Economia
Stipendi bassi, degrado e cittadini radical chic: Milano è un lusso per pochi
La città sta diventando meno inclusiva e più pericolosa
Una notte confusa e continua che qualcuno si ostina a chiamare Milano. Commento
Partiamo da quello che siamo stati e dal perché questa città, Milano, ha scarsa memoria. Perchè vive in un permanente stato di alterazione dovuto alla velocità, alla ricchezza e all’apparente progresso sociale e culturale che è diventata metonimia, anzi metafora di quello che sarebbe potuto essere il paese e non è mai stato. La città ha subito trasformazioni spaventose conseguenti a immense speculazioni territoriali ed edilizie, senza curarsi dell’aspettare gli altri. Quelli che in quattromila ogni giorno fanno la coda all’Opera San Francesco, adiacente alla luminescente vetrina del campus della Bocconi, dove giocano alla finanza i rampolli dell’”Italietta Bene”.
Certo “i sciuri” c’erano anche ai tempi di “Miracolo a Milano”, ma la grande e misconosciuta stagione dei sindaci socialisti- da Greppi ad Aniasi e Tognoli dell’era pre-tangentopoli- aveva da sempre cercato di creare un welfare unico in Italia e probabilmente nel mondo: abitare a Milano diventava essere milanese, abitare in case che non erano certo i tuguri a 5000 euro al metro di oggi. “Il Circo Milano” ha piantato le tende da molto tempo e tutti hanno pensato stupidamente di farne parte perché i daneé sarebbero arrivati pochi ma a tutti.
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Ovviamente non era così. Basta avere il coraggio di passeggiare nelle vaste aree degradate che non sono state ancora trasformate in “luxury design apartments” e basta dire NOLO (a nord di Loreto) per cambiare la forma ma non la sostanza delle cose. Ma un’amministrazione immobiliare è felice di aver cambiato i connotati a vecchi catorci architettonici, ma solo per decuplicarne la rendita. Così sono felici (immobiliaristi squali) e amministrazione (per gli oneri sempre maggiori da pagare).
Milano ha sempre “il respiro di un polmone solo” (Dalla), da molti anni ma solo adesso si è ritrovata, senza alloggi per migliaia di studenti che non possono permettersi alcunchè- pur avendone i titoli- e una classe media, formata da centinaia di migliaia di dropout che rasentano l’inguardabile soglia di povertà e saranno esclusi da questo processo di beatificazione per veri ricchi, per veri belli e per veri giovani. Gli altri, quelli sempre lucidi, sempre dediti a sport non solo leciti (si veda il consumo di sostanze per abitante, e di psicofarmaci, tra i più alti d’Europa). Ma la festa deve andare avanti, lo spettacolo continua anche se gli spettatori intontiti dei troppi drink sono sempre più esigui.
Stare a Milano diventerà un lusso per pochi, come è già accaduto per Londra o altre capitali, ma qui probabilmente non ce lo aspettavamo. Olimpiadi ed expo servono a gonfiare le casse dei tanti Paperone, che vivono con sofferenza la vicinanza coi “giargiana” e con “gli sfigati”. La violenza è sotto traccia ma la tensione è percepita e percepibile, ma nulla a che vedere con le scorribande delle bande dei siciliani e dei marsigliesi, dei film polizziotteschi, perché oggi, giustamente non si spara: si fattura.
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Il denaro copre ogni magagna, ogni possibilità di critica. Il Sindaco Top Manager abbozza perché per lui le multe, di cui siamo primatisti, rappresentano un cespite, anche se la mobilità da psicopatici e la predilezione per le due ruote (non a motore, al massimo con pedalata assistita) ne fa- come giustamente hanno affermato i cattivoni sguaiati e poveri dell’opposizione- un vero cittadino ZTL, dunque un vero milanese.
