Economia

Energia, Italia dipendente dall'estero ma crescono le fonti rinnovabili

Eduardo Cagnazzi

Secondo il Rapporto Med&Italian Emergy di Srm la filiera sviluppa 177 miliardi di euro di fatturato, mentre il Mezzogiorno resta la riserva naturale energetica

L’Italia è ancora dipendente dall’estero per le importazioni di combustibili fossili. E pertanto è vulnerabile quanto a sicurezza energetica. Ha tutto l’interesse, quindi, a sviluppare efficienza, risparmio energetico e fonti rinnovabili. Oggi dipende per il 78,6% dall’estero: il gas vi arriva attraverso gasdotti e la dipendenza dall’import è superiore al 90%, contro una media europea di circa il 70%. Il peso delle rinnovabili è però in aumento. La quota sulla produzione lorda elettrica passa infatti dal 17% del 2007 al 36% del 2018, mentre il consumo è più che raddoppiato. Lo rileva il primo Rapporto annuale di Med & Italian Energy di Srm, il Centro studi legato a Intesa Sanpaolo.  Secondo il Rapporto, il dato dell’incidenza delle rinnovabili sui consumi totali (18,3%) risulta nel 2017 superiore agli obiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2020 pari al 17%, ma è oggi sfidante considerando il nuovo target del 28% al 2030. Lo studio evidenzia inoltre che nella maggior parte delle regioni il mix di produzione elettrica risulta sbilanciato a favore della fonte termoelettrica con percentuali che vanno dal 70 ad oltre l’80% del totale della produzione lorda. Filiera  a uota 177 miliardi di euro di fatturato, alcune regioni si distinguono nella produzione rinnovabile, prevalentemente per l’idroelettrico e non solo (in Trentino Alto Adige solo il 17% della produzione lorda proviene da fonte termoelettrica ed il 78% da hydro; in Umbria solo il 27% da termoelettrico e circa il 50% da hydro; in Basilicata il 18% circa da termoelettrico e oltre il 60% da eolico). Per il maggiore peso dell’idroelettrico e per le bioenergie si distinguono, invece, le regioni del Nord, mentre eolico e fotovoltaico prevalgono maggiormente al Sud.                                                                                                        

Il Mezzogiorno è la riserva energetica del Paese.
La Basilicata da sola pesa per l’84% della produzione a terra di oil&gas, seguita dalla Sicilia (9,6%). Il Sud produce il 50% circa del totale dell’elettricità da fonti rinnovabili (eolica, solare, bioenergie e geotermica). Ma I bilanci elettrici delle regioni italiane non sono in equilibrio e non tutte le regioni riescono a far fronte alle richieste di elettricità con la produzione interna. Quelle del Nord si distinguono per poco meno della metà della produzione netta di energia elettrica, il Centro pesa per il 15% mentre le regioni del Mezzogiorno per circa il 35%. Tra le regioni che contribuiscono di più alla produzione si distinguono Lombardia (16% del totale) e Piemonte (10% circa del totale) nel Centro-Nord, Puglia (11%) e Calabria (6%) al Sud. Nel Nord e nel Mezzogiorno prevalgono comunque i consumi industriali (rispettivamente il 47,2% ed il 35,6% sul totale dell’elettricità consumata), mentre quelli del terziario nel Centro (41,9%). I consumi domestici assorbono una maggiore quota di elettricità sul totale nelle regioni del Mezzogiorno (il 28,4%) rispetto a quanto accade nelle aree del Centro (24,8%) e del Nord (17,8%).

Il consumo regionale.
La Lombardia è la regione con la più alta domanda di energia elettrica (pari al 21,5% del totale richiesto), prima del Sud per fabbisogno è la Sicilia (6,1%) seguita da Puglia (poco meno del 6%) e Campania (5,7%).  Tra le dodici regioni che hanno consumato più di quanto prodotto, tre appartengono al Mezzogiorno (Sicilia, Abruzzo e Campania). La Puglia è l’unica che esporta parte della sua produzione all’estero. Per quanto riguarda la spesa, in Italia quella pubblica per l’energia rappresenta oltre la metà del totale della spesa per infrastrutture. Anche per il Mezzogiorno il peso di questo settore è rilevante. La spesa pubblica per l’energia rappresenta il 57,7% del totale della spesa per infrastrutture con una crescita del 3,7% rispetto al dato del 2007. Se il Mezzogiorno rappresenta inoltre il 28% del totale dell’intera spesa energetica, Sicilia, Puglia e Campania rappresentano con il 18,7% del totale Italia.                                                                         

Le risorse. 
Quelle comunitarie disponibili nella Programmazione 2014-2020 per l’energia sono in calo rispetto al passato, ma ad ottobre 2017, più della metà dei progetti nazionali risulta essere conclusa. Nell’ambito dell’attuale Programmazione 2014-2020, i Por delle regioni del Mezzogiorno prevedono per l’energia quasi 3 miliardi di euro di finanziamenti, pari a circa 142 euro per abitante. Ma rispetto alla passata Agenda si registra un lieve calo: per il periodo 2007-2013 le risorse disponibili erano, infatti, quasi 3,5 miliardi di euro pari a 168 euro pro capite. Il monitoraggio degli interventi in corso per il settore energetico, riferito ad entrambe le Agende di programmazione (2007-2013 e 2014-2020), censisce a livello nazionale, oltre 11mila progetti per un costo complessivo di 4,1 miliardi di euro destinati per oltre il 70% ad opere infrastrutturali. Nel Mezzogiorno, rileva ancora l’indagine, i progetti monitorati ammontano a quasi 6mila per un costo complessivo di 2,9 miliardi di euro e rappresentano il 50% delle iniziative italiane. Se la Calabria è la regione con il maggior numero di progetti, la Campania è quella con la maggior quota di risorse coinvolte.   

Per Massimo Deandreis, direttore generale di Srm (nella foto), l’indagine è il frutto di una collaborazione strutturale con il Politecnico di Torino e con il contributo del Jrc della Commissione Europea. “Si tratta di partners di grande prestigio che ci consentono di offrire uno strumento di analisi utile per gli operatori del settore e per le imprese. L’Italia è un ponte energetico tra Europa e Mediterraneo e il Mezzogiorno gioca un ruolo centrale sia dal lato della produzione di energie rinnovabili e fossili, sia per l’importanza dei suoi porti. Inoltre il settore, con oltre 23.500 imprese attive, produce 177 miliardi di fatturato e genera un valore aggiunto di 30 miliardi di euro. Capirne l’importanza strategica e investire in infrastrutture e tecnologie è la chiave per rendere il Paese più competitivo e attrattivo”.