Economia
Non solo Tesla, da McDonald's a Coca Cola: quando le posizioni del fondatore fanno male all'azienda
Tesla ha subito un crollo delle vendite, dovuto sia alle difficoltà del settore che alle dichiarazioni del fondatore. Altri brand, come McDonald's e Coca-Cola, hanno vissuto boicottaggi simili
Tesla, inatteso crollo delle vendite: così Musk paga le conseguenze delle sue posizioni politiche
Ormai da mesi è un fiume in piena e interviene nelle questioni politiche di mezzo mondo, con giudizi negativi, endorsement, battute, frecciate, proposte di leggi. Un dinamismo che divide l’opinione pubblica e che ora sembra ritorcerglisi contro: Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo e principale alleato di Donald Trump in questo avvio di secondo mandato, paga le conseguenze delle sue dichiarazioni.
A gennaio, Tesla ha registrato un crollo delle vendite non atteso, figlio non solo delle difficoltà del settore automobilistico ma anche delle sparate del suo proprietario. Da tempo Musk appoggia l’estrema destra europea. Solo pochi giorni fa, per esempio, è intervenuto via video a un comizio del partito tedesco Afd in vista delle elezioni federali del 23 febbraio sostenendo che i tedeschi dovrebbero smettere di guardare al proprio passato con vergogna a causa del nazismo. Eppure, se Afd vola nei sondaggi, sembra che la maggioranza dei tedeschi stia boicottando Musk.
Lo scorso mese Tesla ha registrato un calo del 59% delle vendite in Germania, nonostante nel paese il mercato delle auto elettriche sia cresciuto del 54%. Il trend, in realtà, segue quello del 2024, anno in cui Tesla è stata superata da Bmw nella classifica di produttori di auto elettriche che vendono di più in Germania, ma la brusca impennata registrata anche altrove (-63% in Francia, -12% nel Regno Unito, -47,7% nell’area Ue) sembra un effetto boomerang per le sue esternazioni politiche. Anche nella democraticissima California, dove Tesla è sempre stata apprezzata per il suo grado di innovazione, le vendite sono in calo: -12% nel 2024.
LEGGI ANCHE: Tesla, crollano le vendite in Europa
Si potrà obiettare che per l’uomo più ricco del mondo si tratta di perdite relative, ma la capitalizzazione del brand è in una curva discendente da più di un mese: dopo la vittoria di Trump a novembre era raddoppiata, raggiungendo i 1.500 miliardi di dollari circa. Verso fine mese, proprio quando Musk ha detto che “solo Afd può salvare la Germania”, è però iniziato un declino che ha tagliato la capitalizzazione di un quinto e che non accenna a fermarsi. Fermo restando che il rallentamento di Tesla è causato anche da altri fattori, va sottolineato che la dinamica tedesca, col mercato dell’elettrico in crescita e l’azienda di Musk che arranca, testimonierebbe una volontà di “boicottarlo” da parte dei clienti di riferimento.
In questo senso, la dinamica non è affatto nuova e non stupisce. Per rimanere nel campo dei gruppi che battono bandiera americana, a marzo McDonald’s aveva annunciato che la campagna di boicottaggio da parte degli attivisti pro-Gaza a causa del suo sostegno a Israele avrebbe prodotto una contrazione delle vendite. Nemmeno il tempo di comunicarlo è le azioni di McDonald’s sono crollate, perdendo sette miliardi di dollari in un giorno. Una vicenda analoga l’hanno vissuta anche altre multinazionali, quali Coca Cola e Nestlé.
Un boicottaggio simile, anche se per ragioni diverse, è stato promosso anche da Peta, l’organizzazione non profit che dal 1980 si batte in tutto il mondo per i diritti degli animali denunciando maltrattamenti e sensibilizzando contro la sperimentazione. A dicembre scorso, Peta ha cercato di interrompere la premiere del film “Nosferatu” protestando contro l’uso dei topi fatto nella realizzazione della pellicola. Per alcune scene, infatti, sono stati usati cinquemila esemplari, cui va aggiunta l’immagine trasmessa, secondo Peta ingiusta, dei topi come portatori di malattie. In generale, l’organizzazione promuove il boicottaggio anche dei brand che realizzano vestiti in pelle e cashmere, applaudendo, di contro, quelle aziende che hanno deciso di farne a meno Columbia Sportswear Company, o di limitarne la vendita, come il rivenditore online Asos.
LEGGI ANCHE: Tesla, crollano le vendite in Europa: il colosso paga il prezzo delle scelte politiche di Musk
Conseguenze più gravi hanno invece passato gli oligarchi russi che, per un motivo o per l’altro, si sono messi contro la linea di Vladimir Putin, perdendo così denaro e libertà. Come Mikhail Borisovich, ex patron del colosso petrolifero Yukos, che è stato in carcere per dieci anni in carcere e ora vive a Londra. O come Oleg Tinkov, ex multimiliardario la cui banca è di fatto stata espropriata da Putin dopo l’inizio della guerra in Ucraiana. Oppure Ravil Maganov, ex presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil morto a settembre 2022. In ogni caso, a causa della guerra hanno perso denaro non solo gli oppositori di Putin, ma anche quelli a lui vicini.