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Mama Industry, la rivoluzione nella consulenza delle PMI: l’intervista al fondatore Marco Travaglini

di Sofia Gabbanini

Travaglini (Mama Industry): "Esistono micro-servizi e grandi società di consulenza, ma nessuno che stia 'in mezzo': Mama Industry vuole colmare questo gap"

Mama Industry, tra innovazione e consulenza per la trasformazione delle piccole e medie imprese italiane

Mama Industry - innovativa società di consulenza con sede a Roma, specializzata nel supporto alle piccole medie imprese nel loro percorso di crescita - nasce nel 2016 con l’obiettivo di rendere l’innovazione accessibile a tutti, anche (e soprattutto) a quegli imprenditori che fanno parte del cosiddetto "mercato OFF", privo di quel supporto solido e strutturato su cui possono invece contare le grandi imprese. Mama Industry, grazie a un team di professionisti e ad un approccio umano e personalizzato - chiave di volta per un metodo che, dati alla mano, funziona - accompagna le imprese in un percorso di graduale cambiamento, perseguendo l'obiettivo di trasformarle in realtà competitive e all’avanguardia.

Affaritaliani.it ha intervistato il suo fondatore, Marco Travaglini, che ha raccontato la visione e i motivi che lo hanno spinto a costituire una realtà, ad oggi consolidata ma che nasce come start-up, necessaria a colmare questo gap presente all'interno dell'ecosistema imprenditoriale italiano.

L'intervista di affaritaliani.it a Marco Travaglini, Fondatore di Mama Industry

 

Iniziamo dal principio. Vuoi raccontarci come nasce Mama Industry? Cosa mancava quando hai deciso di fondare questa realtà e cosa manca ancora oggi, secondo te, nel sistema imprenditoriale italiano?

Mama Industry nasce con la voglia di colmare un gap, che secondo me esiste ed è enorme, all'interno dell'ecosistema del terziario italiano. Esiste una grande offerta di micro-servizi sul territorio, e ci sono grandi società di consulenza, ma non c'è nessuno che stia in mezzo. Non c'è nessuno che possa seguire progetti di piccole imprese dalla A alla Z, con un percorso adatto. L'idea, principalmente, nasce dalla volontà di colmare questo buco, unitamente alla passione personale. Credo che oltre alla questione tecnica esista un discorso sociale molto forte: c'è necessità aiutare quelle persone che si mettono in gioco, che hanno merito e volontà, e che rappresentano la spina dorsale del nostro Paese. Parlo del piccolo imprenditore, che ha bisogno di un'offerta dedicata di affiancamento.

Entrando nella pratica, quali sono gli strumenti che offrite alle imprese che si affidano a Mama Industry? 

Possiamo dire che lo strumento sia uno solo. Noi offriamo un percorso di avvicinamento all'innovazione, di approccio, che si articola principalmente in tre o quattro fasi (dipende da quanto il cliente sia indietro e da quanto voglia andare avanti). Nella maggior parte dei casi, i piccoli imprenditori non hanno idee ma obiettivi. Hanno quindi bisogno di mettere su carta l'idea. La prima parte, quindi, è consulenziale, di business plan. La seconda cosa che li spaventa è che non hanno cassa per investire in progetti straordinari, rendendo necessaria una grande ricerca di fondi. C'è una seconda parte di opportunità, di finanza agevolata: le misure vanno messe insieme perché una cosa sola non basta a rendere efficiente il percorso. Infine, una terza parte consiste nello sperimentare insieme. La scelta che abbiamo fatto è di non fornire tutti i servizi di consulenza, ma di mettere clienti che abbiano bisogno a specchio di questo percorso.

Vogliamo raccontare la crescita di Mama Industry anche attraverso qualche numero?

Mama Industry è una società che ha finito il suo percorso legale di startup. Nasce nel 2016 con un solo dipendente. Per i primi due, tre anni, siamo stati anche noi una microimpresa. Poi, nel 2020, con la pandemia, Mama Industry ha affiancato gli imprenditori che avevano necessità di risalire. Da lì, abbiamo avuto un boom. L'anno del Covid siamo passati da 4 a quasi 20 dipendenti. Adesso, tra Mama Industry e il Gruppo che vi si affianca (una nuova startup innovativa che si occupa di brevetti, sia nostri che realizzati con clienti) contiamo una quarantina di dipendenti, più le collaborazioni. Noi vogliamo diventare un'industria, essere un riferimento in Italia per la tipologia di approccio all'innovazione per imprese che abbiamo chiamato off

Ci sono altri progetti che si affiancano alla realtà consolidata di Mama Industry. Parliamo di Consulente Paziente e del portale Il Raccomandato.

Abbiamo immaginato di studiare, innanzitutto, un consulente 'tipo' per gli imprenditori a cui noi ci rivolgiamo. Imprenditori che devono, appunto, ancora approcciare l'innovazione. Insieme all'Università di Verona e poi di Bologna, il Gran Sasso Science Institute di cui siamo partner, abbiamo creato un progetto di ricerca e abbiamo costituito questa community che abbiamo chiamato "Consulente Paziente". L'obiettivo è uniformare non solo la figura del consulente, ma anche il suo approccio iniziale. Noi promettiamo il "primo pezzo fatto bene", così da partire bene.

Sullo stesso impianto di "Consulente Paziente", vogliamo costruire diverse piattaforme che riescano a sfruttare l'opportunità e lanciarla verso il mondo imprenditoriale. Il primo progetto - sogno un po' personale mio e del mio socio - mira a dissacrare il mondo della consulenza. Il mondo del terziario italiano è infatti molto distante da questi imprenditori: non c'è un'offerta adeguata, ma troppo tecnica, fredda e costosa. Per questo, vogliamo lanciare "Il Raccomandato", dissacrante sin dal nome, portarlo ad essere una cosa seria con lo scopo di rompere il muro emotivo, economico e di effort rappresentato dal primo contatto verso il mondo dell'innovazione.

Quali sono le sfide principali in questo viaggio e quali ritieni che siano stati i tuoi più grandi successi?

La sfida più grande che spesso si deve affrontare è convincere le persone che ti sono a fianco a intraprendere un certo tipo di percorso con te: da soli si va veloci ma non si va lontano. Per andare lontano c'è bisogno di creare un gruppo. Io ho sicuramente faticato molto in questo, e ho sbagliato spesso, perché magari non c'era una visione condivisa. Il mio piccolo successo forse è stato proprio quello di aver poi trovato le persone giuste, a partire dal mio socio e dai miei collaboratori che credono nell'attività, che lavorano tantissimo e che speriamo si sentano premiate e che noi premieremo il più possibile. 

E il futuro?

Tra le sfide future c'è sicuramente quella di immaginare una crescita del progetto non solo da un punto di vista industriale, ma anche da un punto di vista culturale. Se volessi utilizzare una parola spesso abusata, anche da un punto di vista politico, ma non inteso come partitico: nel momento in cui si intraprende un certo tipo di percorso che ha aspetti di carattere socioeconomico, è necessario un discorso di "policy", dietro. Il sogno che ho nel cassetto è di far conoscere il mio progetto a tantissimi operatori di settore - dalle associazioni di categoria ai sindacati, alle medie imprese, agli imprenditori, ad amministrazioni locali e centrali - e quindi far capire che c'è tanto olio da poter mettere sugli ingranaggi per intersecarli e far girare bene la macchina del sistema produttivo italiano.