Opec, proroga ai tagli fino al 2018. Aumenta la benzina a Natale
Petrolio: l'Opec estende i tagli produttivi a fine 2018, per gli automobilisti italiani saranno dolori. Come investire sui mercati per limitare i danni
Quotazioni petrolifere che restano sui livelli della vigilia a Londra (dove il Brent del Mare del Nord è indicato a 63,50 dollari al barile) come a New York (dove il Wti texano oscilla attorno ai 57,25 dollari), nel giorno in cui l’Opec si è riunito per ratificare l’estensione fino a fine 2018 degli accordi che limitano la produzione petrolifera degli stati membri (limitazione a cui ha aderito anche la Russia che pure non fa parte dell’Opec), entrati in vigore a inizio anno per 6 mesi e poi prorogati di 9 mesi fino al marzo 2018. Non solo: secondo quanto ha annunciato il ministro del petrolio iraniano, Bijan Namdar Zanganeh, anche la Nigeria e la Libia, precedentemente escluse dai tagli alla produzione a causa della crisi in cui versano i due paesi, avrebbero accettato di fare la propria parte stabilizzando la loro produzione sui livelli attuali.
La Russia, inoltre, dopo qualche esitazione ha deciso di supportare l’accordo. Finora i tagli hanno funzionato, consentendo un primo recupero delle quotazioni (il Wti segna +15% rispetto a 12 mesi fa, il Brent +25% abbondante) che comunque restano a circa la metà dei livelli visti nel corso del 2013, quando il Wti arrivò oltre i 110 dollari al barile e il Brent sfiorò i 120 dollari. Per questo l’Opec parla un mercato che si sta muovendo nella giusta direzione ma non è ancora in equilibrio. Da notare che ai picchi di cinque anni or sono corrispondevano prezzi della benzina in Italia attorno a 1,75-1,80 euro al litro, mentre oggi ci troviamo attorno a 1,30 euro al litro nella migliore delle ipotesi, ma sono frequenti anche prezzi attorno a 1,50-1,55 euro al litro, come dire che i prezzi sono calati meno del 15% contro il 50% di gap che tuttora separa le quotazioni petrolifere correnti da quelle di 5 anni fa.
Ha giocato e gioca contro gli automobilisti italiani il peso sempre più rilevante delle tasse: su 1,546 euro al litro calcolato dal ministero per lo Sviluppo economico come prezzo medio in Italia al 27 novembre scorso, 1,007 euro erano dovuti alla componente fiscale (il 65% del totale), mentre solo 0,539 euro (il 35% del totale) era legato al prezzo industriale, a fronte di un costo della sola materia prima di 0,406 euro al litro (su cui oltre alle quotazioni del petrolio agisce l’andamento del cambio euro/dollaro).
Se dunque è facilmente prevedibile che eventuali ulteriori rialzi delle quotazioni petrolifere che dovessero seguire l’estensione degli accordi Opec o l’ulteriore calo delle scorte petrolifere mondiali (a fine ottobre a livello Ocse erano calate a solo 140 milioni di barili di petrolio sopra il livello medio degli ultimi 5 anni, in pratica dimezzando il surplus che si registrava 12 mesi prima) porteranno ad un rincaro dei prezzi della benzina che rischia di rovinare a molti le feste di fine anno, potrebbe valere la pena di scommettere su un rally dicembrino di titoli e strumenti del comparto petrolifero.
Tra i titoli rimasti indietro negli ultimi 12 mesi a Piazza Affari vi sono del resto proprio nomi come Eni (+9% scarso contro +36% dell’indice Ftse Mib), Saipem (-10%, nonostante la società si sia aggiudicata diverse nuove commesse, ultima in ordine di tempo quella da 400 milioni di dollari di valore da parte di Saudi Aramco annunciata oggi) e Tenaris (il peggiore, con un calo superiore al 14%). Oltre a puntare sui singoli titoli, si può poi ricorrere a prodotti indicizzati come gli Etc/Etp che riproducono l’andamento del Brent o del Wti con o senza ricorrere a leve finanziarie (che moltiplicano l’ampiezza delle variazioni di prezzo).
Se il petrolio continuerà a salire si può ad esempio andare “lunghi” col Boost Brent Oil 3x Leverage Daily Etp, che negli ultimi 6 mesi è già salito del 51,5% (portando a +43% il rialzo rispetto a 12 mesi or sono), ma da inizio anno presenta ancora una perdita del 9%. Altrimenti si può rapidamente invertire la scommessa andando “corti” col Boost Brent Oil 3x Short Daily Etp, che peraltro ha perso il 55,5% negli ultimi 3 mesi e il 70,8% negli ultimi 12 e pare dunque uno strumento da usare a protezione di una posizione più che come speculazione pura. Anche perché, se il governo non interverrà aumentando ulteriormente il prelievo fiscale sui carburanti, in caso di calo dei prezzi del petrolio e con un euro stabile contro dollaro si potrebbe già assistere a qualche riduzione del prezzo della benzina, che farebbe bene alle tasche di molti italiani.
Luca Spoldi