Economia
Disastro Carige, così Malacalza ha bruciato 300 mln guadagnati con Pirelli
L'Ue ha deciso che la Bce non dovrà risarcire la famiglia un tempo a capo di Carige. Il turbolento viaggio negli affari
Malacalza, da Camfin/Pirelli fino al disastro dei conti con la Banca Carige. Il ritratto
È un “mercoledì nero” per la famiglia Malacalza. Oggi, 5 giugno, l'Ue ha deciso che la Banca Centrale Europea non dovrà risarcire gli ex azionisti di riferimento di Banca Carige per 880 milioni di euro.
Il verdetto riguarda l’azione giudiziaria presentata da Malacalza Investimenti e Vittorio Malacalza incentrata sulle omissioni della vigilanza Bce su Carige a partire dal 2014 e sull’amministrazione straordinaria a inizio 2019 deposta sulla banca (oggi proprietà del gruppo Bper).
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Certo che, Vittorio Malacalza, capofamiglia e tra i protagonisti del panorama economico-finanziario italiano della seconda parte del XX secolo, ha visto giorni migliori.
Nato nel 1937 a Bobbio, paese nel Piacentino con meno di 3.500 abitanti, il protagonista dello scontro giudiziario con la Bce è cresciuto respirando il profumo del business. Suo padre Paolo, infatti, già negli anni ’50, era titolare di un'azienda autostradale con più di 150 operai insieme al fratello Giuseppe.
Qualche anno dopo, profondamente disturbato per l’improvvisa morte del padre e dello zio, a poco più di vent’anni, Vittorio decide di partire e di lasciarsi la sua terra alle spalle. Si trasferisce, così, nella marittima Genova, dove nel 1961 inizia a lavorare come dirigente d'azienda per conto dell'Ansaldo e divenendo fornitore per conto dell'Italsider.
Pochi anni dopo, Vittorio Malacalza, già conoscitore del settore, nonché, forse, desideroso di perseguire le orme del papà Paolo, fonda una società operante nel campo delle infrastrutture stradali e, in tale veste, cresce sino a diventare uno dei maggiori fornitori della società Autostrade per le opere di sviluppo della rete.
A metà degli anni ottanta, Malacalza si tuffa in un altro business e acquisisce una partecipazione significativa in Duferco, azienda tra i leader mondiali nel commercio siderurgico, arrivando a consolidare forti legami con l’ex Ilva (all’epoca del gruppo IRI) accrescendo così le proprie competenze nel campo industriale e siderurgico.
Ed è qui che Vittorio inserisce anche i figli Davide e Mattia nel mondo degli affari. Malacalza decide di buttarsi in un progetto autonomo e sviluppare un piano di investimento nel settore della rilaminazione siderurgica. Uscito nel 1995 dalla compagine sociale di Duferco decide, infatti, di acquistare la Trametal di San Giorgio di Nogaro.
Puntando sempre sulla rilaminazione, Malacalza accresce la propria presenza internazionale acquistando la Spartan UK, unico operatore in Gran Bretagna di tale settore, mettendo in mano ai due figli la gestione e il rilancio delle due società acquisite.
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Nel frattempo, con i business principali in consolidamento, la famiglia inizia il processo di diversificazione investendo nell'alta tecnologia attraverso l'acquisto della ASG da Ansaldo Energia e nelle costruzioni e nell'impiantistica tramite gli ingressi in Tectubi e Omba. Asg, a oggi ASG Superconductors, è ancora in mano a Davide Malacalza, e rappresenta un player tra i protagonisti del settore legato alla progettazione, costruzione e collaudo di sistemi magnetici superconduttori
Tornando a noi, a metà degli anni 2000 Malacalza si rafforza ulteriormente nella filiera dell'alta tecnologia con gli acquisti di partecipazioni in Columbus, Paramed e Aurora.
