Economia

Sud Italia, da fanalino di coda a locomotiva della crescita del Paese

di Vincenzo Caccioppoli

Nel 2023 il pil del mezzogiorno è cresciuto del 1,3 %, positiva anche l'occupazione. Ora occorre puntare su una strategia industriale per il Sud

Il risveglio del Mezzogiorno: sud locomotiva d'Europa

“Stiamo cercando di dare alle imprese e ai cittadini del Mezzogiorno la possibilità concreta di dimostrare il loro valore. Lo abbiamo fatto con la riforma delle politiche di coesione; alzando al 40% la spesa infrastrutturale obbligatoria per le regioni del Sud; mobilitando 3,3 miliardi di euro per il credito d’imposta nella Zes Unica; prorogando ‘Decontribuzione Sud’ e i robusti incentivi per creare buona e nuova occupazione, in particolare di giovani e donne. Ma penso anche agli oltre 41 miliardi di euro previsti nel nuovo Pnrr per accompagnare la Pubblica amministrazione nella transizione digitale e all’investimento che stiamo facendo per rendere dell’Italia, Sud in testa, l’hub di approvvigionamento energetico del Mediterraneo”. Così la premier Giorgia Meloni nel videomessaggio inviato alla 3/a edizione del Festival delle Regioni e delle Province Autonome, conclusosi ieri a Bari.

Il fatto che la premier abbia voluto sottolineare la crescita del meridione anche nel suo video messaggio celebrativo dei due anni di governo, rappresenta molto bene la soddisfazione per i buoni dati che arrivano dal mezzogiorno. Il sud Italia nel 2023 è passato dalla condizione di fanalino di coda e zavorra a locomotiva della crescita del paese. Nel 2023 il pil del mezzogiorno è cresciuto del 1,3 % più della media nazionale allo 0,9%, come riportato dal rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), che evidenzia anche una forte dinamica occupazionale, con un aumento del 2,6% degli occupati nel Sud, rispetto all'1,8% nazionale. Altrettanto favorevole al Sud si è mostrata la dinamica occupazionale. Gli occupati nel Mezzogiorno sono aumentati del +2,6% su base annua, più che nelle altre macroaree e a fronte di una media nazionale del +1,8%. Sulla crescita del PIL del Mezzogiorno ha inciso in maniera rilevante l’avanzamento degli investimenti pubblici cresciuti, nel 2023, del 16,8% al Sud, contro il +7,2% del Centro-Nord.

Nel complesso delle regioni meridionali gli investimenti in opere pubbliche sono cresciuti da 8,7 a 13 miliardi tra il 2022 e il 2023 (+50,1% contro il +37,6% nel Centro-Nord). Certo la strada da fare è ancora molto per recuperare lo svantaggio competitivo rispetto al nord, considerando come, secondo i dati Istat in termini assoluti, il Pil è così ripartito nel Paese: 1.101 miliardi di euro vengono prodotti al Nord, mentre 410 miliardi di euro è il valore del Pil prodotto nel Centro Italia e infine nel Mezzogiorno si calcola siano stati prodotti 430 miliardi di euro di Pil. Su questa dinamica di crescita o forse sarebbe meglio dire di risveglio del sud Italia, dovrebbe aver inciso significativamente il progressivo avanzamento degli investimenti del PNRR e l’accelerazione della spesa dei fondi europei della coesione in fase di chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020. Intervenendo in un contesto nel quale le costruzioni contribuiscono in maniera significativamente più rilevante alla formazione del valore aggiunto, gli investimenti in opere pubbliche hanno generato effetti espansivi più intensi al Sud.