Merce rara ma oggi infoltita da fortune istantanee e figure che assurgono agli onori della cronaca senza sapere da dove siano arrivati. La cultura fa numeri importanti, grazie a un turismo in enorme espansione, ma alcuni musei inspiegabilmente riducono organici e orari e poi a cosa serve acculturarsi se già si pensa di essere perfetti, ma poi sono appunto gli invisibili che odiano quelli che hanno avuto successo: quella gente che sta bene. I marziani nostalgici della mia età ricordano la Scala di Paolo Grassi e Strehler, le giunte di centro-sinistra come laboratorio politico, i quartieri di edilizia sociale famosi in tutto il mondo, il QT8 su tutti, mezzi pubblici funzionanti e poche linee della metropolitana eccellenti, case editrici e musicali, ma la città non è cresciuta numericamente, è cresciuta verticalmente e si è inabissata socialmente.
Un tranviere assunto non può vivere con lo stipendio dell’ATM, come un insegnante, un ricercatore, figuriamoci gli altri. Anche se la città è tante cose e assume nomi diversi: Sesto, Cinisello, Arese, ovviamente, ma Milano ha smesso di crescere e vuole diventare un cristallo prezioso senza cuore, ma soprattutto senz’anima. Una città-museo, con la somma delusione dei tanti mecenati e filantropi che ne hanno costruito l’immagine moderna.
Imprenditoria compresa, ormai diventata di difficile valutazione, tanto ingarbugliate sembrano le nuove e nuovissime compagini societarie, quando va bene grigine, come le grisaglie assortite di milioni manager che corrono senza sosta tra club sandwich e centrifughe, nei quattordici minuti di pausa pranzo. Eppure questa città continua ad attrarre, anche se un recente sondaggio rivela che non piace più come un tempo, e forse è arrivato il momento di trasferirsi, se possibile in Brianza, anche se la sfida di resistere è grande, ma la tendenza è quella di andare, ovunque vicino o lontano, ma andare.
Sarà per la maleducazione di camerieri e commesse, per l’arroganza dei tassisti, per il costo orario dell’idraulico, per lo spritz annacquato e le prenotazioni nei bar cosiddetti alla moda. E poi tutto sembra faticoso, complesso, costoso oltre misura, un immenso Billionaire che vuole un pubblico di Billionaire, con rispetto parlando: Milano Due da quartiere si trasforma in Milano Uno, con buona pace della Buonanima.
Un immenso cantiere (guardatevi come dicevo, gli oneri di urbanizzazione che incassa il Comune) che ha cementificato ogni centimetroquadro e che esplode al primo temporale, o a causa dei ciclisti stirati nel traffico, perché il sindaco non ha ancora capito che questa è una città piccola 180KMQ (invece dei 1650KMQ di Roma)e le ciclabili sono solo “retorica viabilistica”, ma nell’aria irrespirabile si va avanti a testa bassa, senza mia voltarsi indietro, che è meglio.
Non è colpa del solo Sindaco, ovviamente le con-cause sono molte, ma la gestione manageriale del luogo sociale per eccellenza ha fatto del suo meglio per smantellare, insieme a governi magari invidiosi, ogni barlume di welfare. E ha costretto i milanesi abbienti (e non) a rivolgersi al privato per le visite, ma questo viene celato dalla capacità tutta milanese di dire che va sempre tutto meravigliosamente bene.
Dunque la visione della città non è come dicono alcuni Gotham City, ma gli assomiglia, e non solo per la spregiudicatezza e la gestione verticistica della ricchezza, ma per la cattiveria che alligna nelle pieghe e sottotraccia, di una cittadinanza abbrutita e insensibile, fredda e infastidita dalle tensioni materiali, e “l’amministrazione del Circo per Ricchi” ha fatto di tutto per far sentire gran parte dei milanesi: inadeguati. Chi ha vinto se la gode sempre col drink in mano e con le auto elettriche per miliardari green. Mancava come ciliegina la fuga da San Siro, comitati, comitatini e l’ineffabile Sgarbi hanno fatto fuggire in periferie estreme, Inter e Milan, che realizzeranno stadi in luoghi improbabili e senza storia. E anche questo, come tutto il resto, si perde nella notte confusa e infinita che, qualcuno si ostina con pervicacia a chiamare Milano.