In quegli anni, la famiglia di imprenditori decide di espandersi al di fuori dell’Europa e puntando sull’Asia, costituendo la joint venture con il colosso cinese Baoshan, quinto produttore di acciaio al mondo. In una decina d’anni, le due creature dei Malacalza, Trametal e Spartan, si trasformano nei maggiori operatori a livello europeo, per poi essere cedute al gruppo ucraino Metinvest all'inizio del 2008 per circa 1,2 miliardi di euro.
Successivamente, dopo aver fatto il pieno di liquidità, inizia l’avventura con Tronchetti Provera. La storia parte nell'estate del 2010 quando i Malacalza acquisiscono il 3,5% di Camfin, entrando poi come socio industriale con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo dell'azienda. Investono 100 milioni, portando la loro quota al 12,5% (che arriverà al 25%, avvicinandosi a Tronchetti Provera) e al 30% di GPI.
Tuttavia, le buone intenzioni si scontrano con un debito di 150 milioni da restituire alle banche. Tronchetti Provera e Malacalza divergono sulla soluzione: il primo propende per un prestito, il secondo per un aumento di capitale. Questa divergenza segna l'inizio di una frattura insanabile, che sfocerà in una battaglia legale.
Nel 2013, i Malacalza rilanciano il loro investimento partecipando al riassetto del gruppo, convertendolo in azioni Pirelli e ottenendo una quota del 6,98%. Seguono due anni di stallo, fino al 2015, quando i cinesi di ChemChina lanciano un'OPA su Pirelli a 15 euro per azione, un'offerta irrinunciabile.
L'operazione "Marco Polo" si conclude con successo, soddisfacendo tutti, non solo i Malacalza, ma anche gli altri azionisti, compresi i Benetton, che realizzano una plusvalenza di 150 milioni su un investimento di 330 milioni.
Ma è Malacalza a portarsi a casa il bottino maggiore. Con 320 milioni di investimento iniziale, in ottica di lungo termine, infatti, la famiglia di imprenditori si è ritrovata una plusvalenza netta di 300 milioni a cui vanno aggiunti i due dividendi, 12 milioni (2014) più 11 milioni (2015) che porta a un totale finale di 323 milioni di euro. Mica briciole.
Ed è qui che inizia il declino, con il primo investimento finito in una sorta di buco nero: la (tremenda) avventura in Banca Carige. La famiglia Malacalza entra nel 2015 nel capitale della storica istituzione finanziaria genovese, acquisendo il 10,5% delle azioni per poco meno di 70 milioni di euro.
Nel corso degli anni successivi, la famiglia incrementa la propria partecipazione attraverso una serie di investimenti, raggiungendo la quota del 27,5% e diventando l'azionista di maggioranza. Questo periodo è caratterizzato da un forte impegno della famiglia nel promuovere cambiamenti all'interno della banca, con l'obiettivo di risollevarne le sorti visto il periodo di crisi dovuto anche dalla “depressione” globale del 2008.
Tuttavia, tra il 2016 e il 2019, Banca Carige attraversa una fase di profonda instabilità, segnata da ripetuti cambiamenti ai vertici e da divergenze sulla strategia da adottare. Nonostante i tentativi di risanamento e le ingenti ricapitalizzazioni, la situazione finanziaria dell'istituto continua a peggiorare.
La crisi culmina nel 2019 con l'intervento della Banca Centrale Europea (BCE), che impone l'amministrazione straordinaria, estromettendo di fatto la famiglia Malacalza dal controllo della banca. Si tratta di un evento senza precedenti nella storia bancaria italiana, in quanto è la prima volta che la BCE commissaria un istituto di credito del paese.
La banca viene salvata grazie all'intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) che, nel 2020, mette in atto un'operazione di salvataggio da 700 milioni di euro, a cui si aggiungono 200 milioni di bond convertibili. A seguito del commissariamento, l'assemblea dei soci nomina un nuovo consiglio di amministrazione, con l'obiettivo di traghettare la banca fuori dalla crisi e di ristabilirne la stabilità.
La storia di Banca Carige si conclude nel giugno 2022, quando viene acquisita da BPER Banca per la cifra simbolica di un euro, segnando la fine di un'era per l'istituto genovese.