La SVIMEZ stima in particolare un contributo della maggiore spesa in investimenti pubbliche (PNRR e altri investimenti) alla crescita del PIL del Mezzogiorno del 2023 pari a circa mezzo punto percentuale (il 40% circa della crescita complessiva. Ed è proprio questo dato che fa capire come il lavoro fatto dal ministro Raffaele Fitto, responsabile del pnrr e dei fondi di coesione, abbia inciso grandemente su questa espansione del mezzogiorno d’Italia. Poi sempre grazie alla volontà del ministro Fitto, dal 1° gennaio 2024, è operativa la ZES Unica Sud, un’area economica speciale che abbraccia l’intero Mezzogiorno d’Italia. L’obiettivo? Potenziare la competitività del Sud e innescare un circolo virtuoso di crescita economica e sociale. E secondo uno studio Ambrosetti le zone economiche speciali hanno fin qui avuto un impatto di circa 83 miliardi di euro, corrispondenti al 23% del valore aggiunto complessivo del Sud Italia. Il decreto 114 del 9 agosto 2024 prevede un aumento di 1,6 miliardi di euro della dotazione della risorsa, portando il totale degli incentivi a 3,27 miliardi di euro. Viene così sostanzialmente raddoppiato l’importo iniziale di 1,67 miliardi – e aumenta di conseguenza la percentuale del credito d’imposta fruibile, che dal 17,67% passerà a oltre il 34%. Il governo insomma sembra voler giustamente puntare sulla crescita del mezzogiorno d’Italia, necessaria per un sano e duraturo sviluppo del paese.

E il cambio di passo c’è stato ed è importante sottolineare anche i meriti del governo, come ha fatto ad agosto la bibbia del capitalismo britannico, The Economist, che parla del grande cambio di passo del Mezzogiorno a livello politico, amministrativo, economico, burocratico. Una vera e propria rinascita, che secondo il giornale britannico è dovuto all’unione di due fattori: i fondi messi a disposizione dall’Unione europea per rimettere in carreggiata il Meridione nella più ampia strategia di riconnettere i territori in difficoltà e superare le ataviche divisioni tra i tanti Nord e i Sud europei; la capacità dell’esecutivo italiano di utilizzare quei fondi, di non sperperarli, di non sprecarli, di adoperarli in modo serio, concreto, celere. Occorre adesso puntare su una strategia industriale per il sud, che deve fare leva sulle grande ricchezze di questa terra, sviluppando le grandi potenzialità nel campo delle rinnovabili tanto per cominciare, ma anche puntare sulla logistica dei porti ( basti pensare al porto di Gioia Tauro), e sulla creazione di poli tecnologici per produrre microchip o batterie,  per finire con lo sviluppo della filiera del turismo che deve riuscire a uscire dalle catene della stagionalità, così come fatto per esempio in molte parti della Spagna.

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L’epoca dell'assistenzialismo con la creazione di grandi cattedrali nel deserto, grazie agli incentivi statali, come il polo di Melfi o quello di termini Imerese da parte della Fiat stia mostrando tutti i suoi limiti, come anche nel caso anche del polo siderurgico dell’ex Ilva. E il governo come ha anche detto il ministro Urso, in una recente intervista rilasciata al quotidiano nazionale, sembra deciso a puntare ancora molto sul sud ma con un deciso cambio di strategia rispetto al passato “Il Mezzogiorno è la priorità del governo, perché è tornato a essere centrale nelle direttrici di sviluppo del nostro Paese e più in generale dell’Europa. Negli ultimi 30 anni l’Europa è cresciuta a Oriente, lungo il Continente. Ma nell’attuale contesto geopolitico potrà svilupparsi solo al Sud, proiettandosi nel Mediterraneo, in Africa e nel Grande Medio Oriente. Il nostro Mezzogiorno, che era diventato marginale, periferia dell’Unione, con le sue potenzialità logistiche e le sue vocazioni naturali, torna a essere centrale per l’approvvigionamento energetico, per le materie prime, per lo sviluppo industriale e produttivo.” Ed è per questo che il suo ministero a settembre ha stanziato 470 milioni di euro di incentivi destinati ai progetti di ricerca e sviluppo sperimentale delle imprese localizzate nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, nell'ambito della "Strategia nazionale di Specializzazione intelligente" . Insomma, come disse Galileo per la terra così anche per il mezzogiorno d’Italia si può ben dire “e pur si muove”.