Economia
Coronavirus, Cattolica: "Lo smart working non si improvvisa in emergenza"
L'intervista a Samuele Marconcini, Vice Direttore Generale e COO di Cattolica Assicurazioni: "Organizzati senza conseguenze sulla continuità di business"
L'esperienza di Cattolica Assicurazioni a fronte dell'emergenza Coronavirus: il 95% degli oltre 1.700 dipendenti lavora da casa.
Le Compagnie assicurative italiane stanno affrontanto l'emergenza Coronavirus correndo su un doppio binario. Da un lato, si impegnano a garantire la continuità del servizio e la tutela della salute dei propri dipendenti (con l'istituzione di metodi alternativi come il lavoro agile); dall'altro, si apprestano ad avviare soluzioni dedicate alla clientela, quali l'estensione di polizze assicurative per la copertura dei rischi rappresentati dalla pandemia e l'avvio di formule volte a tutelare le categorie più colpite.
Un esempio virtuoso è rappresentato da Cattolica Assicurazioni: la Compagnia veronese ha istituito sin da subito la pratica dello smart working per scongiurare il rischio di contagio interno e ha lanciato una polizza dedicata alle attività commerciali costrette alla chiusura obbligatoria.
Affaritaliani.it ne ha discusso con Samuele Marconcini, Vice Direttore Generale e Chief Operations Officer di Cattolica Assicurazioni.
Come si è organizzata la Compagnia per garantire operatività e continuità del servizio offerto?
Tra le misure messe in campo nelle prime ore della crisi dovuta alla diffusione del Coronavirus, il ricorso allo smart working per le aziende è stata sicuramente una delle più suggerite. Per Cattolica Assicurazioni tale formula non ha rappresentato un “salto nel buio” ma una prassi consolidata, che abbiamo immediatamente esteso a tutte le persone del Gruppo. E vorrei mettere in risalto il fatto che tale emergenza è scattata nella serata di venerdì 21 febbraio. Nell’arco del fine settimana ci siamo organizzati per poter mettere a punto un piano di lavoro che non prevedesse la presenza in ufficio: il lunedì successivo le sedi del Gruppo erano vuote, a eccezione del presidio minimo necessario a garantire il funzionamento dei servizi essenziali. Tutti noi, con senso di responsabilità, ci siamo attenuti alle disposizioni del nostro Servizio Prevenzione e Protezione che, sin dai primi istanti, si è attivato dando precise comunicazioni tramite le e-mail e la intranet. Non posso nascondere che per le direzioni HR e IT sono stati – e continuano
a essere – giorni davvero intensi".
L’esperienza radicata in tema di tele-lavoro si è rivelata sicuramente utile. Come si è arrivati a un sistema così collaudato?
Lo smart working non è un qualcosa che si può improvvisare. Da noi è stato introdotto in azienda a partire dal novembre del 2017 in un’ottica di work-life balance; ci siamo dotati degli strumenti e delle piattaforme tecnologiche necessarie per lavorare in sicurezza da remoto. Dopo pochi mesi di sperimentazione abbiamo visto che le nostre persone erano pronte culturalmente a questo cambiamento e abbiamo deciso di portarlo a due giorni alla settimana, estendendolo via via alle diverse aree aziendali. Si è trattato di una vera e propria trasformazione culturale che, oltre alla necessaria adozione e messa a punto di nuove tecnologie, ha richiesto a tutti quanti di mettersi in gioco, imparando a lavorare in team a distanza, a fidarsi dell’altro e a organizzare i propri tempi. Quando è scattata l’emergenza Coronavirus, abbiamo immediatamente pensato di ricorrere a questa formula per ridurre al minimo la presenza fisica nelle nostre sedi e abbiamo invitato tutte le nostre 1.700 persone a ricorrere allo smart working.
Quali misure cautelari sono state adottate per scongiurare il rischio di diffusione interna del virus?
Come detto, il ricorso allo smart working è stato deciso nell’immediato, ancor prima che venisse normato nei vari Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ma già prima che scattasse l’emergenza, il Servizio Prevenzione e Protezione aveva diramato circolari con le cosiddette “buone regole” per evitare il contagio tra i dipendenti. Nei primi giorni, quando l’emergenza era ancora limitata alla zona del Lodigiano e al comune di Vo’ Euganeo nel Padovano, il Servizio aveva già disposto l’accesso limitato alle sedi di Verona, Milano e Roma, solo ed esclusivamente previa autorizzazione. Sono stati annullati trasferte e viaggi di lavoro, vietate le partecipazioni a convegni e riunioni, limitato fortemente il ricorso agli spostamenti tra una sede e l’altra. Le riunioni si svolgono in call conference o via Skype.
State rilevando una maggior produttività dei dipendenti che hanno adottato lo smart working?
Già nella prima settimana, il 95% delle nostre 1.778 persone ha lavorato da casa. Prima di questa pandemia, erano 1.294 i dipendenti che ricorrevano a tale formula di lavoro. La produttività, in Cattolica, non è collegata direttamente al numero di ore trascorse in ufficio ma è definita attraverso il raggiungimento di obiettivi. Le nostre persone sono libere di decidere in autonomia come distribuire la propria attività professionale nell’arco della giornata attraverso l’esperienza di smart working. Rendendo autonomi i dipendenti abbiamo ottenuto un buon clima aziendale e una forte motivazione del personale: ognuno ha la piena responsabilità della gestione del proprio ruolo e dei propri incarichi, attraverso iniziative che permettono di svolgere l’attività lavorativa senza vincoli di orario o spazio, ma con la consapevolezza di essere parte determinante nel raggiungimento degli obiettivi di Gruppo. Lo smart working si basa su un patto fiduciario tra azienda e collaboratore ed è una modalità di lavoro che, pur annullando le occasioni di incontro fisico, accresce il team working e la fiducia tra le persone. E queste sono risorse davvero molto importanti, come stiamo vedendo in questi giorni.
Avete istituito una persona di riferimento che coordini le questioni relative alla sicurezza?
L’azienda, in linea con le normative vigenti, dispone di un Servizio Prevenzione e Protezione adibito a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori che ha provveduto a gestire questa situazione di inedita emergenza. Questa situazione ha un carattere eccezionale ma, anche in questa circostanza, siamo intervenuti tempestivamente per tutelare le nostre persone e garantire la continuità operativa dell’azienda. Cattolica non si è fermata e non si fermerà.
Avete ampliato la vostra offerta assicurativa per coprire i rischi rappresentati dal virus?
Il primo passo è stato quello di estendere fino a 30 giorni il periodo di mora sulle polizze dei clienti delle cosiddette “zone rosse”. Mentre lavoravamo a queste misure abbiamo iniziato a studiare una polizza dedicata alle attività commerciali costrette alla chiusura obbligatoria e, nel giro di alcuni giorni, abbiamo lanciato sul mercato la polizza, Active Business NONStop. Lavorare in team è un’abitudine in Cattolica e porta grandi benefici, credo che questo esempio lo dimostri molto bene. Negli ultimi giorni, a seguito dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dello scorso 9 marzo che ha esteso a tutto il territorio nazionale la cosiddetta “zona rossa”, si è deciso di sospendere la vendita di Active Business NONStop fino al 3 aprile, una decisione difficile dovuta alla straordinarietà di una crisi senza precedenti. Ma come le dicevo, Cattolica non si è fermata e non si fermerà. Anche grazie allo smart working.
G.R.