Economia
Energia, gas in rialzo e transizione green al palo. Ma il 2024 sarà peggio
Lo scenario geopolitico è sempre più magmatico, con fronti di guerra che si estendono e con la sincera convinzione che il 2024 sarà più complesso del 2023
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Recita un vecchio adagio che “i soldi sono come gli occhi, una volta usciti si fa fatica a rimetterli al loro posto”. E questa massima di saggezza popolare si può impiegare anche per il settore energetico che sta vivendo un momento particolarmente complesso. Intanto, perché lo scenario geopolitico è sempre più magmatico, con fronti di guerra che si estendono e con la sincera convinzione che il 2024 sarà più complesso del 2023. “La verità è che eventi di questo tipo, per definizione, non sono prevedibili, altrimenti non ci troveremmo puntualmente in queste situazioni – confida ad Affaritaliani.it un dirigente di una multiutility – solo che questa volta c’è il timore che il fronte sul Mar Rosso possa fare parecchio male”.
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Pare addirittura che il mestiere del risk manager sia diventato difficilissimo. Qualche settimana fa il rischio della zona del Qatar veniva dato a qualche decimo di punto. Eppure, oggi ci troviamo con un fronte caldissimo e con un incremento dei prezzi sull’indice Ttf. E l’impennata del rischio si traduce in un aumento dei costi di assicurazione e di gestione. Ma non c’è solo questo a turbare i sonni delle aziende che si occupano di energia.
In primo piano c’è l’ennesimo rinvio dell’addio al mercato tutelato. Perché? Due le ipotesi più accreditate. La prima di carattere politico: il governo Meloni, - che si appresta a far approvare una Legge di Bilancio che non sposta di molto la ricchezza degli italiani e che non porta provvedimenti strutturali per aumentare l’occupazione, ridurre il cuneo fiscale, rendere più snella la burocrazia – ha in mente in questo momento le elezioni europee. E l’addio al tutelato avrebbe rappresentato un problema per tutta quella fetta della clientela meno avvezza a comprendere le dinamiche del mercato. Da qui, si maligna, l’intenzione di ridiscutere il tema alla fine di giugno. D’altronde, è dal 2017 che si parla dell’addio al mercato tutelato, ormai è evidente che non c’è grande urgenza di approvare questo provvedimento.
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La seconda ipotesi riguarda proprio gli operatori. Quando, sul mercato libero, sono stati fatti contratti bloccati per due anni prima che il prezzo del gas arrivasse alle stelle, diverse aziende si sono trovate improvvisamente in forte perdita. Perché la tariffa applicata agli utenti non copriva le spese di acquisto della materia prima. Inizialmente, molte aziende hanno cercato un recesso unilaterale ma una delibera ha impedito questa pratica. Prezzi eccessivamente vantaggiosi per gli utenti finali non possono essere considerati motivo sufficiente per stracciare accordi preesistenti. Dunque gli operatori si muovono con circospezione e chiedono che il mercato sia davvero libero, e non “libero di fare per gli altri come vogliono”.
Sempre sul mercato libero, un alto dirigente di un’azienda del settore energetico ha raccontato ad Affaritaliani.it qualche numero in più: “In Italia ci sono 680 operatori del comparto, nel Regno Unito 22, è evidente che c’è una sproporzione e che tanti soggetti non significa automaticamente maggiore concorrenza ma, anzi, un sistema meno stabile. Se si usa la sola leva del prezzo si rischia di finire come nel mondo delle telecomunicazioni: lì a furia di applicare tariffe non sostenibili ora si è costretti a operare diverse operazioni di fusione per tenere in piedi il mondo delle tlc, che poi vuol dire anche posti di lavoro, aziende, soldi tassi. In economia nulla si crea ma tutto si trasforma e la tenuta del sistema dev’essere sempre garantita”.
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Altro discorso che assilla le multiutility è quello del futuro. Quale potrebbe essere la fonte di energia da cui approvvigionarsi, fermo restando che l’Italia deve avviare un percorso di maggiore indipendenza energetica? Su questo c’è grande confusione. Qualcuno sostiene che si debba mettere cifre ingenti sulle rinnovabili, altri guardano al nucleare. Altri ancora hanno avviato una strategia più complessiva, per cui si va a vedere gli atout delle diverse tecnologie, puntando su ciascuna non in modo esclusivo. E attendendo di capire quale, o quali, sarà la più indicata.
Proprio il nucleare, sia per quanto concerne la fusione, sia per quello che riguarda i mini reattori di nuova generazione, rappresenta il principale terreno di scontro, con la visione ottimistica che si contrappone a una più laica e pragmatica che, in sostanza, si limita a dire “aspettiamo di vedere i risultati”. Il tempo però passa, l’indipendenza energetica del nostro Paese è ogni giorno più necessaria visto il mondo in fiamme in cui viviamo.