Economia
Gli Ordini? Da cancellare. Parola di professionista
di Giovanni Esposito
Gli Ordini Professionali italiani, la cui ragion d’essere è la tutela degli iscritti ed, attraverso la difesa della professionalità, la tutela della collettività, sono strutturati con un Consiglio nazionale e tanti ordini territoriali, coincidenti con le province o con i circondari dei tribunali.
Tutte i professionisti iscritti agli ordini, corrispondono una quota annua che confluisce, in gran parte, nelle casse degli organismi territoriali. Volendo fare un’analisi per difetto e senza alcun criterio di scientificità, tali strutture incassano e gestiscono almeno 200 milioni di euro l’anno (2 milioni di soggetti x 100 euro l’anno), un extra costo che i vari avvocati e medici ribaltano, in ultima analisi, sui consumatori.
A fronte di un costo certo, quali sono i benefici? La prima considerazione è che l’Unità d’Italia, almeno per il professionista, esiste: invero lo scenario è uniforme senza distinzione di territorio e specializzazione, anche se il malcostume è di gran lunga crescente spostandosi dai centri alle periferie. I Consigli locali hanno un numero medio di membri che oscilla fra i 10 ed i 15; però, oltre il presidente, il tesoriere ed il segretario, difficilmente si rinviene traccia della funzionalità degli altri. Fra loro non siedono accademici, decani ed insigni professionisti per somma dottrina. Sono spudorati arrivisti e miserabili falliti, nella cui mente, crogiolandosi nel disinteresse della stragrande maggioranza della base, si è insinuato il fraintendimento della parola eletto: infatti, dimenticando di essere solo scelti, si comportano come prescelti.
Gli incarichi di consiglieri sono tutti gratuiti. Bene? Peccato che utilizzino, senza remora, la carica ricoperta per fini pubblicitari e per sollecitare l’affidamento d’incarichi professionali, di cui quelli maggiormente prestigiosi e remunerati, diventano appannaggio delle posizioni ordinistiche apicali. Le fila presso gli sportelli pubblici esulano dalle loro consuetudini, perché entrano dalle porte di servizio. Non c’è, quindi, da sorprendersi che sia diffusa la percezione che i rappresentanti effettuino una concorrenza sleale a svantaggio dei rappresentati. Del tutto blando (o peggio assente) è l’esercizio della vigilanza sul rispetto del codice deontologico, della responsabilità disciplinare, del segreto professionale e dell’obbligo di assicurazione e di formazione permanente. Con la triste conseguenza che i virtuosi, al danno di aver sostenuto superiore oneri, si aggiunge la beffa di essere identificati come gli unici sciocchi in un mondo di furbi.
Dal lato degli iscritti, la maggioranza ignora chi sia il proprio presidente e si chiede a cosa servano gli albi. Non superiore è la considerazione della formazione professionale continua; subita come un obbligo fine a se stesso, percepita di scarso livello qualitativo e quantitativo, e che, troppo spesso, pare volta ad inseguire gli interessi dei formatori più che dei formati. Alla luce di ciò, sarebbe fortemente auspicabile che i deputati a legiferare diano corso ad un’iniziativa che, per tutte professioni, cancelli gli ordini territoriali ed istituisca il solo Registro tenuto e vigilato dal Ministero della Giustizia, così come previsto per i Revisori Contabili.