Economia
Fideiussione bancaria, omnibus e contratto autonomo: le differenze
La guida per conoscere le differenze tra le tipologie di fideiussione bancaria
Cosa è la fideiussione omnibus e quali sono le sue caratteristiche?
La fideiussione omnibus si differenzia dalla fideiussione ordinaria per il fatto che la garanzia non è limitata a un certo debito (ad esempio a uno specifico prestito ricevuto dall'istituto di credito). Garantisce, invece, il pagamento di tutti i debiti assunti o che si assumeranno con la banca, per qualsiasi operazione bancaria, presente o futura.
È un contratto molto comune per gli istituti di credito, che tramite di esso garantiscono tutte le obbligazioni che il debitore ha nei confronti del creditore. Tale tipologia di fideiussione obbliga chi la sottoscrive a rendersi garante del pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che un soggetto ha contratto o contrarrà verso quel creditore. La fideiussione omnibus ha suscitato diverse perplessità a causa dell’ampiezza della sua portata e per via del fatto che l’oggetto del contratto non risulta determinato o determinabile. Per questo il legislatore ha sancito, quale condizione necessaria per la sua validità, la determinazione di un tetto massimo garantito.
Può parlarci della validità delle clausole della fideiussione omnibus che violano la normativa antitrust dopo l’intervento della Banca d’Italia?
Le banche fanno uso di schemi predisposti dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per redigere le fideiussioni sottoscritte dalla propria clientela.
Nel 2003 è stata avviata un’istruttoria finalizzata a verificare la compatibilità dello schema contrattuale predisposto dall’ABI con la disciplina dettata in materia di intese restrittive della concorrenza. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (interpellata, in via consultiva, dalla Banca d’Italia) ha evidenziato come la disciplina della fideiussione omnibus presenti clausole idonee a restringere la concorrenza. In particolare, le criticità rilevate riguardano le clausole contenute agli articoli nn. 2, 6 e 8 e, precisamente:
- la “clausola di reviviscenza” (art. 2), secondo cui il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”;
- la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. (art. 6), in forza della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall'art. 1957 c.c., che si intende derogato”;
- la clausola di sopravvivenza (art. 8), a termini della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.
Nel 2005 la Banca d’Italia ha verificato che la maggior parte delle banche aveva adottato lo schema predisposto dall’ABI. Di conseguenza, ha dichiarato nullo lo schema ABI limitatamente alle clausole di cui agli artt. n. 2, 6 e 8 dello schema tipo delle fideiussioni bancarie, per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a).
Qual è, quindi, la sorte delle fideiussioni che riportano pedissequamente le clausole dello schema ABI dichiarato nullo da Banca d’Italia?
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio della nullità parziale delle clausole in questione. In pratica, il contratto di fideiussione resta valido, mentre vanno dichiarate nulle le clausole che riproducono quelle dello schema ABI dichiarate nulle dalla Banca d’Italia nel 2005.
Nella sostanza, sinteticamente la Corte di Cassazione ha affermato:
- le validità delle fideiussioni, anche se depurate delle clausole conformi a quelle dichiarate nulle dalla Banca d’Italia;
- la rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice, nei limiti stabiliti dalla giurisprudenza della Cassazione, a presidio del principio processuale della domanda (artt. 99 e 112 c.p.c.);
- l’imprescrittibilità dell’azione di nullità e la proponibilità della domanda di ripetizione di indebito ex art. 2033 cod civ. laddove ne ricorrono i presupposti, nonché dell’azione di risarcimento danni.