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Economia

In pochi giorni, anzi in poche ore, si è scatenata una vera e propria tempesta sull'intenzione del Governo Renzi e del Ministro del Lavoro Poletti di rivedere drasticamente e in peggio le attuali regole sul diritto dei familiari più stretti ad ottenere - anzi, per essere più precisi, a mantenere - le pensioni di reversibilità in caso di decesso di un lavoratore, sia già pensionato sia ancora in attività.
Il problema riguarda al momento, tra Inps ex Inpdap e enti previdenziali minori, più di 3 milioni di persone, nella stragrande maggioranza donne e minori, per una spesa complessiva annua di poco più di 24 miliardi e un importo medio mensile di 650 euro.
Il pericolo sia di una drastica riduzione degli importi, sia di una limitazione delle attuali categorie di beneficiari (coniuge e figli se studenti o invalidi e, ma con maggiori limitazioni, fratelli, sorelle e genitori del defunto) è sorto dopo l'approvazione nel Consiglio dei Ministri del 28 gennaio u.s. di uno schema di disegno di legge con il quale si attribuiva al Governo la delega (l'ennesima!) a rivedere e modificare entro 6 mesi, con uno o più decreti legislativi, l'attuale sistema di concessione delle varie prestazioni di natura sociale ed assistenziale al fine di introdurre nuove e più razionali "misure di contrasto alla povertà".
Nei primi giorni successivi all'approvazione di questo disegno di legge si era cominciato a parlare della possibilità che la nuova delega potesse riguardare anche le pensioni di reversibilità, tanto più che il disegno di legge sulle unioni civili sembrava voler estendere il diritto ad ottenere queste pensioni ai conviventi "more uxorio", sia etero che omosessuali.
La vera bomba è però scoppiata leggendo la relazione che ha accompagnato il disegno di legge delega al momento della sua formale presentazione al Parlamento.
Cerchiamo dunque di capire perché.
Il disegno di legge - che si compone di un solo articolo suddiviso in 9 commi - si intitola: "delega al Governo per il contrasto alla povertà, il riordino delle prestazioni e il sistema degli interventi e dei servizi sociali".
Tutti d'accordo sullo scopo iniziale dell'articolo: "al fine di ampliare le protezioni fornite dal sistema delle politiche sociali per renderlo più adeguato ai bisogni emergenti e più equo e omogeneo nell'accesso alle prestazioni". Ma, come già avvenuto per le riforme Dini, Monti e Fornero, questa iniziale ed apparente estensione di diritti già in essere e ormai acquisiti da anni fa un immediato dietrofront in quanto viene disposta - al fine di introdurre misure di contrasto alla povertà - "la razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, inclusi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all'estero… fatta eccezione per le prestazioni" di invalidità civile.
A parte l'accenno al possibile riesame delle pensioni in pagamento agli italiani che prendono la residenza all'estero per pagare tasse meno alte - un problema, questo, su cui per primo si è soffermato il Presidente dell'Inps, Tito Boeri - la frase "prestazioni sottoposte alla prova dei mezzi" vuole semplicemente dire che, dall'entrata in vigore dei provvedimenti-delega, la concessione di tutte queste prestazioni verrà condizionata non più al reddito individuale dei beneficiari ma anche al loro reddito familiare e al loro patrimonio. In altre parole si dovranno applicare le varie regole dell'Isee già oggi esistenti.
La controprova - anzi la certezza del pericolo - l'ha data la lettura della relazione illustrativa del disegno di legge che, nell'elenco delle varie prestazioni modificabili, comprende espressamente - in aggiunta all'integrazione delle pensioni al minimo, all'assegno sociale, all'assegno al nucleo familiare e alle altre maggiorazioni sociali - i trattamenti (e cioè le pensioni) ai superstiti.
