrà arrivare, in caso di inclusione completa, al 20%).

Tra gli Etf si possono selezionare prodotti come quelli di XTrackers che replicano l’indice Csi 300, oppure optare per l’iShares China Large Caps che replica il Ftse China 50, ma sono disponibili anche prodotti di Hsbc che replicano l’Msci China A Inclusion Index o l’Msci China Index. Se si preferisce puntare sull’obbligazionario anziché sull’azionario XTrackers propone un Etf dedicato ai titoli di stato di Pechino che replica l’indice Csi Gilt-edged Medium Term Note Index, mentre iShares propone una replica del Jp Morgan Emerging Cembi Broad Diversified Core Index dedicato ai bond corporate emessi da aziende cinesi.

(Segue...)