Economia

Generali, è gelo tra gli azionisti. I dossier e il futuro del Leone

di Andrea Deugeni

Il fronte Mediobanca e gli "altri"

Dopo che il ghiotto boccone Aviva Polonia è finito nel perimetro di Allianz, Generali continua, da strategia, a macinare dossier (prima quello russo ROSE-Garantia, scartato e ora quello malese Axa Affin General Insurance, entrato nella fase della trattativa in esclusiva) in Europa e in Asia. Ma dalle dinamiche interne del consiglio di amministrazione pare evidente un deterioramento dei rapporti fra i grandi azionisti del Leone. 

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Le decisioni prese a maggioranza negli ultimi consigli di amministrazione indicano che, alla fine, vanno allineandosi su fronti contrapposti i consiglieri di area Mediobanca in asse con il Ceo Philippe Donnet, da una parte, e gli altri espressione invece dei singoli grandi azionisti privati del Leone, che nel corso degli ultimi anni hanno progressivamente accresciuto il proprio peso nel capitale delle Generali. 

Secondo quanto riferiscono alcune fonti, pare che nella governance di vertice stia emergendo sempre con maggiore evidenza come, al di là del singolo dossier messo sul tavolo del consiglio da parte del Ceo (quello malese è anche piccolo, vale intorno ai 300 milioni), il vero tema che non viene affrontato sia quello più ampio del futuro delle Generali. E cioè come recuperare il terreno perduto nei confronti dei diretti competitor Axa e Allianz e come fare delle Generali uno dei principali asset da mettere a servizio del sistema imprenditoriale del Paese. Un tema che il grande azionista Leonardo Del Vecchio ha più volte sollevato anche in occasione del suo ingresso nel capitale di Mediobanca.

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Per certi versi la questione anticipa la grande discussione che Alberto Nagel, Lorenzo Pellicioli, Francesco Caltagirone, Del Vecchio, i Benetton e la Fondazione Crt dovranno fare fra qualche mese (al momento non risultano ancora contatti sulla tema) e che è propedeutica alla scelta sul mandato dell’amministratore delegato (Donnet scadrà ad aprile 2022). 

Pare che la prima grande frattura si sia registrata sull'oggetto del desiderio di Mediobanca in casa del Leone chiamato Banca Generali (impensabile vederla a Piazzetta Cuccia per Caltagirone e Del Vecchio senza trovare alternative che rendano così bene come la controllata guidata da Gian Maria Mossa).

La seconda sull’operazione tutta italica disegnata in pochi giorni (anche perché il timing lo imponeva) di Cattolica, deal finito nel mirino dei due grandi azionisti, al di là dei rilievi successivi dell’Ivass, per il fatto che sottraeva risorse all’M&A estero, frontiera che sta molto a cuore invece al patron di Delfin e al vicepresidente delle Generali. Anche perché è difficile immaginare che in futuro il Leone, proiettato sui mercati internazionali, non faccia un sol boccone in casa propria della compagnia scaligera di cui ora è il principale azionista con quasi il 24% destinato a salire fino al 30%. 

Ora, a pochi giorni dall’assemblea che apre l’ultimo anno di mandato di Donnet preceduto da non pochi scossoni, a cominciare dall’uscita dell’ex braccio destro Frédéric de Courtois ritornato a servire l’agguerrito competitor Axa, le diverse anime dell’azionariato sembra che viaggino su binari separati quasi a prescindere. Il che per l’operatività di una delle poche vere multinazionali italiane non è la condizione ottimale. Che si sia vicini a uno showdown fra gli azionisti in cui a farne le spese sia l'amministratore delegato?

@andreadeugeni