Generali, arrocco italiano anti-Parigi. Donnet gioca la carta del gestito
I soci italiani arrotondano le quote per evitare blitz di Axa. Donnet al lavoro sul nuovo piano, fra cui, secondo i rumors,un'acquisizione nel risparmio gestito
Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio hanno acquistato azioni Generali arrotondando ulteriormente le rispettive quote nella compagnia triestina.Nel dettaglio Delfin, holding di Del Vecchio, ha acquistato ieri lo 0,044% del capitale a un prezzo medio ponderato unitario di 14,3532 euro, si legge in un internal dealing.Caltagirone, invece, ha acquistato lo 0,045% tra martedì e ieri a prezzi medi ponderati unitari compresi tra 14,1273 e 14,3944 euro.Con gli acquisti comunicati oggi Del Vecchio sale a circa il 3,3% di Generali, mentre Caltagirone si porta intorno al 4,45%. |
Le ultime mosse le hanno effettuate Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio: i due soci-imprenditori italiani di Generali hanno approfittato dei prezzi “da saldo” delle scorse sedute per arrotondare ancora le rispettive quote. Il costruttore romano ha acquistato tra il 12 e il 15 ottobre lo 0,03% del capitale del leone di Trieste portando la propria partecipazione al 4,41%; negli stessi giorni la Delfin, holding del patron di Luxottica, ha acquistato lo 0,05% del capitale e si è portata dal 3,16% al 3,21%.
Due “colpi” da manuale del trader visto che Del Vecchio ha segnato un prezzo medio di 14,171 euro e Caltagirone di 14,192 euro, rispetto ai 14,3 euro odierni, ma lo scopo di questi movimenti non è certamente solo quello di mediare sui prezzi di carico, bensì quello di far salire il peso del “nocciolo duro” di azionisti italiani, anche in vista del calo da qui a meno di un anno della partecipazione di Mediobanca dal 13% a circa il 10%, operazione annunciata da tempo ma finora rinviata per l’andamento delle quotazioni (il titolo ha perso circa il 7% nell’ultimo anno) e per la difficoltà che ha Nagel a trovare un investimento alternativo altrettanto redditizio (anche solo in termini di dividendo ai prezzi attuali Generali offre un rendimento di poco inferiore al 6%).
Il timore, di cui da tempo si ragiona in borsa e sui giornali italiani, è che dopo il tentativo, poi rientrato, dello scorso anno di Intesa Sanpaolo di mettere le mani sulle attività di risparmio gestito del gruppo, altri concorrenti potrebbero approfittare di un’eventuale perdita della “presa” su Generali da parte di Piazzetta Cuccia (a sua volta in un momento delicato a seguito dello scioglimento anticipato del patto di sindacato a fine anno) per mettere le mani su uno degli ultimi grandi centri di potere economico-finanziario tricolori.
Al momento contando anche i Benetton (al 3,049% del capitale attraverso Edizione Srl) ai soci italiani fa capo oltre il 24% del capitale di Trieste, ovvero oltre il 25,5% se si considerano anche i Boroli-Drago, che con Dea Capital dovrebbero conservare tuttora un 1,7% circa di Generali, residuo della partecipazione ricevuta in cambio della cessione di Toro Assicurazioni (rilevata dal gruppo Fiat nel 2003, ceduta a Trieste nel 2006) e poi fatta salire sino a un massimo del 4% negli anni successivi prima di ridurla essendo sempre stata considerata un’attività finanziaria e non “core business”, dunque alienabile qualora si presentassero migliori occasioni di investimento.
Per superare il peso dei soci italiani, a colossi delle dimensioni di Allianz (77,25 miliardi di capitalizzazione) o di Axa (54,65 miliardi di capitalizzazione), quest'ultima peraltro impegnata nella difficile integrazione della statunitense XL Group (acquisita appena lo scorso marzo per 12,4 miliardi di euro), basterebbe spendere al momento poco più di 5,5 miliardi, evitando anche di dover lanciare un’Opa. Per questo l’obiettivo finale di Caltagirone, Del Vecchio e dei Benetton potrebbe essere quello di arrivare dall’attuale 11,15% ad almeno un 14%-15%, stando poi attenti a dove finirà il 3% e più che Mediobanca dovrà cedere, così da rimanere sempre tra il 25% e il 30% del capitale.
(Segue...)
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