Economia

Trump e il pericolo dazi, il Ceo di Deloitte Italia: "Ecco come salvare le nostre imprese"

Cosa significano per le aziende italiane le tariffe proposte da Trump? L'intervista a Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia

di Rosa Nasti

Rafforzare il Made in Italy: la risposta delle imprese italiane ai dazi

"L’Europa è pronta a tutto questo? Deve prepararsi". Con queste parole, Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia, riassume ad Affaritaliani.it lo scenario che attende il Vecchio Continente davanti alla strategia protezionistica di Trump. Il presidente Usa ha lanciato un avvertimento ben chiaro all’Ue: senza un riequilibrio degli scambi commerciali con gli Stati Uniti, i dazi diventeranno inevitabili. E, Pompei mette in guardia: in un contesto di tensioni globali, le aziende non possono restare a guardare, devono investire nelle persone e colmare il divario delle competenze digitali.

Secondo lei, quale sarà l'impatto dei dazi e delle politiche protezionistiche di Trump sulle relazioni economiche tra Stati Uniti e Europa? 

Lo sappiamo da tempo, il ritorno di Donald Trump potrebbe segnare un ritorno a politiche protezionistiche, ma l’export italiano verso gli Usa, in crescita costante dal 2012, ha già dimostrato la sua capacità di espandersi anche in presenza di dazi, come avvenuto durante il primo mandato del Presidente Trump. Nel 2018 e 2019 le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno registrato aumenti rispettivamente del 4,9% e del 7,4%. Inoltre, l’attuazione dei nuovi tagli fiscali annunciati potrebbe stimolare i consumi americani, aprendo ulteriori opportunità per i prodotti del Made in Italy. 

L’Europa è pronta a tutto questo? In ogni caso deve prepararsi, perché le relazioni commerciali transatlantiche sono un pilastro irrinunciabile dell’economia italiana e Ue.  Il “Competitiveness Compass” e il “Clean Industrial Deal” saranno i primi due banchi di prova sull’effettiva capacità dell’Ue di offrire risposte concrete alla sfida epocale che ci attende.

Trump ha parlato di "America First", come le aziende italiane possono competere a livello globale in un contesto simile? Quali saranno i settori più colpiti?

Per navigare un contesto caratterizzato da un crescente gap competitivo, risulta fondamentale per le imprese italiane ed europee investire strategicamente, puntando con decisione su trasformazione tecnologica e digitalizzazione, transizione energetica, infrastrutture e automatizzazione. Nel fare questo serve un approccio pragmatico, capace di preservare la profittabilità in un contesto politico ed economico incerto e di aumentare la fidelizzazione dei clienti. Cruciale, inoltre, rafforzare il brand Made In Italy, per aumentare il valore percepito dei prodotti e rendere sostenibili eventuali aumenti dei prezzi resi inevitabili dai dazi. 

Non da ultimo, l’Italia e l’Unione Europea tutta devono affrontare la sfida dei talenti e delle competenze, investendo sulle persone e sul reskilling e upskilling della forza lavoro: solo con un investimento molto più significativo in competenze STEM potremo colmare il divario sul fronte tecnologico oggi esistente tra Usa e Ue. Si tratta di un ritardo che, in assenza di decise misure, potrebbe aumentare, producendo effetti sia nella sfera economica, sia in quella geopolitica. Per dare un’idea del ritardo tecnologico europeo: solo 4 delle prime 50 aziende tecnologiche mondiali sono europee e, negli ultimi cinquant’anni, nessuna azienda dell’UE di nuova costituzione ha raggiunto una capitalizzazione di mercato superiore ai 100 miliardi di euro. 

In che modo le aziende italiane possono mitigare i rischi derivanti dalle politiche di Trump, soprattutto in relazione al commercio internazionale?

In questo nuovo contesto le imprese italiane devono adottare un approccio più flessibile e strategico, puntando su riduzione delle vulnerabilità e rafforzamento della resilienza, preparando piani di contingenza aziendale capaci di fronteggiare scenari imprevisti. Per le aziende a vocazione export del Made in Italy, è particolarmente importante diversificare i mercati di esportazione. Bisogna sapere identificare e sviluppare nuovi mercati con pratiche commerciali e tariffe favorevoli, puntando su accordi commerciali stabili e costruendo partnership lungo tutta la supply chain per rendere più efficaci le strategie di gestione del rischio e facilitare l’ingresso in nuovi mercati.

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Quali misure concrete possono adottare per diversificare i mercati e ridurre la dipendenza da fornitori esteri poco affidabili?

Nel concreto le aziende dovranno diversificare mercati e catene di approvvigionamento, anticipare i cambiamenti normativi attraverso una visione di lungo periodo sui trend attesi e rischi connessi, articolare una struttura decisionale agile e reattiva. In prospettiva, inoltre, crescono ruolo e vantaggi strategici dell’integrazione dell’analisi geopolitica nelle operazioni aziendali – una funzione sempre più imprescindibile nel fornire strumenti di intelligence essenziali per anticipare rischi, cogliere opportunità e assumere decisioni strategiche adeguatamente informate.