Tutti calmi, però, come ha assicurato il Ministro del Lavoro Poletti: il nuovo e più restrittivo criterio si applicherà soltanto alle prestazioni la cui domanda verrà presentata dopo l'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della legge delega di cui stiamo parlando e di cui tutti (partiti, sindacati, esperti del settore, attuali e futuri beneficiari) si sono immediatamente preoccupati.
A dir poco, sembra davvero una nuova presa in giro e un nuovo drastico taglio al tenore di vita dei tanti che le troppe tasse e la crisi economica hanno ormai avvicinato alla soglia di povertà vera e propria.
Ed è una presa in giro l'assicurazione del Ministro Poletti che la delega non riguarderà le pensioni già in pagamento: l'eventuale taglio anche di queste sarebbe stata infatti una grave ed illegittima lesione dei diritti patrimoniali ormai definitivamente acquisiti.
Resta il fatto, molto grave, che l'espressa esclusione delle pensioni già in pagamento non c'era nel testo inizialmente approvato in Consiglio dei Ministri, ma è stata aggiunta dopo.
Ma sono giusti questi tagli e le norme attuali forse sono troppo generose? Assolutamente no, basta scorrere le regole e i tagli che già esistono.
La pensione di reversibilità pagabile al coniuge è già oggi soltanto il 60% di quella spettante al lavoratore o al pensionato deceduto; se superstiti sono il coniuge e un figlio la nuova pensione è dell'80% della misura spettante o che sarebbe spettata al diretto interessato; se superstite è un figlio solo gli spetta il 70%, se due l'80%; a ciascun genitore, se era già a carico, spetta soltanto il 15%, come anche a un fratello o a una sorella inabile.
Molti dicono: bisogna escludere o ridurre il diritto alla pensione delle badanti giovani che sposano un vecchio, per di più rimbambito e circuito: anche qui c'è dal 1° gennaio 2012 una norma riduttiva. Se alla data del matrimonio il pensionato aveva più di 70 anni e una differenza di età di più di 20 anni rispetto al coniuge superstite, la pensione di reversibilità da pagare non è del 60% ma è ridotta di un ulteriore 10% per ciascun anno di durata del matrimonio mancante a 10.
E non basta quanto a riduzioni già in vigore.
Per determinare l'importo della nuova pensione da mettere in pagamento si deve già tener conto infatti del reddito del familiare superstite: se questo reddito supera di 3 volte la pensione minima, la pensione viene ridotta del 25%; se il reddito supera 4 volte il minimo, la riduzione è del 40%; se supera 5 volte il minimo, la riduzione è del 50%.
Misure di contenimento degli importi delle pensioni spettanti ai familiari dunque già esistono e sono tutt'altro che irrilevanti.
Oltre tutto le pensioni di reversibilità non sono prestazioni di natura assistenziale, ma hanno da sempre natura previdenziale, costituiscono cioè un diritto acquisito da ciascun lavoratore e dai suoi familiari più stretti con il versamento, nell'arco di un'intera vita lavorativa, dei contributi previdenziali. E questo discorso vale sia per i lavoratori dipendenti, sia per quelli autonomi.
A tutti questi discorsi di natura tecnico-giuridica e di equità e rispetto delle persone anziane e/o bisognose, c'è da sottolineare e da stigmatizzare come un'ulteriore riduzione delle pensioni ai superstiti finirebbe con il danneggiare principalmente, oltre ai minori, agli invalidi e agli inabili, le donne, quasi sempre ormai anziane e che a suo tempo hanno rinunciato a lavorare, totalmente o parzialmente, nell'interesse della famiglia e dei figli e che una drastica riduzione di queste pensioni - che sono comunque, a mio avviso, un vero e proprio diritto - rischierebbe di gettare molto spesso in uno stato di vero e proprio bisogno.
Oltre ai profili di illegittimità anche costituzionale che queste norme restrittive potrebbero avere, io credo che l'attuale Governo e i partiti e i pezzi di partiti che lo sostengono rimanderanno il tutto a dopo le ormai prossime elezioni amministrative e forse addirittura a dopo le prossime politiche, specie se dovessero essere anticipate, a meno che in un raptus di incoscienza e di masochismo non vogliano davvero perdere un numero molto alto di voti.


 

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