Economia

Mps, la banca fondata quando Cristoforo Colombo non aveva ancora scoperto l'America

di Maddalena Camera

Mps, la banca fondata quando Cristoforo Colombo non aveva ancora scoperto l'America

Chi passa da piazza Salimbeni a Siena non può fare a meno di notare il magnifico palazzo dove ha sede la banca più antica del mondo, ancora in attività, fondata nel 1472, quando mancavano ancora 20 anni alla scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo. Ora la banca, fallita per colpa di un manager Giuseppe Mussari che, per sogni di grandeur e calcoli sbagliati, aveva comprato per 10 miliardi una banca, Antonveneta, ma poi salvata dallo Stato con robuste iniezioni di capitale (le perdite si dice siano state tra pubblico e privato i 20 e i 30 miliardi di euro)  vorrebbe acquisire la banca d'affari che è stata per anni il cuore pulsante del capitalismo italiano, Mediobanca.

La storia di Monte dei Paschi di Siena è, come si evince, lunga e complessa caratterizzata da intrecci con la politica e le amministrazioni comunali che si sono succedute a Siena. E infatti la sua costituzione nel lontano 1472 fu voluta dalla Repubblica di Siena per fornire assistenza finanziaria alla popolazione. Nel 1936 fu riconosciuta come istituto di credito di diritto pubblico e si dotò di un nuovo statuto che rimase in vigore fino al 1995. Nel dopoguerra, estese la sua presenza a livello nazionale e iniziò a insediarsi all’estero con uffici a New York, Londra, Francoforte e Singapore.

All’inizio degli anni ’90 si segnalò come prima banca italiana a diversificare la sua attività nella bancassicurazione, creando MontePaschi Vita. Nel frattempo si specializzò nel comparto dei fondi comuni di investimento attraverso Ducato Gestioni e rafforzò l’attività di credito con l’acquisizione di Mediocredito Toscano e Istituto Nazionale per il Credito Agrario. Nel 1995 a seguito del decreto del Ministero del Tesoro ci fu la creazione di due enti: Fondazione Monte dei Paschi di Siena e Banca Monte dei Paschi di Siena.  La Fondazione aveva uno scopo assistenziale e benefico mentre la Banca svolgeva attività creditizie, finanziarie e assicurative.  Nel 1999 arriva la quotazione in Borsa e di espansione territoriale. Dal 2002 cominciano le  operazioni spregiudicate  in derivati dai nomi esotici come Santorini e Alexandria. Prodotti finanziari altamente speculativi che, con la crisi del 2008, determinarono il tracollo delle azioni bancarie e delle obbligazioni di Paesi ad alto indebitamento come l’Italia.  A dare il colpo di grazia alle finanze di Mps  l’acquisizione da Banco Santander di Banca Antonveneta per 10,13 miliardi di euro. Una cifra spropositata per il valore della banca veneta. Le difficoltà finanziarie derivanti da una gestione sconsiderata dell’azienda comportarono l’ingresso dello Stato nel capitale di Mps.  

Ci fu anche un lungo iter giudiziario lungo 11 anni,  culminato con la condanna in primo grado di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni,  ex presidente ed ex direttore generale di Mps, per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, poi assolti in Appello e in Cassazione. Per cercare di coprire gli enormi buchi di bilancio l’istituto di credito senese attuò ben 6 aumenti di capitale per un totale di quasi 26 miliardi di euro. Alla fine di questo processo lo stato italiano controllava circa il 70% della banca senese.  Ma tramite una serie di collocamenti approfittando della crescita delle azioni Mps grazie all'aumento dei tassi di interesse da parte della Bce che ha spinto i ricavi di tutto il settore bancario, la quota del  Mef, ossia il ministero del Tesoro guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti, è oggi scesa all'11,2%.

Tra i soci che hanno acquisito dal Mef quote Mps Banco Bpm (che a lungo era stata vista come possibile compratore della banca senese) e Anima che, insieme, arrivano al 9%. Altri azionisti importanti sono la Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio con il 9,9%  e il gruppo guidato da Francesco Caltagirone con il 5%.  Mps è  tornata al dividendo dopo 13 anni e ora capitalizza circa 8,8 miliardi di euro contro i 12,7 miliardi di Mediobanca.  Una fusione cambierebbe comunque molti equilibri finanziari dato che Delfin e Caltagirone sono anche i principali azionisti di piazzetta Cuccia rispettivamente con il 19,8% e il 7,8% del capitale. Per contro la banca milanese è il principale azionista di Generali, con il 13%, che è impegnata nell'integrazione con Natixis, operazione avversata proprio da Delfin e Caltagirone che della società di assicurazioni possiedono rispettivamente il 9,9 e il 6,9 per cento e dunque potrebbero avere interesse a sostenere l'Opa di Mps per avere maggior peso nelle strategie del Leone di Trieste.  

 

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