Economia
Fca, Toyota, Nissan, Vw, Audi e Mercedes. Trump manda ko l'automotive in Borsa
I dazi colpiscono le fabbriche in Messico dei colossi dell'auto, fabbriche che servono il secondo mercato mondiale delle quattroruote
Le italiane Fca, Brembo che produce freni e Pirelli che sforna pneumatici per le automobili. Ma anche le giapponesi Toyota, Nissan, Mazda, Honda. E le tedesche Volkswagen, Daimler-Mercedes e Audi. E, pure, le connazionali General Motors e Ford. La decisione di Donald Trump di bullizzare il Messico sui flussi migratori introducendo i dazi sull’export proveniente dalla contigua frontiera a sud del Texas mette sotto pressione in Borsa l’intera industria dell’automotive. Industria che lì in Messico, a partire dagli anni ’90, subito dopo il decollo del Nafta, ha iniziato a piazzare i propri stabilimenti produttivi per servire da vicino il secondo mercato automobilistico mondiale dopo la Cina.
Costo del lavoro che è circa un quinto di quello statunitense, manodopera preparata e trattamento fiscale favorevole dei diversi stati federali del Messico, che fanno a gara per attirare gli interessanti investimenti delle corporation dell’automotive, hanno fatto scattare la “colonizzazione” da parte delle case automobilistiche (e dei fornitori di una filiera che oggi sforna oltre 3,4 milioni di autovetture l’anno, di cui 2,76 milioni destinati all’export) - con le americane General Motors, Ford e Chrysler davanti a tutte - e fatto del Messico un grande cluster delle quattroruote, settore che, assieme all’elettronica, è diventato un’architrave dell’economia di Città del Messico.
Dal prossimo 10 giugno, scatteranno i dazi a stelle e strisce al 5%, barriere tariffarie che, ha promesso Trump, saliranno gradualmente finchè non sarà fermata l'immigrazione clandestina. L’amministrazione Usa, che dopo le barriere tariffarie sull'acciaio aveva già colpito il Messico (e l'industria nazionale dell'automotive) a giugno dello scorso anno, ha indicato che se la situazione verrà “alleviata attraverso azioni messicane efficaci”, e giudicate tali a “discrezione” degli Stati Uniti, i dazi saranno rimossi. Altrimenti, il prossimo primo luglio saranno alzati al 10%, l'1 agosto si passerà al 15%, l'1 settembre al 20% e l'1 ottobre al 25%.
Così Fca, che ha due stabilimenti di produzione in Messico dove si producono Jeep Compass e Ram Heavy Duty venduti negli Usa, oltre ad altri cinque impianti di componentistica al suono della campanella, crolla del 4%. Brembo, che a gennaio 2017 ha aperto l’ultimo suo stabilimento nell’area metropolitana di Monterrey, a 240 km dalla frontiera texana, lascia sul terreno quasi il 2%. Pirelli cede oltre il 2%. Alla Borsa di Tokyo, i titoli dei produttori giapponesi che stanno già affrontando un rallentamento delle vendite negli Stati Uniti, sono andati subito in rosso. A fine sedute, Mazda ha sofferto di più: le azioni sono scese del 7,13% a 1,061,5 yen alla chiusura.
Attualmente il gruppo non ha stabilimenti negli Stati Uniti, mentre vende circa 300.000 veicoli all'anno, assemblati in Messico (dove produce 180.000 auto) e Giappone. Anche Nissan, presente nel Paese latino-americano da 50 anni, ha incassato il colpo, con il titolo che ha perso il 5,31% a 734,6 yen. In totale, 769.000 veicoli hanno lasciato le sue fabbriche messicane nel 2018, di cui quasi la metà negli Stati Uniti. Anche il titolo Toyota è andato giù, ma in misura minore (-2,84% a 6.384 yen).
Il leader giapponese è ben radicato in Messico, dove nel 2018 ha prodotto 190.000 automobili, la maggior parte delle quali sono state esportate negli States. Ma ha fornito importanti garanzie a Donald Trump dopo essere stato preso di mira all'inizio del 2017 per un progetto di espansione di uno dei suoi stabilimenti messicani.
In seguito, ha rivisto al ribasso questi investimenti e ha anche annunciato la costruzione di un nuova fabbrica da 1,6 miliardi di dollari in Alabama in collaborazione con Mazda, la cui produzione è prevista per il 2021. Infine, anche il titolo di Honda non è stato risparmiato, perdendo il 4,26% a 2.651 yen.
Nel Vecchio Continente, sul Dax di Francoforte, le vendite non hanno risparmiato neanche le case automobilistiche tedesche, già finite nel mirino dell’amministrazione a stelle e strisce per far parte di un sistema Paese, la Germania, inserita nella lista nera dei Paesi colpevoli secondo la Casa Bianca di pratiche commerciali "ingiuste" foriere di squilibri eccessivi: Volkswagen (-4,09%) produce diversi modelli come Jetta, Golf e Tiguan nello stabilimento di Puebla, a Sud-Est di Mexico City, Daimler (-3,26%) ha tre impianti per la produzione di camion e bus e Bmw (-2,13%) ha previsto di aprire nel corso del 2019 una fabbrica a San Luis Potosì, al centro del Paese latino-americano.
@andreadeugeni