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Economia
Il no profit abbatte i crediti deteriorati

Il no profit rende. E l’unica banca italiana che finanzia i soggetti normalmente esclusi dal credito nel “normale” circuito bancario ha un’incidenza dei cosiddetti crediti deteriorati molto inferiore a quella del sistema, ovvero del 3,1%. 
Quando Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima, spiega attraverso un semplice schema come gratificare gli azionisti e al contempo le 220.000 realtà non profit fra imprese, cooperative, associazioni che compongono il cosiddetto Terzo settore, rende chiare due cose in un colpo solo: che l’economia è un mestiere affascinante e non sempre ad appannaggio di economisti e che accostarla al termine sociale è possibile. Lo schema di Banca Prossima, cui Morganti iniziò a lavorare a fine 2006, per avviare le attività a ottobre 2007, è pensato per finanziare le organizzazioni non profit, laiche e religiose; e tutto sommato lo si può definire molto semplice. 
“Il nostro Statuto prevede che almeno la metà degli utili vengano trasferiti a un Fondo per lo sviluppo dell’Impresa Sociale –spiega Morganti- Questo valore viene accantonato, appartiene al patrimonio della banca ma non è più revocabile dagli azionisti, perché viene utilizzato come garanzia per erogare prestiti ai soggetti più deboli, che si trovano oltre il limite del bancabile. Il nostro sistema agisce a leva, con un moltiplicatore medio di cinque volte: perciò r gli attuali 24 milioni di consistenza del fondo ci consentono di erogare oltre 100 milioni di credito a soggetti altrimenti esclusi”. Non si tratta di beneficenza. Il meccanismo è generativo, perché ogni azione che produce valore per la banca diventa strumento di inclusione, quindi di impatto sociale. Per questo possiamo dire di aver creato con  Banca Prossima una vera impact bank: la prima in Italia”. 
Il Fondo non è tutto: verso i clienti -anche quelli più robusti- Banca Prossima mette a frutto altri fattori determinanti: la specializzazione esclusiva nell’economia sociale, la rete di gestori che nella vita privata fanno parte di organizzazioni del Terzo Settore (criterio di selezione molto innovativo) e infine un modello di rating modificato per tenere conto non solo dei dati economici ma anche di quelli immateriali come la reputazione, il rapporto con la comunità, la vita democratica delle organizzazioni.
“Utilizzando i nostri servizi, i clienti di Banca Prossima generano in modo continuo le condizioni di accesso al credito per organizzazioni nonprofit che altrimenti resterebbero fuori dal cerchio magico della bancabilità”. 
Tutto questo con una grande sorpresa, che continua da 10 anni: l’incidenza di crediti deteriorati, i famosi NPL, si attesta al 3,1%, a fronte di un valore di sistema molto più alto. E questo dimostra che nel Terzo settore c’è una altissima propensione a fare le cose per bene.
Morganti ama citare l’esperimento fatto anni fa, quando Banca Prossima non era ancora stata creata, con gli studenti universitari, soggetti ritenuti impossibili per il credito. “Invece è stato un caso emblematico, con una regolarità di restituzione superiore al 99%”.  
Quello a cui Banca Prossima si rivolge, il Terzo Settore, conta nel nostro paese sei milioni di operatori, di cui cinque milioni di volontari e un milione di occupati (più del tessile e del chimico, per inciso) offrendo servizi a 37 milioni di italiani. L’Italia è il paese europeo dove il terzo settore spicca più che altrove per numero di enti e fervore creativo: ad esempio, su un totale europeo di 700.000 organizzazioni sportive di base, 110.000 sono italiane. Oltre alle associazioni e fondazioni, la parte preponderante è giocata dalle cooperative sociali, 12.000 in Italia, appartenenti a due tipologie: le A che gestiscono servizi a valore sociale aggiunto (socio-sanitari, educativi, ambientali, culturali) e le B che si dedicano all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (disabili, carcerati, minori, fasce deboli). Soprattutto nella seconda categoria, l’Italia è un leader assoluto.
Il futuro? Proprio ora è in fase di decreti attuativi la nuova normativa sul Terzo settore, che prevede per tutti gli operatori l’obbligo di bilancio e di trasparenza, una revisione del procedimento con cui queste istituzioni vengono riconosciute a livello giuridico, la completezza delle informazioni da inserire in statuti e atti costitutivi, la distribuzione degli utili. 
E molto c’è da aspettarsi dall’applicazione delle social clauses europee, ovvero di quelle misure che prevedono lo sviluppo di valore sociale in tutti gli ambiti dell’economia reale, favorendo il protagonismo del nonprofit nelle gare pubbliche d’appalto. 
 “Portiamo le migliori realtà nonprofit a dialogare e a trovare una strada comune, usando l’erogazione dei nostri finanziamenti quasi come un elemento premiante”. Lo stesso accadrà con la neonata Rete Sociale Energia. Stare insieme realizza ancora meglio l’obiettivo della generazione di valore sociale, aumenta l’efficienza delle organizzazioni e le pone sullo stesso piano di dignità dell’economia forprofit, che ha qualcosa, ma non tutto da insegnare. E molto da apprendere.

 

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