Srm: In Italia l'economia illegale vale 320 miliardi di euro, il 19,5% del Pil
Rafforzare le attività di prevenzione, di funzionamento della giustizia e maggiori investimenti nelle scuole alla cultura della legalità. Questa la ricetta.
L’economia illegale frena la crescita del Paese. Nonostante nella classifica del Rule of Law Index, l’indicatore internazionale dalla World Bank, l'Italia guadagni quattro posizioni, passando dal 35° al 31° posto su 113 paesi per il 2017-2018, molto resta ancora da fare. Lo rileva Srm, il Centro studi e ricerche sul Mezzogiorno legato ad Intesa Sanpaolo, che oggi presenta uno studio sull’economia illegale e che Affaritaliani è in grado di anticipare. Secondo l’organismo napoletano, il valore dell’economia non tracciata e sommersa in Italia resta ancora alto e raggiunge secondo stime il 19,5% del Pil, una cifra superiore ai 320 miliardi di euro. Nel Mezzogiorno tale valore raggiunge il 24,8% del Pil. A questo dato si aggiunge l’economia criminale ed illegale che in Italia si stima pari al 3,4% del Pil, pari a circa 56 miliardi di euro. Nel Mezzogiorno tale peso sale addirittura al 5% del Pil. Pertanto il valore complessivo della “non observed economy” (ossia le attività non tracciate, sommerse ed illegali) risulta pari nel nostro Paese a circa il 22,9% del Pil dato che sale al 29,8% nel Mezzogiorno. Se la componente dell’economia “legale” e “trasparente” in Italia si posizionasse ai livelli medi dei Paesi dell’area euro, sarebbe possibile recuperare il 2% del Pil: circa 30 miliardi di euro, e si genererebbero maggiori investimenti dall’estero tra gli 11 ed i 14 miliardi annui. Nel Mezzogiorno migliorare i livelli di legalità e la contestuale riduzione del peso dell’economia sommersa, permetterebbe di recuperare circa 10 miliardi di euro pari al 3% del Pil locale. Perno centrale per una più elevata diffusione del livello di legalità sul territorio è certamente il funzionamento della giustizia. Recenti stime evidenziano come una maggiore efficienza della giustizia avrebbe l’effetto di favorire un incremento del numero di imprese con effetti sulla loro dimensione e sui posti di lavoro creati. Impatti positivi ci sarebbero anche sul credito, sui tassi di interesse e sugli NPL. Si stima infatti che un solo anno di riduzione dei tempi di recupero crediti porterebbe ad una riduzione di circa 20 miliardi di euro dello stock di sofferenze nel triennio successivo e un aumento del valore medio degli NPL. Afferma Paolo Scudieri, presidente Srm (nella foto): “Il vero imprenditore vuole operare nella legalità, perché solo in questo contesto c’è trasparenza e vera concorrenza. Il rispetto della legge e la certezza del diritto sono dunque valori economici che favoriscono la crescita e la forza produttiva di un territorio. Questo vale al Sud come al Nord”. D’accordo sulla cultura della legalità Massimo Deandreis, direttore generale di Srm: “Gli indicatori sul peso dell’economia “nera” in Italia e nel Mezzogiorno mostrano un trend in miglioramento grazie certamente al lavoro di forze dell’ordine e magistratura. Ma non basta, siamo ancora tra gli ultimi a livello europeo. Proprio per sottolineare il tanto che resta da fare, quest’anno il nostro lavoro si è concentrato su un punto: dimostrare come la legalità generi valore economico per le imprese, per le banche e per la collettività”.
Come agire per favorire comportamenti virtuosi? Quali sono gli elementi che possono sostenere la legalità? Da un lato, sostiene Srm, occorre aumentare il grado di correlazione e di percezione del rapporto tra miglioramento dell’efficienza della giustizia e funzionamento del sistema economico e finanziario, incidendo sia sull’attività di prevenzione e controllo sia sulla certezza del diritto e della pena e sulle relative e tempistiche. Dall’altro è necessario incrementare l’investimento nella formazione alla legalità a partire dalle scuole e dai vari operatori socio economici: tutti devono essere responsabilizzati del successo/insuccesso nella diffusione di comportamenti virtuosi.