Economia
Papa Francesco: tutti cattolici, ma se c'è da sostenere la Chiesa spariscono. In crisi l'8 per mille
Il Tributarista Raffaello Lupi: “Lato scelta Irpef non ci crede più nessuno”. Il commercialista Arrighi: “La Chiesa parla solo agli anziani”



Chiesa, in crisi l'8 per mille
Papa Francesco, tra esposizione, funerali e Conclave l'Italia e il mondo riscoprono la cristianità e la Chiesa ma quando c'è da donare, gli italiani perdono la memoria. Non solo crisi delle vocazioni ma anche crollo delle donazioni: l'8 per mille, il contributo attraverso l'Irpef a sostegno della Chiesa, attraversa una “crisi nera”, partita dal 2004 e con un trend negativo che sembra non fermarsi mai.
Dal 2004 al 2024: aumenta l'Irpef degli italiani, si ferma l'8 per mille
La crisi delle donazioni alla Chiesta Cattolica e alle altre confessioni, dagli Avventisti sino all'Istituto Buddista Soka Gakkaiu, è nelle tabelle che indicano una discesa delle ripartizioni dei contributi dal gettito Irpef. Nel 2004 la cifra destinata alla Chiesa di Roma è stata di 1 miliardo scesa nel 2024 a 910 mln con un aumento però aumento della base imponibile: nel 2004 il PIl italiano era di circa 1.449 mld di euro, arrivato al 2024 a 2.192 miliardi. Ed è proprio nell'aumento delle entrate che la Chiesa di Roma ha avuto il crollo di introiti.
Ciò che non va alla Chiesa se lo tiene lo Stato
In contemporanea è aumentata la trattenuta da parte dello Stato che, dal 2004. Qui entra in gioco la mancanza della volontà del contribuente italiano che ha rinunciato a destinare l'8 per mille che lo Stato si è trattenuto. La conferma del “disinteresse” arriva dai dati del ministero delle Finanze che, a fronte di 41 mln di contribuenti, conferma che solo il 40,74 (pari a 16 mln e 774 mila persone fisiche). Gli effetti della mancata firma nella casella di destinazione dell'8 per mille, sono nel bilancio 2024 della Santa Sede. Idem per l'anno di imposta 2021 che verrà erogato quest'anno, con una discesa al 40,18.
Il tributarista Raffaello Lupi: "Non ce crede più nessuno"
Per il l'esperto tributarista, il professor Raffaello Lupi, la crisi è figlia del “Non ce crede più nessuno”, perciò “la mano pelosa dello Stato” si riprende quella parte di gettito che doveva essere indirizzata alle confessioni religiose. Il meccanismo dell'8 per mille è figlio del Concordato del 1985, quando Bettino Craxi si proclamava più religioso degli altri, perciò venne introdotto quel meccanismo che definisce la distribuzione della quota Irpef in percentuale proporzionale al numero di coloro che firmano. Chi lascia in bianco, lascia i soldi allo Stato”.
Alessandro Arrighi, commercialista: "990 milioni sembrano molti ma che in realtà sono sostanzialmente quelli che con cui la Chiesa paga le spese correnti"
Lato contribuente, a spiegare cosa è cambiato nel tempo è Alessandro Arrighi, milanese, economista d'azienda e commercialista: “Nel 2024, a fronte di un 8 per mille pari a 1 miliardi e 320 milioni, la Chiesa Cattolica ha avuto il 68,5%, pari a 990 milioni che sembrano molti ma che in realtà sono sostanzialmente quelli che con cui la Chiesa paga le spese correnti che vanno dai 5 mila dipendenti, sino alle ristrutturazioni delle chiese, alle spese per il Conclave.
Il problema grande è che La Chiesa Cattolica sta allontanando i giovani con i suoi temi e le sue celebrazioni ritualistiche che sono poco compatibili con lo scroll di TikTok. Dalle dichiarazioni dei redditi si evince che il marketing di San Pietro dà un messaggio per vecchi. E questo nonostante Papa Francesco abbia dato la chiara indicazione di ridurre al massimo a 8 minuti le prediche. Poi a messa si leggono per 20 minuti gli avvisi della parrocchia e il tempo liturgico torna quello di prima. Ecco perché poi non firmano l'8 per mille”.