Economia

Intesa-Ubi, matrimonio forzato. Ecco perché fa bene all'Italia

di Simone Rosti

Ora occhi puntati sul Banco BPM. L'analisi

Appena conclusa l’OPS di Intesa su UBI che ha superato il 90% di adesioni, oltre tutte le soglie obiettivo, ho pensato ai matrimoni forzati nei quali una delle parti non è consenziente. In questo caso però, potrebbe trattarsi di un'operazione sacrosanta per il futuro, non solo dei due soggetti coinvolti ma per il paese intero. Penso anche che Intesa abbia avuto vita facile nel momento in cui il CDA di UBI ha cercato (forse un po’ disperatamente) di delineare un “eccesso di capitale distribuibile” di 840 milioni, quindi 330 milioni in più per gli azionisti rispetto a quanto indicato nel piano industriale al 2022 approvato lo scorso febbraio.

Nessuno mette in discussione la correttezza e la legittimità di evidenziare il potenziale dei dividendi futuri valorizzando - con le parole di Massiah (consigliere delegato di UBI) - i “tesori nascosti” della banca per convincere gli azionisti UBI a rigettare l’offerta di Intesa, però, complice anche il difficile contesto Covid, le cose sono andate diversamente. E così ha prevalso la cosiddetta realpolitik e gli azionisti UBI, grandi e piccoli, hanno conferito a mani basse ad Intesa le proprie azioni. Questa operazione ha due vincitori. Uno è Messina (AD Intesa), che ha sbaragliato il mercato puntando su un boccone, quello di UBI, a cui nessuno pensava, perché troppo grande, troppo prossimo. Invece Messina ha colpito nel segno puntando alle sinergie fra due campioni, mentre fino ad ora ci eravamo trovati di fronte ad aggregazioni dettate più dallo stato di necessità (salvando ad esempio banche fallimentari).

L’AD di Intesa ha capito invece che per giocare un ruolo primario in Italia e in Europa serve mettere insieme grandi risorse finanziarie, tecnologiche e di competenze (perché la banca di domani è un soggetto lontano anni luce da quello che abbiamo conosciuto negli anni scorsi). Il secondo vincitore è il sistema paese. Un colosso come Intesa-UBI fa bene all’Italia, perché un sistema bancario incentrato su campioni di stazza europea è un corroborante del motore di sviluppo di un paese. Se poi pensiamo al marasma scatenato dalla pandemia, da un lato c’è da fare i conti con danni immediati e pesanti, dall’altro però sarà necessario giocoforza accelerare i processi di innovazione e per farlo bisogna avere le spalle larghe e robuste. Questa operazione darà il via inevitabilmente ad altre iniziative, anche perché alcune situazioni devono essere risolte, a partire dal Monte dei Paschi da cui lo Stato azionista dovrà uscire.

Questo implicherà una riconfigurazione complessiva che potrebbe vedere coinvolto anche il Banco BPM; ci sono poi situazioni in fase di assestamento come quella di Carige e Popolare di Bari, la stessa Creval è in cerca di una identità.