Economia

Banche italiane, Rossi: "La crisi? Berlino non permise il salvataggio"

Nella sua prima intervista rilasciata da quando è uscito da Banca d'Italia, l'ex dg di Via Nazionale ripercorre i momenti in cui è nata la direttiva del bail-in

“L’Europa che osserviamo oggi non è certo quella delle origini. L’Unione bancaria, non è nata anche per un ideale, come è stato per l’unione dei mercati o della moneta, ma solo per rispondere ai rischi di un possibile circolo vizioso: la preoccupazione che i debiti sovrani in pancia alle banche provocassero anche una crisi bancaria e aggravassero i problemi dei sovrani. La risposta avrebbe dovuto essere che se una banca fosse entrata in difficoltà il sistema europeo l’avrebbe salvata quasi subito, per evitare il diffondersi di crisi; poi – per i motivi che ho detto – le cose sono andate in un altro modo; si è deciso che una banca in crisi andava salvata dai suoi soci, obbligazionisti e depositanti”. 

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Salvatore Rossi, ex direttore generale della Banca d’Italia, membro del Direttorio che la guida e presidente dell’Ivass, che vigila sulle assicurazioni, ripercorre, nella sua prima intervista rilasciata (a Repubblica) da quando ha deciso di rendersi indisponibile a un nuovo mandato in Via Nazionale, le tappe di quei momenti del 2013 e del 2014 in cui a Francoforte e a Bruxelles si decisero i destini di Montepaschi, Popolare Vicenza e Veneto Banca, Etruria e di altre banche del Centro Italia, crisi che hanno caratterizzato gli ultimi sei anni dell’organo direttivo della Banca d’Italia. 

“Quando nel 2013-14 era in discussione la direttiva Brrd sulla risoluzione delle crisi bancarie - spiega Rossi a Repubblica - Banca d’Italia e il ministero dell’Economia ci provarono (a ottenere che in Europa si facessero norme più adatte, ndr): presentammo assieme un documento tecnico in cui si sosteneva che il cosiddetto “bail-in”, ossia il salvataggio delle banche con i soldi di chi ce li aveva messi, a partire dagli azionisti, e non il “bail-out”, che si faceva invece con i soldi pubblici, non poteva essere retroattivo e che ci sarebbe voluto un periodo di transizione perché tutti si abituassero alle nuove regole”.

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Ma, aggiunge Rossi, “non potevamo contrastare una tendenza che si affermava in tutta l’Europa a guida tedesca. Era anche scoppiata la crisi dei debiti sovrani che aumentava i sospetti tra Paesi del Nord e del Sud Europa”. Una situazione in cui la Germania ma anche il Regno Unito e altri avevano già salvato le proprie banche con soldi pubblici. “Tanto che si potrebbe attribuire alla Germania - dice sempre l’ex direttore generale di Palazzo Koch - questo pensiero: “Noi abbiamo salvato le nostre banche, adesso non diamo il permesso agli altri di salvare le loro”. Anche per il clima di sfiducia che si era creato”.

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E sulla Vigilanza in questi anni dice: “Di fronte a questi casi (Mps, banche venete, four banks, ndr) Banca d’Italia ha vigilato al meglio delle sue possibilità. Non avrebbe potuto fare altro con le norme che aveva a disposizione. Il dibattito allora si può spostare sulla giustezza di quelle norme, ma quel che è certo è che il Direttorio ha agito sempre in buona fede e nel rispetto delle leggi”.