Etruria, tutti i trucchi dei manager. Dal bosco ai terreni: l'elenco dei beni
Dal bosco di Claudia Bugno ai terreni di papà Boschi: i beni dell'ex cda di Etruria a rischio sequestro
TUTTI I BENI DELL'EX CDA DI ETRURIA
Immobili, terreni, boschi, pascoli, vigneti, frutteti, rimesse ed esercizi commerciali. L'elenco dei beni di alcuni ex dirigenti di Banca Etruria che rischiano il sequestro cautelativo per garantire gli indennizzi ai risparmiatori e ai creditori travolti dal crac dell'istituto creditizio è più che cospicuo.
La quota che i banchieri devono restituire è stata quantificata dal liquidatore in 410 milioni di euro, oltre ai 110 milioni circa chiesti alla società di revisione per un totale monstre di 520 milioni. Il Corriere della Sera passa in rassegna tutti i beni dei manager a rischio sequestro nonché i trucchi messi in atto dai fondi alle compravendite fittizie.
Quasi tutti i componenti dell'ultimo cda hanno un patrimonio consistente. Qualche esempio? L'ex presidente Lorenzo Rosi possiede due appartamenti a Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo, 23 terreni, un negozio e un'altra casa a San Giovanni Valdarno. Come riporta sempre il Corriere, l'ex vicepresidente possiede invece numerosi ettari di bosco e coltiva ulivi.
IL MUTUO DI BABBO BOSCHI
Il papà della Boschi, ex consigliere di Etruria, possiede invece un appartamento, un monolocale, la villa di famiglia, due negozi e sei terreni, tutti a Laterina. Tra le tante operazioni di fondi e altro viene citato il mutuo aperto da Pier Luigi Boschi nell'aprile 2016 con Monte dei Paschi, presentando come ipoteca un immobile valutatao 260 mila euro: un affare concluso quando era già stato multato da Consob per il suo ruolo in Etruria.
I BENI DI CLAUDIA BUGNO
Parecchio consistente il patrimonio di Claudia Bugno, con due immobili, una rimessa, un magazzino, un terreno, un bosco, due seminati, un pascolo, un uliveto e un vigneto.
LE COMPRAVENDITE FITTIZIE
Il Corriere, invece, rende conto di una particolare vicenda, quella di Luciano Nataloni, il quale "sedeva in consiglio dell’Etruria e allo stesso tempo godeva di generose linee di credito della banca. Nataloni è al centro di una curiosa vicenda che si snoda fra il 1981 e il marzo 2015. È infatti allora, quattro mesi dopo il fallimento di Banca Etruria, che il commercialista è oggetto di una domanda giudiziale di adempimento dopo 34 anni. In altri termini, qualcuno avrebbe chiesto al giudice di obbligarlo a vendere un immobile per il quale Nataloni stesso avrebbe intascato la caparra nel 1981: contro di lui scatta un atto legale tardivo, ma il cui effetto è di togliere l’immobile alla disponibilità di Nataloni e dunque, potenzialmente, schermarlo in vista di eventuali azioni di responsabilità per il crac di Etruria".