Economia

Pensioni, un pasticcio che nasce da lontano. Ma Italia meglio di Germania e Francia

Il meccanismo ha dunque funzionato fin troppo bene per difendere gli interessi dei pensionati italiani e fortunatamente è intervenuta la Riforma Dini (e poi la Riforma Fornero) per traghettare il sistema da un ormai insostenibile (con questo quadro demografico e macroeconomico) sistema retributivo al sistema contributivo. Viste le dichiarazioni del ministro Poletti che auspica una riforma della riforme (Fornero) per consentire una maggiore flessibilità in uscita dei pensionandi purché ciò possa avvenire in maniera “economicamente sostenibile” (il che suona più o meno come: compensando la spesa con nuove entrate fiscali) il rischio che a pagare le “incertezze di diritto” siano i contribuenti italiani è elavata, ma all’estero come sono messi? In Germania la previdenza si articola su cinque “pilastri”: assistenza sociale, invalidità, pensioni propriamente dette, disoccupazione e infortuni sul lavoro.

Le imprese pagano le assicurazioni per gli infortuni sul lavoro, per il resto i contributi sono divisi equamente tra impresa e lavoratore (come in Italia) ma ancora si calcolano in percentuale sullo stipendio lordo arrivando al 40% complessivo dello stipendio lordo (i contributi versati dai lavoratori vengono dedotti direttamente dal salario). Il sistema è dunque “ante riforma Dini” e appare sostenibile solo e finché la popolazione (che ha già smesso di crescere) e l’economia non rallenteranno. In Francia le pensioni sono ugualmente calcolate in base a un sistema retributivo, sulla base della retribuzione media annua di ciascun lavoratore (dal 2008, per tutti gli assicurati nati dopo il 1947, la retribuzione media annua è calcolata sulla base dei 25 anni migliori), con un’anzianità assicurativa tra i 62 e i 67 anni per gli assicurati nati dopo il primo gennaio 1955 che garantisce un’aliquota di liquidazione della pensione piena.

Anche in questo caso i pensionati francesi possono sorridere rispetto ai loro colleghi italiani, i lavoratori meno e in un futuro non troppo lontano è prevedibile si dovrà mettere mano ad una riforma. Nel bene e nel male, il sistema italiano appare dunque in sostanziale equilibro proprio grazie a quelle riforme che qualcuno giudica troppo severe e vorrebbe smantellare, anche a colpi di ricorsi in tribunale. Forse sarebbe il caso di pensarci prima, per non piangere dopo.

Luca Spoldi