Economia

'Hard Brexit’ scenario peggiore con tasse e tempi lunghi

Daniele Rosa

‘Hard Brexit’ scenario peggiore , nuove tasse e restrizioni

‘Cosa succederà in materia doganale in scadenza della Brexit il prossimo 29 marzo, quali saranno le novità legislative e giurisprudenziali? Quali vantaggi e rischi comporterà il nuovo accordo Unione europea/Giappone del prossimo inizio di febbraio?

Questi i temi centrali del seminario organizzato a Roma, presso Confetra il prossimo 23 gennaio.

Relatrice del seminario l’avvocato Sara Armella dello Studio Armella&Associati.

La 'hard Brexit' con molti svantaggi

Sul tema Brexit abbiamo chiesto a Sara Armella qualche approfondimento.

 

Molte imprese non sanno se, con la Brexit, si troveranno di fronte a nuove normative, tariffe o controlli doganali. Non hanno chiaro se avranno la possibilità di trasferire personale tra l'Unione europea e il Regno Unito, né se saranno costrette a pagare nuove tasse.

Ci può chiarire questi punti?

 

‘In questo momento-ci conferma la relatrice- la confusione e' massima e, nel caso non si raggiunga un accordo entro il 29 marzo, anche solo per concordare un rinvio, ci troveremo di fronte allo scenario peggiore, la "hard Brexit". Questo significherebbe un'uscita del Regno Unito senza nessun paracadute: tutte le merci da e verso l'Inghilterra sarebbero soggette a procedure doganali e a dazi. Questo significa nuove tasse per le imprese e per i consumatori e tempi più lunghi per le forniture, oltre a restrizioni per le persone e per gli spostamenti o i permessi di soggiorno’.

La 'hard brexit' con molti svantaggi. Ripristino di dazi e barriere

Uno dei nodi principali è : come evitare i controlli doganali per le merci che si sposteranno tra la Gran Bretagna e l'Unione europea?

 

‘I controlli sono solo una parte del problema, significano tempi più lunghi per gli approvvigionamenti. La parte più preoccupante sono i costi che si incrementano di alcuni punti percentuali, perché l'uscita dall'Unione europea significa ripristino dei dazi e delle barriere protezionistiche. Basti pensare che l'Italia è uno dei primi partner del Regno Unito e che molte imprese dovranno seriamente ripensare ai mercati di sbocco o sulla sostituzione degli attuali fornitori’.

 

Sono passati più di due anni dal voto di giugno del 2016 che ha sancito l'abbandono dell'Unione europea, ma l'amministrazione guidata dal primo ministro Theresa May sembra non essere stata in grado di risolvere le questioni cruciali e impellenti, né all'interno del suo governo né con i suoi partner dell'UE. Qual è lo scenario che si prefigura, a poche settimane dal cruciale mese di marzo 2019 che doveva sancire la ratifica dell'uscita ufficiale?

 

 

‘La scelta migliore sarebbe un rinvio, visto che accordi così complessi richiedono il consenso non soltanto del lacerato Parlamento inglese, ma anche dell'Unione europea, che non può fare troppe concessioni se non vuole rischiare che l'esempio inglese sia seguito da altri. La hard Brexit pone molti problemi, anche considerando altri settori, come la finanza e le assicurazioni. Quello he è accaduto in queste ultime settimane era purtroppo prevedibile, Londra non ha voluto guardare in faccia la realtà e soltanto ora riflette sul vicolo cieco in cui si è messa’.