Economia

Comau, prosegue la fuga degli Agnelli dall'Italia. Ora basta

di Marco Scotti

Un gioiellino con una storia lunga mezzo secolo che Stellantis vuole vendere agli americani

Comau, prosegue la fuga degli Agnelli dall'Italia. Ora basta

C'è un'azienda italiana che è un vanto per l'intero tessuto economico e industriale nostrano (e non solo). Fa robot per la manifattura, ma anche esoscheletri per aiutare gli operai a lavorare meglio e, perché no, anche per offrire un supporto a quelle persone a ridotta o nulla motilità che così potrebbero vedere un futuro diverso. Un gioiellino con una storia lunga mezzo secolo che ora Stellantis vuole vendere agli americani. È da anni che Elkann & co provano a sbarazzarsi di quello che non può che essere definito - seppur con un termine inflazionato - un gioiellino. E ora sembra che ci possano riuscire di fronte a un assegno da molti zeri. Non è ancora noto il quantum complessivo, ma certo un'azienda che fattura 1,1 miliardi e ha 3.800 dipendenti non può essere valutata pochi spiccioli.

LEGGI ANCHE: Maserati in crisi, ma non è in vendita: i grandi soci rafforzano il controllo in Stellantis

Il problema ora è che cosa vorrà fare il governo. Formalmente, come anticipato giorni fa da La Verità, la comunicazione al comitato Golden Power non sarebbe arrivata nei tempi corretti e quindi ci sarebbe la possibilità di comminare una sanzione fino al 3% del fatturato della società (cioè Stellantis). Saremmo nell'ordine dei 5 miliardi, il che significherebbe una autentica dichiarazione di guerra alla famiglia Elkann. Alternativa, imporre il golden power, come lo stesso ministro Urso ha dichiarato, in modo da mantenere il controllo su una società che resta strategica nel panorama manifatturiero italiano.

In tutto ciò, i sindacati temono che la cessione rappresenti un ridimensionamento o che possa comunque portare a un taglio dei lavoratori. Siamo sempre lì: è vero che la vendita di Comau rientra negli accordi del 2021 tra Fca e Psa al momento della fusione. Ma è indubbio che gli Agnelli, vuoi con Exor, vuoi per conto di Stellantis, stiano procedendo a una de-italianizzazione che deve far preoccupare. La holding della famiglia dal 2022 ha abbandonato la Borsa di Milano per approdare ad Amsterdam. E poi la cessione di Magneti Marelli, quella dell'immobiliare Partner Re. La cassa integrazione in diversi stabilimenti. La scelta di adottare lo standard francese e non quello italiano per determinati segmenti di veicoli. La decisione di non produrre alcune automobili in Italia per ragioni di costo ma di guardare ad altri Paesi.

LEGGI ANCHE: Stellantis, ipotesi tagli al personal per ridurre i costi. Lanciata la terza tranche da 1mld del buyback

Certo è che dagli Agnelli-Elkann servirebbe un pizzico di gratitudine in più. Perché gli incentivi alla rottamazione inventati dal governo Prodi per evitare il fallimento di Fiat sono la punta di un iceberg che si compone di una attenzione sempre elevatissima a quella che un tempo fu la Fabbrica Italiana Automobili Torino. Pare che l'ultimo legame, almeno per ora, sia quello della Juve. Ma bisognerebbe ricordare - come ha detto Carlo Calenda ad Affari - che John Elkann si è preso 6,3 mld di garanzia pubblica durante il Covid mentre orchestrava la cessione di Marelli e la francesizzazione di Stellantis. Serve intervenire, nettamente, per evitare che la vicenda si protragga oltre: se Exor e Stellantis vogliono ancora avere un trattamento privilegiato in Italia devono essere pronti a dare qualcosa in cambio. Altrimenti meglio separarsi da buoni amici.