Economia
Stipendi infermieri, Nursing Up: "Politici incompetenti, serve molto di più"
Bassi stipendi, turni massacranti ed eccellenze che scappano all'estero. L'intervista ad Antonio De Palma, numero uno del sindacato Nursing Up
Stipendi infermieri, De Palma (Nursing Up): "Così i nostri professionisti scapperanno all'estero. La politica si dimostra incompetente, ora agisca"
Non solo primule e giacinti, con la primavera rifioriscono anche i contratti del personale sanitario. Con il debutto della nuova stagione, a sedersi al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale sarà il comparto composto da infermieri, tecnici di laboratorio e impiegati amministrativi.
Il rinnovo riguarderà quasi 600 mila dipendenti, di cui oltre la metà facente parte del solo personale infermieristico. E secondo le primissime stime dell’Aran, l’Agenzia che siede al tavolo delle negoziazionis con il governo, l’aumento per gli infermieri dovrebbe aggirarsi su una media di 156 euro. Ma a non appagare la categoria non è tanto la cifra. Bensì il fatto che si tratti solo di una media. A spiegarlo è Antonio De Palma - Presidente del sindacato degli infermieri italiani Nursing Up - che, interpellato da Affaritaliani.it, si mostra tutt’altro che soddisfatto.
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“Nulla è ancora deciso. La cifra emersa altro non è che ‘la media del pollo’, quasi sempre lontana anni luce dai soldi che l’operatore vedrà realmente aggiunti in busta paga. Anche perché, essendo solo una media, c’è chi prenderà mille euro in più e chi invece solo 20”, tuona De Palma. “Ma c’è un problema ancor più radicale”, continua.
“Su un totale di circa 1,5 miliardi di euro, dal momento in cui una parte importante di quelle risorse viene, d’autorità, attribuita a pioggia, questo non consente ai sindacati di valorizzare le personalità lavorative ben differenziate all’interno del contratto”, spiega. "Questo tipo di decisione ci ha fatto trovare davanti a un tavolo per discutere solo di briciole. Si parla, infatti, di circa 500 milioni di euro da destinare agli aumenti più qualche risorsa specifica”, dice il presidente del sindacato.
Ma nonostante questo, qualcosa sembra cambiato. “Per la prima volta è stato adottato un atto di indirizzo equilibrato”, spiega il sindacalista. “Da un lato, sembra che sia stato finalmente compreso il grave problema di carenza di personale, mentre dall’altro si sta capendo il motivo: ovvero le condizioni non più a misura d’uomo di questo tipo di professione”, continua De Palma. “Se massacriamo questa gente sul campo”, prosegue, “facendole fare doppi torni strazianti e togliendole il diritto di avere una vita privata, è chiaro che tali professionisti, alla prima occasione, se ne vadano”.
“Tornando al contratto”, dice il numero uno di Nursing Up, “le risorse sono quelle che sono. Ma l’atto di indirizzo ha avuto il coraggio di accogliere alcune nostre richieste: ovvero la valorizzazione dell’indennità di specificità infermieristica e quella per gli altri professionisti sanitari. Infermieri e le altre professionalità hanno, per l’appunto, indennità diverse”, spiega.
“Non solo”, ci tiene a specificare De Palma. “Abbiamo chiesto di creare presupposti per aumentare il compenso per gli incarichi di base, che finalmente sono quelli destinati a tutti i professionisti sanitari e non solo pochi eletti (chi fa concorsi interni, ad esempio)”. Ma ci sono anche delle contestazioni non indifferenti. “Nell’atto di indirizzo pervenuto, viene chiesto all’Aran di rivedere e aumentare il limite di ‘pronte disponibilità’ al mese che si possono chiedere al personale”, dice De Palma.
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In sintesi, per sette volte al mese, l’azienda può richiedere al proprio dipendente di recarsi sul posto di lavoro anche fuori dall’orario previsto dal suo contratto. “Non accetteremo mai di aumentare questo limite”, tuona il Presidente di Nursing Up. “I limiti alla pronta disponibilità sono fatti proprio per tutelare l’incolumità del professionista e dello stesso paziente. Ricevere cure da un operatore sfinito, massacrato da una quantità esorbitante di ore di lavoro, non garantisce neanche i requisiti minimi di assistenza”.
Ma non è tutto. “Bisogna lavorare anche su quelle norme che vessano la professionalità e l’operatività dei professionisti, come ad esempio la mensa”, spiega. “I turnisti hanno problemi ad accedere alla mensa”, continua, “perché c’è norma contrattuale che viene interpretata male dagli enti. Se chi fa i turni non ha neanche la garanzia di poter mangiare, servizio che invece offri a chi non li fa, è chiaro che si viene come minimo a creare una disaffezione, e non appena arriva la prima azienda privata con il servizio offerto, quella persona se ne andrà sicuramente”, dice De Palma.
C’è poi il nodo degli infermieri extracomunitari. “Oggi, in Italia, si lavora attraverso una norma adottata durante la pandemia da Covid che consente di operare in Italia a coloro che hanno un titolo riconosciuto nel loro paese d’origine, senza però garantire di possedere gli standard corrispondenti a quelli per poter lavorare in Europa”, spiega. “Spesso arriva gente che non è capace di parlare italiano”, continua, “e le nostre regioni organizzano anche dei corsi di un mese per imparare la lingua, ma non sono neanche lontanamente sufficienti per assorbire un gergo tecnico totalmente estraneo”.
Poi, come ci spiega De Palma, da tempo si sta verificando un vero e proprio “paradosso”, come lo definisce lui. “Gli infermieri che sono arrivati dall’estero, molto spesso, nel giro di due anni, cominciano già a guardarsi intorno. L’Italia è solo un trampolino di lancio per andare in altri Paesi europei”, rivela. “Poi”, continua, “dopo aver ricevuto la formazione da noi, vanno in Svizzera, ad esempio, a chiedere l’assunzione”.
E il presidente del sindacato degli infermieri ha le idee chiare su chi puntare il dito. “I nostri politici dimostrano di essere incompetenti. Bisogna decidersi a valorizzare i nostri infermieri, oppure continueremo ad avere personale straniero che spesso non parla neanche la nostra lingua e, talvolta, può rappresentare un peso”, tuona. “Alcuni sanitari a volte devono farsi carico della particolare attenzione dei colleghi non pratici che non sanno parlare la lingua e che non hanno competenze, perdendo così tempo prezioso”.
“La politica”, conclude, “non capisce che non bisogna far arrivare persone dall’estero, ma bisogna rendere appetibile la professione sanitaria valorizzandola concretamente, sia economicamente che operativamente. I nostri sanitari sono un’eccellenza nel mondo. È un peccato formare degli infermieri per poi metterli in mano ad altri Paesi che li tratta meglio. La politica agisca”, conclude infine Antonio De Palma.