Crescita, un sentiero stretto per Tria. Anche il Fmi abbassa le stime
Crescita rivista al ribasso per quest’anno e ancor più l’anno venturo anche da parte del Fmi e dell’Upb. Pesano incertezze interne e internazionali
Ogni governo ha i propri “gufi”, o se volete prima o poi la realtà presenta il conto e neppure il governo Lega-M5S sembra in grado di sfuggire al confronto nonostante le dichiarazioni di ottimismo più volte professate. Il Fondo monetario internazionale ha infatti rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil italiano per quest’anno e il prossimo, prevedendo un impatto negativo sulla domanda interna dell’allargamento dello spread innescato proprio dall’incertezza politica e rimasto su livelli elevati per i timori legati all’impatto sui conti pubblici delle future misure economiche annunciate dal governo come la (contro)riforma della Fornero, l’introduzione del reddito di cittadinanza e l’introduzione di una “flat tax”.
Nel dettaglio, il Fondo ha abbassato la proiezione di crescita del Pil italiano nel 2018 a +1,2% da +1,5% indicato ancora ad aprile e a +1,0% contro 1,1% per quanto riguarda il 2019. Un “complotto” contro l’Italia, potrebbe pensare qualcuno? Non proprio, visto che già la scorsa settimana la Commissione Ue aveva operato un taglio analogo (portando a +1,3% e +1,1% le previsioni di crescita per quest’anno e il prossimo) e che in quell’occasione anche il ministro dell’Economia e finanze, Giovanni Tria, aveva riconosciuto il rischio di un rallentamento della crescita.
A fine giugno a “gufare” era stata Confindustria, il cui Centro Studi aveva ridotto a +1,3% e a +1,1% rispettivamente le attese di crescita del Pil italiano nel biennio 2018-2019, in questo caso sottolineando come a pesare sulla crescita fosse “il clima d’incertezza sia sul fronte internazionale che interno”, dato che l’economia tricolore è esposta sia al rischio-protezionismo derivante dalla politica commerciale dell’amministrazione Trump (che ieri ha dichiarato di ritenere l’Unione europea il principale avversario degli Usa, più che la stessa Russia), sia al rientro dalla politica monetaria ultraespansiva della Bce, che dovrebbero condurre di per sé a un ulteriore rialzo dei tassi nel corso del prossimo anno, con effetti restrittivi “sui bilanci di famiglie e imprese” italiane.
E ancora: a rivedere al ribasso le stime sono stati anche Banca d’Italia (Pil a +1,3% quest’anno, a +1% l’anno venturo), complice consumi che continuano a non voler decollare, e l’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che parla di un +1,3% quest’anno e “di poco superiore al +1%” l’anno prossimo, segnalando come “anche per l’Italia incombono i fattori di rischio globali che generano incertezza e orientano le previsioni al ribasso”. Da parte sua Confindustria ha puntato il dito contro “l’incertezza sulle politiche del nuovo governo e sul loro impatto sui conti pubblici”.
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Un’incertezza che “crea timori presso gli operatori che acquistano titoli del debito pubblico italiano” e che dunque contribuisce a mantenere il sovrarendimento che il Tesoro italiano deve pagare rispetto ai Bund tedeschi a livelli superiori a quelli visti fino ad aprile. Da notare che le previsioni di Confindustria prevedevano l’ipotesi di completa “sterilizzazione” delle clausole di salvaguardia Iva, ipotesi che da sola vale 12,4 miliardi. Anche secondo il Fondo monetario internazionale ha peraltro sottolineato come “il sell- off dei titoli di Stato italiani di fine maggio ha ancora una volta acceso i riflettori sulle profonde sfide strutturali e i margini ridotti a livello nazionale”, come dire che il sentiero per varare le misure promesse è se non nullo davvero molto ridotto.
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