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Economia
Equo compenso, ecco quali sono i pregi e limiti della nuova legge

Avvocato Ferraro, entriamo più nello specifico. Cosa si intende per equo compenso?
Il compenso è equo, secondo la Legge, quando è proporzionato alla quantità, alle caratteristiche e alla qualità della prestazione professionale resa. Ciò può avvenire solo se esso è conforme ai valori economici che sono espressi nei parametri professionali stabiliti:
- dal decreto del Ministro della giustizia, art.13, comma 6, della legge 31.12.2012, n. 247, per quanto riguarda gli avvocati;
- dai decreti ministeriali art.9 del d.l. 24.1.2012, n.1 convertito dalla legge 24.3.2012 n.27, per quanto riguarda i professionisti iscritti a ordini e collegi;
-dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, per i professionisti di cui al comma 2 dell’art.1 della legge 14.1.2013, n.4.

La nuova normativa si applica obbligatoriamente alle prestazioni professionali fornite dal professionista, anche in forma associata o societaria, in favore di banche, assicurazioni, imprese che nell’anno antecedente a quello di conferimento dell’incarico professionale hanno occupato oltre 50 lavoratori o generato ricavi superiori a Euro 10 milioni, nonché alla Pubblica Amministrazione e alle società a partecipazione pubblica. Non si applica, invece, alle prestazioni rese in favore di quei soggetti giuridici che hanno parametri economici e occupazionali inferiori a quelli sopra indicati e ai clienti c.d. privati. Rispetto ai quali – si presume – che il professionista, in sede di ingaggio, abbia un potere contrattuale maggiore.

Cosa prevede la Legge nel caso di convenzioni che prevedano la corresponsione di retribuzioni non eque?
Saranno considerate nulle le clausole che stabiliranno compensi inferiori ai minimi stabiliti dai parametri ministeriali previsti per la liquidazione giudiziale dei compensi in favore degli iscritti agli ordini o collegi professionali.
Nello specifico:
- quelle che imporranno al professionista l’anticipazione delle spese;
-quelle che proibiranno al professionista di richiedere acconti;
-le disposizioni che concederanno al cliente la facoltà di modificare in modo unilaterale i termini dell’accordo;
- quelle che permetteranno al cliente di esigere dal professionista prestazioni aggiuntive senza nessun costo ulteriore;
-quelle che conterranno termini di pagamento superiori a sessanta giorni dal ricevimento della fattura;
- nell’eventualità di liquidazione, da parte del giudice, delle spese di lite a beneficio del cliente, quelle che prevederanno, in favore dell’avvocato, il solo riconoscimento del minore importo indicato nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano, in tutto o in parte, pagate dalla controparte o recuperate in via esecutiva; ovvero quelle che riserveranno al legale il solo importo liquidato (se minore) rispetto a quello indicato nella convenzione (se maggiore);
- nel caso di consulenza contrattuale, quelle che prevederanno che il corrispettivo spetti solamente se il contratto verrà stipulato.

La nullità è in favore del solo professionista. Non potrà essere fatta valere dall’altra parte. Potrà, invece, essere rilevata dal giudice.

Quale sono gli strumenti di tutela del professionista?
La tutela giudiziaria. L’azione è promuovibile davanti al Tribunale del luogo di residenza o domicilio del professionista.
Il giudice, riscontrata la natura iniqua del compenso, lo rideterminerà secondo i parametri stabiliti dai decreti ministeriali.
A tal fine, il Tribunale potrà richiedere al professionista di acquisire dall’ordine o dal collegio presso cui è iscritto, un parere sulla congruità del compenso. Costituiscono elementi di prova:
- la peculiarità, l’urgenza e il pregio dell’attività;
-l’importanza, la difficoltà, la natura e il valore dell’affare;
-le condizioni soggettive del cliente;
-i risultati raggiunti;
-il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate.

Ove indispensabile, il giudice potrà avvalersi anche di una consulenza tecnica.

E nel caso in cui sia stata accertata la natura iniqua del compenso?
In caso di rideterminazione del compenso il cliente potrà essere condannato al pagamento di:
- una somma pari alla differenza tra l’importo dovuto (c.d. equo) e quello versato; oltre a un indennizzo pari fino al doppio della differenza accertata, salvo il risarcimento del maggior danno (che dovrà essere provato).

A partire da quando il professionista potrà introdurre l’azione giudiziaria?
Dal momento di cessazione, per qualsiasi causa, del rapporto professionale. In caso di pluralità di prestazioni rese con un unico incarico, il termine decorre dal giorno del completamento dell’ultima prestazione.

Cosa è tenuto a provare il professionista per fare accertare l’iniquità del compenso?
L’onere probatorio a carico del professionista è stato semplificato: gli accordi preparatori o definitivi, vincolanti per il professionista, si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese. Salvo l’ammissibilità di prova contraria.
Invece, all’atto del conferimento dell’incarico potranno essere adottati modelli di convenzioni preventivamente definiti dal Consiglio nazionale degli ordini o dai collegi professionali (c.d. convenzioni standard). In tal caso, i compensi pattuiti si presumono equi, fino a prova contraria.

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