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Economia
Cottarelli: "Il governo smetta con i favori a balneari e tassisti"

Cottarelli: "Ecco che cosa dovrebbe fare il governo con i migranti"

“Il Pnrr è oggi a tutti gli effetti quello del governo, non ci sono più scuse. E alcuni cambiamenti che sono stati fatti non mi piacciono per niente”. Carlo Cottarelli, già senatore del Partito Democratico uscito da Palazzo Madama dopo il mancato accordo tra Dem e Terzo Polo per la sua candidatura alla Regione Lombardia, dialoga con Affaritaliani.it per dare un voto al governo. Oggi, 25 settembre, infatti, è il primo anniversario dell’affermazione di Fratelli d’Italia e del centro-destra nelle elezioni politiche. Cottarelli ha appena finito di scrivere un libro (“Chimere – Sogni e fallimenti dell’economia” per Feltrinelli, 192 pp, 16,15 euro) in cui raccontano sette possibili riforme economiche che avrebbero dovuto migliorare il mondo e che invece stanno affrontando difficoltà.

Professore, come nasce l’esigenza di questo libro?
L’elemento comune di queste sette riforme è che venivano considerate prioritarie, capaci di cambiare le condizioni di vita delle persone. E invece sono rimaste insabbiate. Forse anche perché, tutte e sette, vengono conosciute solo in maniera molto superficiale, senza approfondire più di tanto di che cosa si tratta. Il caso più emblematico è quello delle criptovalute, di cui tutti hanno sentito parlare ma che nessuno ha mai analizzato a fondo.

A proposito di riforme: come giudica l’operato del governo?
L’unica grande riforma messa in cantiere è quella del fisco, nonostante una legge delega messa in campo con paletti molto ampi. Per il resto ci sono stati passi avanti nel Pnrr, ma di riforme solo questa. Non ho ancora notato errori clamorosi in materia di finanza pubblica, ma la Legge di bilancio, la prima vera di questo governo, sarà un bel banco di prova.   

L’intervista si è svolta a margine dell’incontro pubblico organizzato a Milano da Bussola Italia su economia, istruzione e sviluppo economico. All’incontro hanno partecipato Carlo Cottarelli e Alessandro Mele, vicepresidente rete ITS Italy, associazione che rappresenta gli Istituti Tecnici Superiori. Nata nel 2020 in pieno lockdown, Bussola Italia chiede alle massime cariche istituzionali di definire una visione del futuro del nostro Paese, da perseguire con un piano che indichi obiettivi e tempistiche concrete e misurabili, utilizzando in modo produttivo le risorse disponibili, a partire da quelle del Recovery Fund. Bussola Italia è nata da un comitato promotore composto da APE Associazione per il Progresso Economico, Associazione CIVICUM, Associazione Forum della Meritocrazia. 

Sul Pnrr ritiene che ci sia stato un approccio pragmatico anche in materia di modifiche?
Ricordiamoci che i cambiamenti approvati riguardano l’8% della spesa, cioè l’impianto rimane sostanzialmente quello che era. Sono state effettuate modifiche sugli obiettivi del Piano che non mi convincono. Ad esempio quando si parla di evasione fiscale e dell’obiettivo di ridurla solo del 10%: un vero peccato. Il Pnrr rimane simile a quello originario, ma ora ha l’impronta del governo. E non ci sono più scuse. 

Con l’Europa c’è stata qualche frizione di troppo?
In realtà si tratta di normali schermaglie. La Meloni ha capito che deve fare due cose: tenere buoni i rapporti con gli Usa e con la Commissione Ue. Nel primo caso, le richieste che arrivano da Washington sono di continuare con l’impegno in Ucraina e tagliare i ponti con la Cina. Nel secondo caso, invece, la Meloni è stata bravissima a tenere i rapporti con Ursula Von Der Leyen. Poi certo, ogni tanto qualche membro del governo, in particolare Matteo Salvini, esce con attacchi pesanti e gratuiti alle istituzioni europee. Ma in questo momento dipendiamo troppo dai soldi dell’Ue. Più si va avanti, però, e più emergono elementi di contrasto perché un conto sono le istituzioni, un altro il rapporto con i singoli Paesi.

