Economia
Il Brera calcio vuole fare l'americano e arriva al Nasdaq: il progetto
Una storia fatta di impatti positivi sul tessuto sociale della città di Milano e non solo. Ora è il momento di portare questo modello all'estero
Quindi volete snaturarvi e diventare una “potenza economica”?
Per niente. I soldi che dovessero arrivare dalle partecipazioni alle competizioni europee ci permetteranno di ampliare il nostro bacino d’utenza in Africa e Sud America. Creeremo una rete in modo da rafforzare i club di quei Paesi con progetti in loco, che permettano di incidere positivamente sulla vita delle persone.
Insomma, esportare il modello Brera Calcio…
Esattamente. All’estero vogliamo modellare calcio professionistico ma anche impiegare il calcio per altri interventi in cui siamo particolarmente efficaci.
Che cosa c’entra allora il Nasdaq?
Perché è la maniera giusta per finanziare questo progetto. Non volevamo che entrassero fondi interessati a massimizzare l’investimento. Per questo è stata costituita una holding cui verranno conferite le azioni del Brera Calcio ma non solo: anche la squadra di Goran Pandev, che verrà poi ribrandizzata. Abbiamo già costituito il Brera Mozambico, che milita nella Serie B di quel Paese africano. Vorrei arrivare a 10 club entro la fine dell’anno prossimo. Un intervento che si può fare nei campionati, mi passi il termine, minori, in cui il cambio nome è meno impattante sui tifosi. Il calcio è ancora ammantato di una sorta di timore religioso che non riguarda invece gli altri sport.
In conclusione: state puntando a diventare il City d’Italia?
Ovviamente non disponiamo delle risorse dello sceicco Mansour, ma l’idea è quella di portare la nostra cultura e i nostri valori anche in altri Paesi del mondo. Quindi sì, vogliamo diventare il City del calcio “diverso” di cui siamo da sempre ambasciatori.