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Economia
Il credito ai privati in calo a causa della crisi, ma nessun allarme Npl
(foto Ipa)

Credito al consumo

La domanda di prestiti non garantiti in Italia nel 2020 ha segnato -0,8%, con un rallentamento rispetto al passato perché indebolita dalle ridotte opportunità di spesa durante il lockdown. Lo stock di debito non garantito è aumentato dell’1,3% nel 2021 e si prevede che cresca del 2,8% nel 2022 e del 3,1% nel 2023. Infatti, se da un lato in molti potranno attingere ai risparmi accumulati durante la pandemia e quindi non avranno bisogno di accedere a forme di credito al consumo, dall’altro alcune famiglie potrebbero richiedere prestiti per attutire il calo del proprio potere d’acquisto

Mutui

I prestiti ipotecari hanno ottenuto una performance sorprendentemente solida durante la pandemia, segnando +2,1% nel 2020 e +4,7% nel 2021 (quest'ultimo il dato più alto degli ultimi 11 anni), beneficiando dell'aumento dei prezzi delle case, dei tassi di interesse estremamente bassi, della diffusione del lavoro ibrido e dell'accumulo dei risparmi nel corso del lockdown. Tuttavia, le prospettive attuali sono meno favorevoli. EY vede un rallentamento della crescita dei mutui poiché i prezzi delle case continuano ad aumentare e i tassi d’interesse sembrano destinati a salire: si stima che la crescita dei mutui rallenterà al 2,9% nel 2022 e all'1,2% nel 2023.

Crediti deteriorati

Anche a fronte del possibile peggioramento delle prospettive economiche, il miglioramento dei bilanci di famiglie e imprese dovrebbe impedire il drammatico aumento dei crediti deteriorati che avvenne con la crisi del debito sovrano europeo. All'inizio del 2021, il 14% dei prestiti beneficiava di moratorie e il 18% dei prestiti alle società non finanziarie era coperto in tutto o in parte dalla garanzia statale. Questo ha portato a un calo dei crediti deteriorati dal 6,4% del totale del 2019 al 4,4% del 2020 e al 3,3% del 2021 (quest'ultimo il dato più basso dal 2005). Si prevede che la cessazione dei regimi di sostegno e delle moratorie determinerà un aumento della percentuale di crediti deteriorati al 3,9% quest'anno e al 4,1% nel 2023.

“Nel 2021 – aggiunge Battista - la percentuale di crediti deteriorati sul totale dei crediti si è attestata al 3,3% e prevediamo che, con la cessazione dei regimi di sostegno e delle moratorie, aumentino al 3,9% nel 2022, al 4,1% nel 2023 e al 4,3% nel biennio a seguire, valori comunque sostenuti rispetto a quelli toccati tra il 2012 e il 2019. Permangono tuttavia alcuni rischi, legati perlopiù ai settori più impattati dalla pandemia e a quelli particolarmente esposti verso i Paesi attualmente coinvolti nel conflitto, nell’ambito dei quali potrebbero emergere alcune criticità senza adeguati supporti ed incentivi da parte delle istituzioni, in continuità con il biennio precedente”.

Per ora nessun allarme rosso

“Il combinato disposto di un’eventuale stagflazione, degli impatti negativi sui costi e sui ricavi delle imprese (esposte nei confronti dei Paesi coinvolti nel conflitto) e della tensione sui mercati finanziari potrebbe aumentare il coefficiente di rischio degli attivi delle banche, con crescita dei livelli di capitale assorbito, maggiori svalutazioni e minor margine di intermediazione” - conclude Battista. “Nonostante tutti questi aspetti di incertezza, il sistema economico-finanziario italiano appare in grado di reggere ai contraccolpi di un’eventuale crisi, grazie alla generale stabilità e solidità degli intermediari finanziari, al risparmio privato, alla capacità delle imprese di stare sui mercati internazionali e all’utilizzo dei fondi del PNRR”.

 

 

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