Economia
Generali, le ombre che restano dopo l'informativa in Fondazione Crt
Il confronto con Allianz, la "timidezza" del piano di Donnet, i dividendi futuri e l'italianità: le motivazioni sulla necessità di adesione al Patto. Ma...
L'informativa su Generali in consiglio di indirizzo della Fondazione Crt e i mal di pancia interni
Ha fatto storcere un po’ il naso ad alcuni consiglieri di indirizzo, riuniti ad hoc lunedì pomeriggio in via XX settembre a Torino nella sede della Fondazione Crt, il resoconto che il presidente dell'ente Giovanni Quaglia e il segretario generale Massimo Lapucci hanno dato delle proprie scelte relative all’investimento della fondazione nel capitale delle Assicurazioni Generali.
Il 17 settembre, dopo una rapida informativa al consiglio tenuta soltanto tre giorni prima, il duo di vertice dell'ente sabaudo, apportando il proprio iniziale pacchetto azionario dell’1,22%, ha aderito al patto di consultazione (siglato dai due grandi azionisti delle Generali Francesco Caltagirone e Leonardo Del Vecchio) che mira a rimuovere il 29 aprile 2022 il Ceo Philippe Donnet dalla tolda di comando del Leone. Adesione con tanto di contestuale volontà della fondazione a crescere nel capitale delle Generali fino alla soglia rilevante del 2%, impegnando dunque risorse in bilancio (il 4 dicembre la quota era già salita all’1,474%).
Generali, La marcia di Del Vecchio (sale al 6,5%) e del Patto che ormai sfiora il 16%/Il patto tra Francesco Caltagirone, Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt è a un passo dal 16% Del capitale delle Generali, per la precisione e' al 15,95%, avvicinandosi cosi' al 17,22% dei diritti di voto su cui potra' contare Mediobanca nell'assemblea di fine aprile per il rinnovo del board del Leone. L'arrotondamento della quota arriva a valle di nuovi consistenti acquisti di Leonardo Del Vecchio, che tra il 20 e il 21 dicembre ha comprato con Delfin 2,4 milioni di azioni (lo 0,15% Del capitale di Trieste), portandosi al 6,51%. Nei giorni scorsi Caltagirone aveva invece già superato l'8%. |
Il blitz, già fruttuoso anche per il pacchetto di titoli in portafoglio al segretario generale, ha creato negli ultimi mesi i mal di pancia di parte del consiglio di Indirizzo, in quanto Quaglia e Lapucci (quest'ultimo oltretutto siede anche nel Cda della Caltagirone Spa), è la critica che viene mossa, avevano tenuto le carte coperte fino all'ultimo e solo nelle quattro mura del consiglio di amministrazione.
La mancanza di condivisione su una scelta “molto importante”, era stata definita da alcuni consiglieri, di un attore istituzionale inerente a uno dei principali gangli finanziari del Paese ha fatto scattare un pressing dei critici dei vertici che hanno portato a casa l’inserimento, al punto quattro all’ordine del giorno dell’ultima riunione, di un’informativa sulle partecipazioni strategiche della fondazione e in particolare su Generali.
Martedì pomeriggio, il tema sul tavolo era: come mai il vertice della Fondazione Crt, che il 14 settembre nelle parole di Lapucci e del direttore finanza dell’ente Marco Casale aveva motivato la propria scelta “opportuna” di “valutare la possibilità di espandere l’investimento fino ad un massimo del 2% del capitale” nelle Generali, tenuto conto della “solida situazione patrimoniale della compagnia, dei flussi reddituali assicurati e delle prospettive di crescita della società di assicurazioni” e che “nel corso degli ultimi anni Generali ha evidenziato un costante miglioramento della redditività operativa ed un significativo rafforzamento a livello patrimoniale (raggiunti gli standard dei principali competitors europei)”, promuoveva contestualmente anche una discontinuità nella governance del gruppo, sposando (formalmente il 17 settembre) la linea Caltagirone-Del Vecchio?
Questi risultati che “hanno permesso un costante e graduale incremento del dividendo distribuito, passato da 0,20 euro per azione nel 2013 a 1,01 euro per azione nel corrente anno”, recita il verbale del consiglio di amministrazione della Crt di cui Affaritaliani.it ha preso visione, non sono stati raggiunti anche grazie alla gestione Donnet (dal 2016 Ceo)? Dirigente che in fondazione vogliono rimuovere?
Su questo, i membri del CdI si aspettavano delle risposte. Stando a quanto riferiscono fonti interne al consiglio di indisrizzo, le motivazioni apportate dal duo Quaglia-Lapucci, ancora supportato da Casale per la parte tecnica, sono state relative allo scarso impatto del nuovo piano industriale di Donnet sul titolo Generali, mettendolo invece a confronto con quanto avvenuto sul mercato in occasione della presentazione delle strategie da parte del competitor tedesco Allianz, sull’incertezza del flusso futuro di dividendi (necessario alla fondazione piemontese per sostenere le erogazioni sul territorio) e sulla necessità della difesa dell’italianità della compagnia triestina.
Apriti cielo. Perché è vero, sono state le considerazioni fatte da alcuni consiglieri a riunione conclusa dopo i tradizionali auguri natalizi, che l’accoglienza del mercato al nuovo piano di Donnet, definito dai vertici “in continuità e “senza novità rilevanti in termini di strategia”, è stata “piuttosto timida” (a tre giorni - stesso termine di paragone usato da Crt nel raffronto con la compagnia teutonica - dalla diffusione del piano il titolo Generali guadagnava +0,24% e a 8 giorni - a oggi cioè - fa +0,27% mentre per Allianz nei tre giorni successivi al business plan del tre dicembre il valore del titolo si è apprezzato del 4,3% contro il +2% del settore), ma che c'azzecca? I partecipanti alla riunione volevano capire la genesi settembrina ex ante delle scelte della Fondazione su investimento già ritenuto, a detta in primis di Lapucci, soddisfacente.
(Segue: dividendi e l'italianità delle Generali...)