Pensa alla questione relativa ai migranti?
Certamente, perché ogni Paese vuole fare i suoi interessi. Quest’anno arriveremo al record storico di sbarchi che era stato segnato nel 2016. E questo perché il governo sta scoprendo che un conto è essere all’opposizione, un conto invece è dover gestire la vicenda in prima persona. Mi pare anche che gli elementi strategici non siano efficaci. Il piano per l’Africa va bene sotto altri punti di vista, cioè quello di evitare che quel continente diventi appannaggio esclusivo di Cina e Stati Uniti. 

Qual è allora il problema?
Che per frenare l’afflusso bisogna completamente cambiare strategia. Negli ultimi 25 anni le condizioni economiche in Africa sono migliorate molto, ma rimangono ancora enormemente inferiori a quelle europee. Per questo insistere con il Piano Mattei non sembra una grande soluzione. Serve procedere sulla traccia di Minniti, che aveva trovato degli accordi più efficaci in Africa. 

Qual è la sua ricetta?
Inutile continuare a sbandierare in Europa quanti afflussi si possono accogliere. Serve fare campagne mirate nei Paesi da cui queste persone emigrano, pagando anche 4.000 euro agli scafisti, per spiegare loro che se arrivano in maniera regolare possono rientrare tra le persone che saranno accolte.

E gli irregolari?
Non devono stare in Italia. O si rimandano a casa, o si immettono in un Paese terzo come fanno gli australiani. Non si tratta di ghetti o di campi di concentramento come qualcuno ha detto. Il punto fondamentale è che tutti sappiano che se pagano 4.000 euro agli scafisti potranno essere accolti solo a determinate condizioni, altrimenti è bene che si tengano i soldi. 

Una formula lontana da quella del Pd: non ha mai pensato di tornare in politica?
Il prossimo appuntamento è quello delle Europee, non escludo di poter rientrare.

E con chi? 
Io non sono mai stato iscritto al Partito Democratico, ho una storia liberaldemocratica, non socialdemocratica. Se dovessi riaffacciarmi in politica, dunque, lo farei sicuramente con chi ha questa visione, cioè il Terzo Polo. 

Tornando al governo e alla ricetta economica, come reputa la gestione delle grandi partite da Ita a Tim fino al rapporto con le banche?
Non voglio entrare nel dettaglio dell’intervento sulle singole aziende. Quello che noto è che c’è un rapporto eterodosso per cui esistono i “buoni” e i “cattivi” in maniera del tutto aprioristica. I balneari o i tassisti appartengono alla prima categoria; benzinai, banche e compagnie aeree alla seconda. Solo che sono stati fatti passi indietro: con gli istituti di credito, il provvedimento tanto sbandierato verrà rimodulato divenendo sostanzialmente inutile. Con il mondo del trasporto aereo si è scelto di dare peso all’Antitrust, di fatto ammettendo che fino ad ora non aveva fatto quasi nulla. E gli effetti della richiesta di esporre il prezzo medio regionale per i benzinai sono sotto gli occhi di tutti. Si continua a fare marcia indietro, non un gran bel segnale complessivo.

Concludiamo con l’inflazione: che cosa avrebbe fatto per aiutare le famiglie, visto che il provvedimento di tassare gli extraprofitti era stato preso per avere più margini di manovra?
L’unica cosa che si deve fare è evitare che chi è già in affanno vada definitivamente in debito d’ossigeno. E il governo deve andare in questa direzione, facendo qualunque cosa possa essere utile. 

Però i prezzi salgono e gli strumenti sembrano spuntati…
La Bce deve frenare la domanda e, per farlo, non può che aumentare i tassi. Io personalmente non avrei spinto sull’incremento di settembre, avrei aspettato di capire se la cura aveva effetto. D’altronde siamo usciti dal Covid molto più rapidamente di quanto ci si attendeva, adesso è fisiologico un rallentamento e una stagnazione per due o tre trimestri. L’importante è evitare la recessione pesante.

E se riparte l’inflazione?
Non ci sono molti strumenti: o si aumentano le tasse o si fanno crescere, di nuovo, i tassi d’interesse. 

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