Economia

Equo compenso, ecco quali sono i pregi e limiti della nuova legge

di Redazione

Equo compenso, l'Avvocato Nicola Ferraro racconta tutti i segreti e i risvoltio della nuova legge ad Affaritaliani.it

Equo compenso, pregi e difetti della nuova legge e non solo. L'intervista all'avvocato Avvocato Nicola Ferraro

E’ entrata in vigore dal 20 maggio 2023 la nuova legge sull’equo compenso, attesa da anni dai professionisti per tutelare il loro diritto a percepire un compenso giusto e conforme ai parametri ministeriali, in particolar modo nel caso di prestazioni offerte a favore di imprese di grandi dimensioni e della Pubblica amministrazione. Soggetti verso i quali il professionista rischia di presentarsi come la “parte debole” del rapporto. Non sono mancate le critiche dettate dal fatto che la nuova normativa non copre gli accordi tra professionisti e imprese di grandi dimensioni e Pubblica amministrazione in essere alla data della sua entrata in vigore.

Del perché dell’importanza della legge sull’equo compenso non solo per i professionisti (primi a beneficiarne) ma anche per coloro che si avvalgono dei loro servizi ne parliamo con l’Avvocato Nicola Ferraro, founder partner di de Tilla Studio Legale (studiodetilla.com) e socio fondatore di ANAI – Associazione Nazionale Avvocati.

Avvocato Ferraro, perché la legge sull’equo compenso è importante e perché è riduttivo pensare che essa rappresenti una forma di protezione corporativa?
Parlo per quel che riguarda la mia professione. L’avvocato ha la funzione di garantire l’effettività della tutela dei diritti e il diritto inviolabile alla difesa. A maggior ragione se questa viene svolta all’interno del processo. Proprio per il servizio che l’avvocato è chiamato a svolgere a favore della collettività, senza distinzioni di ceto e di classe sociale, la professione deve essere condotta in maniera libera e indipendente. Valori che sul campo possono trovano reale concretezza solo dinanzi a un avvocato che, anche economicamente, possa affermarsi libero e indipendente. Ecco, la legge sull’equo compenso assolve proprio a questo fine. Assicurare un compenso parametrato alla natura e alla complessità della prestazione offerta allontana il rischio di asservimento dei soggetti più deboli – e purtroppo nell’avvocatura, come in tutte le professioni, ce ne sono – a quelli c.d. forti.

Quindi, si può dire che la “giusta” retribuzione dell’avvocato è nell’interesse della società civile?
Certamente. Anzi, va detto chiaramente che una retribuzione equa è, anche, nell’interesse delle grandi imprese e della Pubblica amministrazione che, per anni, hanno invece tentato di avvalersi dell’opera dei professionisti a fronte di corrispettivi, a volte, effimeri. E’ limitativo, e si commetterebbe un grave errore, pensare che una retribuzione adeguata sia solo a tutela del decoro e della dignità della professione; essa è invece strumento di garanzia della qualità della prestazione pretesa. Un avvocato soddisfatto economicamente, senza eccesso ma in maniera giusta, è un avvocato che investe nel cliente e il primo a trarne vantaggio è proprio questo ultimo. E questo anche nel caso in cui i clienti siano banche, compagnie di assicurazioni, Pubblica amministrazione e le prestazioni, spesso seriali, siano svolte nell’ambito di accordi economici stabiliti a monte.

Quale è, a suo parere, la questione che suscita maggiore perplessità in merito alla legge da poco entrata in vigore?
La legge sull’equo compenso è sicuramente una svolta attesa da anni. Tuttavia, è un punto di partenza, non di arrivo. Trovando applicazione solo per gli accordi economici nuovi, e non per quelli in essere al momento in cui la legge è entrata in vigore, il rischio è che, di fatto, vengano elusi gli obbiettivi voluti dal legislatore mediante una pratica che porti al rinnovo, automatico e sine die, delle convenzioni in corso e alla mancata stipula di nuove. Vedremo quindi se la montagna avrà partorito il topolino. Oppure se le associazioni forensi e gli organi di rappresentanza della avvocatura sapranno realmente incidere per una estensione della Legge alle convezioni già in essere. Come detto, non soltanto nell’interesse degli iscritti e a tutela della dignità della professione; ma anche e soprattutto a garanzia della collettività e di quella parte di essa che si trova nella condizione di dover chiedere risposte alla giustizia. Risposte che devono essere celeri e adeguate.

Quali sono i pregi della Legge sull’equo compenso e quali i limiti?
Il pregio è quello di superare quelle storture della libera concorrenza che, da quando sono stati aboliti i minimi tariffari obbligatori (2006), ha visto parte dei professionisti (in particolare, quelli che non possono contare su una clientela solida, ma non solamente) accettare l’affidamento di incarichi in massa a prezzi irrisori (di gran lunga al di sotto dei parametri professionali). L’applicazione della legge alle sole convenzioni nuove porta con sé il pericolo è che si evitino di stipulare nuovi accordi e che i nuovi incarichi vengano affidati sulla base delle convenzioni vigenti. Solo l’applicazione della norma ai nuovi incarichi, ancorché conferiti sulla base di convenzioni già in essere nel momento di entrata in vigore della Legge, permetterebbe di salvaguardare il principio voluto dal legislatore. Esclusi dalla normativa dovrebbero essere solamente gli incarichi in corso di svolgimento.

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