Economia
Intesa, focus derisking-commissioni. Orcel pronto al blitz anche sul risiko Ue
Le strategie dei Ceo delle due principali banche italiane a confronto al congresso della Fabi
UniCredit più propensa a guardarsi intorno per l’M&A. Anche fuori dai confini nazionali
Sarà che UniCredit deve recuperar terreno rispetto al campione nazionale Intesa-Sanpaolo e che il proprio dna paneuropeo la proietta giocoforza oltre i confini nazionali da cui arriva il 60% dei propri ricavi. O, ancora, che la concorrente guidata da Carlo Messina ha appena chiuso i cantieri del risiko bancario. Ma a sentire come come i due principali amministratori delegati delle due principali banche italiane si preparano a lavorare ai propri piani industriali (UniCredit lo ha appena presentato, Intesa-Sanpaolo lo farà a febbraio) pare che il gruppo di Piazza Gae Aulenti sia molto più propenso a guardarsi intorno per l’M&A. Anche fuori dai confini nazionali.
Oltre che per assistere alla prima uscita pubblica del “Ronaldo dei banchieri” e vedere in azione da vicino Andrea Orcel, il 126imo Congresso Nazionale della Fabi a Milano è stato infatti l’occasione per capire su cosa cosa stanno lavorando i due Ceo che, insieme, realizzano ogni anno poco meno dell’80% dei ricavi complessivi dell’intero sistema bancario.
Nelle parole che il capo di Intesa usa per descrivere la strategia della propria banca nei prossimi anni, a guida della quale vuole “restare ancora per molto” per poi andarsi a “occupare di tematiche e schemi più simili a quelli delle fondazioni, come l'inclusione e la diminuzione delle disugugalianze sociali", non c’è la crescita per linee estere. Ma piuttosto “derisking”, “rafforzamento nel wealth management e protection, di cui il gruppo è già leader in Europa e “soluzioni digitali per servire i clienti del mass market”. Azioni a servizio dei quali chiudere alcune filiali, ma senza nessuna ulteriore riduzione del personale, dopo che Intesa ha concordato con i sindacati 2.000 pensionamenti anticipati a novembre e 1.100 nuove assunzioni entro la fine del 2025. Ingressi che assieme ad altre 3.500 assunzioni porteranno complessivamente le “assunzioni nell’arco del nuovo piano industriale 4.600 nuove risorse”.
Le considerazioni di inizio congresso del presidente dell’Abi Antonio Patuelli, secondo cui “nel 2022 con la fine delle moratorie il sistema bancario realizzerà risultati peggiori, rispetto a quest’anno, sulla qualità del credito” e del diretto competitor Orcel (visto l’andamento del costo del denaro, anche futuro, “è importante avere un piano che permetta di fare meglio indipendentemente dall'andamento dei tassi”) danno ragione a Messina che continuerà ad avere il focus strategico sull’Italia, lavorando sulla forza della propria rete anche per la creazione di nuove professionalità fra i bancari da coniugare con i canali digitali. Un’impostazione che sembra affrontare solo azionando la leva dell’operatività lo stesso pericolo che il banchiere di Ca’ de Sass riconosce per tutte le banche continentali. Ovvero “il problema delle dimensioni degli istituti europei, il cui valore di Borsa aggregato non fa quello di Jp Morgan: da operatori che decidano di puntare su aggregazioni in Europa potrebbero quindi derivare elementi di minaccia strategica per il futuro”, ha ammesso Messina.
Sebbene i prossimi anni siano quelli per rivoluzionare la banca sia dal punto di vista digitale sia per rilanciare la leva commerciale, soprattutto in Italia, Orcel nel proprio intervento invece parla di “crescita” attraverso l’M&A non solo dentro i confini nazionali, ma anche “estera”. Certo, a fine piano, ma rispetto a Intesa, UniCredit pare più propensa a spingere sull’acceleratore sul risiko, proiettandosi sullo scacchiere del credito del Vecchio Continente.
(Segue...)