Economia

Governo al match delle 400 poltrone. Dal voto in Emilia nessun terremoto

Nel Palazzo spiegano che anche se le Regionali dell’Emilia, in gennaio, saranno un test importante il governo non cadrà prima di aver rinnovato i vertici di...

A Montecitorio viene dato per certo che non sarà il voto regionale a far cadere il governo: il primo e più importante collante dell’alleanza giallorossa è ovviamente la legge di bilancio, che neppure l’opposizione di Centrodestra ha interesse a stravolgere a tutti i costi vista la necessità di archiviare le clausole di salvaguardia sottostare comunque ai parametri dei mercati prima ancora che a quelli di Bruxelles. Ma dopo? C’è già chi invoca le elezioni regionali in Emilia Romagna la cui data è stata fissata per domenica 26 gennaio 2020 come il redde rationem.

Ma sebbene siano un test importante (l’Emilia Romagna è un feudo storico della sinistra italiana e i suoi 3,4 milioni di elettori rappresentano il 6,7% circa dell’elettorato italiano), secondo molti politici neppure esso sarà sufficiente, salvo clamorosi errori strategici, a porre prematura fine alla legislatura, se non altro perché di lì a pochi mesi si apriranno le partite che veramente contano per qualsiasi esecutivo, quelle delle nomine ai vertici delle principali autorità di settore ed aziende a partecipazione pubblica.

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Una prima partita “pesante” è stata archiviata prima del voto in Umbria, col ritorno di Giovanni Gorno Tempini in Cassa depositi e prestiti (Cdp) come presidente al posto del dimissionario Massimo Tononi, ex banchiere d’affari di Goldman Sachs ed ex presidente di Mps entrato in rotta di collisione con l’amministratore delegato e direttore generale di Cdp, Fabrizio Palermo. Una nomina che è stata letta come una sconfitta dell’ex premier e attuale leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che aveva accompagnato alla porta lo stesso Gorno Tempini quando era amministratore delegato di Cdp con Franco Bassanini presidente nominando al loro posto il tandem Fabio Gallia - Claudio Costamagna. 

Tra le prime nomine da fare servirà trovare un nuovo presidente per Anac (l’Authority anticorruzione) al momento guidata dal consigliere anziano Francesco Merloni dopo che il presidente Raffaele Cantone è ufficialmente rientrato nei ranghi della magistratura. Altre nomine già sul tappeto sono quelle per presidenti e commissari di Agcom, cui guarda da sempre con attenzione Silvio Berlusconi (e Forza Italia) ed alla quale sembrerebbe poter finire l’ex sottosegretario Antonello Giacomelli, oltre che del Garante Privacy, alla guida del quale M5S gradirebbe l’avvocato Guido Scorza, esperto di privacy e di diritto delle nuove tecnologie. 

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Già in attesa di un rinnovo che tarda ad arrivare è poi Sace: il presidente Beniamino Quintieri e l’amministratore delegato Alessandro Decio secondo le ultime indiscrezioni potrebbero passare la mano, rispettivamente, a Rodolfo Errore (già nel Cda e senior partner di Cartesius Advisory Network e di EY) e a Edoardo Ginevra (attuale Cfo di Banco Bpm, con un passato anche in Banca d’Italia). Con quelli di Sace sono in prorogatio, ormai dall’aprile 2018, pure i vertici di Simest dove sono da sostituire il presidente Salvatore Rebecchini e l’amministratore delegato Alessandra Ricci.

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A seguire dovrebbero arrivare le nomine per il Fondo nazionale per l’innovazione (Cda di nove membri, presidente indicato da Invitalia, amministratore delegato da Cdp col gradimento di Invitalia), per il quale M5S punterebbe su Salvo Mizzi, ex top manager di Telecom Italia prima e Tim Ventures, general partner di Principia Sgr nel 2018 fino alla chiamata al Mise come consulente dell’allora titolare del dicastero, Luigi Di Maio.

Per Cdp Immobiliare si parla di una promozione dell’attuale direttore operativo Salvatore Sardo alla presidenza e della possibile nomina di Luca Petrichella (ex direttore fondi di Fabrica Immobiliare Sgr poi passato a Savilles Investment Management) come amministratore delegato. Il passaggio di quote da Mps e Nexi a Cdp comporterà poi il rinnovo dei vertici del Fondo Italiano d’Investimento (Cda a 11 componenti, di cui 7 saranno espressi dalla stessa Cdp). 

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Nel caso di Inps e Inail, infine, rinnovati i presidenti con la nomina rispettivamente di Pasquale Tridico e di Franco Bettoni, per entrambi gli enti previdenziali restano da nominare i Cda, ciascuno di tre componenti (prima della crisi dello scorso agosto erano circolati i nomi di Rosario De Luca, Gabriele Aulicino e Marialuisa Gnecchi per l’Inps, di Francesca Maione per l’Inail). Il tutto senza dimenticare che il prossimo ingresso, in dicembre, di Fabio Panetta nel board della Bce comporterà la necessità di nominare anche un nuovo direttore generale in Banca d’Italia (in pole position è dato l’attuale vide di Panetta ed ex Ragioniere generale dello stato, Daniele Franco).

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Ma se l’elenco delle poltrone è già ora abbondante, esso si arricchirà decisamente dalla primavera prossima. A quel punto, quando i risultati elettorali dell’Emilia Romagna saranno storia, ci sarà da rinnovare Cda e vertici delle principali partecipazioni statali quotate (e non) a partire da Enav, Enel (dove la presidente Maria Patrizia Grieco e l’amministratore delegato Francesco Starace potrebbero anche essere riconfermati grazie agli ottimi risultati ottenuti), Eni (dove sono invece dati in uscita secondo i rumors sia la presidente Emma Marcegaglia sia l’amministratore delegato Claudio Descalzi), Leonardo (dove l’amministratore delegato Alessandro Profumo, nonostante la freddezza di Matteo Renzi, sembra potersi conquistare la riconferma), Mps, Poste Italiane (i risultati parlano a favore di una riconferma del numero uno Matteo Del Fante) e Terna (anche qui il numero uno Luigi Ferraris pare avere buone chances di una riconferma).

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In tutto questi rinnovi, o riconferme, valgono oltre 157 miliardi di capitalizzazione di borsa, più di un quarto del totale. E poi ancora: Rfi, Trenitalia e Sogei e ancora tante altre società minori. Tante poltrone, in tutto quasi 400, cui corrispondono tanti poteri d’indirizzo o miliardi di possibili investimenti, in grado di plasmare la politica economica dell’Italia. Decisamente un ottimo motivo per non far saltare il banco e interrompere anticipatamente la legislatura, sempre che si trovi l’intesa sui nomi.

Luca Spoldi