Economia
Ripartenza post-Covid Made in Italy e Usa: Transatlantic Investement Committee
Intervista ad Andrea Gumina, Presidente di Amerigo e fondatore del Transatlantic Investement Commitee
Roma ha appena ospitato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e, soprattutto, il G20. Tra accordi sul clima e vaccini, uno dei temi centrali approfonditi nella capitale è inevitabilmente la ripartenza post covid che mai come in questi anni è e sarà figlia per l’Italia di una stretta collaborazione con l’Europa e con altri Paesi strategici.
Nell’ambito di una settimana decisiva per il rilancio nel nostro Paese non è stato casuale e non è passato inosservato sia agli osservatori internazionali che alla stampa specializzata la nascita e la partenza di un nuovo soggetto che potrà aiutare significativamente la ripartenza economica italiana attraverso una strettissima relazione con gli USA.
E’ il Transatlantic Investement Committee fondato in particolare da Amerigo, da AMCham e da FederManager e presentato a Roma al Centro Studi Americani il 28 ottobre alla presenza, tra i tanti, del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dell’Ambasciatrice Italiana negli Stati Uniti Mariangela Zappia e del rappresentante dell’Ambasciata USA in Italia Thomas Smitham.
Ne parliamo direttamente con uno dei Fondatori, Andrea Gumina, Senior Policy Advisor al Ministero degli Esteri (e prima al Ministero dello Sviluppo Economico in diversi governi) e Presidente di Amerigo.
Presidente Gumina ci spiega esattamente come nasce il Transatlantic Investement Committee?
E’ il frutto di una gestazione durata quasi un anno, si posiziona in un contesto globale in profonda evoluzione, che caratterizzerà assai probabilmente questi anni Venti del secolo, non a caso definiti dai più come un “decennio-cerniera”. Da un lato, siamo già davanti ad alcuni profondi cambi di paradigma – nel campo delle tecnologie e delle trasformazioni socio-economiche, che impattano sul lavoro, la salute e in parte sul concetto stesso di “umanità”.
In particolare, come hanno discusso sia negli incontri bilaterali tra il Presidente Biden e il Presidente Draghi e in quelli del G20, la grande sfida che ci si pone davanti è quella intertemporale, cioè come garantire che il benessere che progressivamente si è esteso in gran parte del globo, conviva con il concetto di sostenibilità – o forse di “sopravvivenza della specie”.
Parallelamente, assistiamo ad un complesso riposizionamento geopolitico, che proietta le sue ombre anzitutto sull’accezione di multilateralismo, così come è stata intesa negli ultimi venti anni. Già da tempo, contesti come il G20, ma in parte anche il G7, mostrano i loro attuali limiti; mentre è tutta ancora in salita la strada per rendere efficace il lavoro di organismi come il WTO. In questo scenario e con questi obiettivi nasce dopo un anno di lavoro il Transatlantic Investement Committee.
Cosa farà allora il TIC?
Il TIC parte in parallelo all’US-EU Trade and Technology Council, che lavora a valorizzare la collaborazione in ambito commerciale e sulle innovazioni di due aree del mondo che hanno in comune numerosi valori e punti di riferimento e solidi numeri alle spalle.
Il Comitato al quale abbiamo dato vita con Amerigo, con FederManager e con AMCham, nasce per alimentare un dibattito pragmatico tra Italia e Stati Uniti su questi argomenti, con l’obiettivo di trovare, condividere e spingere ad applicare soluzioni e strumenti che incrementino la capacità dei nostri due Paesi di rispondere, insieme, alle sfide di questo nuovo scenario, favorendo e supportando i rapporti commerciali e di investimento tra Italia e Stati Uniti. Partendo dai numeri che ci dà AMCham e che vedono a settembre 2021 2400 imprese italiane attive in USA che creano più di 250.000 posti di lavoro e un fatturato di circa 129 miliardi di euro.
Come lavorerà il TIC?
Il TIC è una piattaforma, che parte dal contributo dei fondatori ma è aperta a altre realtà che vogliano condividere questo percorso. Al suo interno, la riflessione, e l’azione, su misure sistemiche e dalla valenza transatlantica, saranno orientati a generare il rafforzamento dei rapporti commerciali e di investimento tra Italia e Stati Uniti, come “medium” per ottenere, insieme, un migliore posizionamento globale dei nostri sistemi produttivi e della ricerca.
Un programma, quindi, che mira strumentalmente ad accelerare i processi di interazione tra i nostri Paesi, per elevare strategicamente la capacità di competere, insieme, in un mondo sempre più liquido. Massimizzare il potenziale congiunto delle corporate e dei centri di eccellenza americani e italiani, nel più ampio contesto delle transizioni sociali e geopolitiche in atto, è l’obiettivo principale del TIC.
Come si relazionerà il TIC con il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza?
Sia il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza in Italia che il Piano per le Infrastrutture che il Congresso americano sta discutendo in questi giorni, possono rappresentare, nel concreto, dei potenti acceleratori di una strategia finalizzata a rendere la collaborazione tra imprese, ricercatori e investitori italiani e americani, la base sulla quale costruire il posizionamento competitivo dei nostri Paesi per il prossimo decennio.
Quali saranno i prossimi passi operativi del TIC?
Nei prossimi dodici mesi metteremo in campo le migliori risorse di cui disponiamo: le persone che, da un capo e dall’altro dell’Oceano, si riconoscono nella rete di competenze e di valori che ispirano i fondatori, ed altri che si dovessero avvicinare al programma. Le linee sulle quali il TIC si muoverà sono numerose. Lavoreremo anzitutto ad un Rapporto, che da qui a dodici mesi, individui, attraverso il coinvolgimento di personalità del mondo politico, della finanza, dei think tank e delle corporate in Italia e Stati Uniti, su quali scenari sia più opportuno concentrare il nostro lavoro e quali strumenti risultino più adatti a favorire un maggiore interscambio e più investimenti bilaterali, come chiave per accrescere la nostra competitività congiunta.
Punteremo poi ad accrescere la reciproca conoscenza delle opportunità su cui i nostri sistemi produttivi e della ricerca possano co-investire insieme nei prossimi anni: con questo obiettivo, immaginiamo di realizzare un roadshow in un selezionato numero di regioni italiane, ed alcune missioni ad hoc tra Stati Uniti e Italia.
Infine, ci concentreremo sull’empowerment delle persone – manager e imprenditori anzitutto – e sulla costruzione di una adeguata consapevolezza nel mondo delle istituzioni e della finanza, perché qualsiasi progetto sfidante si basa anzitutto sulla capacità di donne e uomini di comprenderne le potenzialità e perseguirne la realizzazione.
Prossime tappe istituzionali di lancio del TIC, infine, Europa e direttamente USA, Gumina? Un’occasione storica a portata di mano?
Già. Entro inizio 2022 saremo a Bruxelles a presentare il Transatlantic Investement Committee ed entro inizio autunno 2022, su invito dell’Ambasciatrice Zappia condivideremo il primo rapporto TIC a Washington. Da una grande crisi nasce una grande opportunità che neanche nel secondo dopoguerra aveva questa forma di collaborazione. A noi la responsabilità di metterla al servizio del rilancio del nostro grande Paese.