Economia
Tim, tegola dell'inchiesta Vivendi: la Rete unica si aggroviglia
La questione di opportunità politica per il socio pubblico nella costruzione di un'infrastrutturale centrale per lo Stato e su cui passano anche dati sensibili
La notizia della chiusura delle indagini su Vincent Bolloré e Arnaud De Puyfontaine rappresenta una bella gatta da pelare per diverse società in Italia. È una sorta di meccanismo a cascata che si è appena attivato e i cui effetti si vedranno nelle prossime settimane. Dunque, i due manager francesi sono stati accusati di "manipolazione del mercato" e "ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza". Sono accuse gravi, che ovviamente dovranno essere dimostrate anche in sede processuale e che potranno essere confermate solo dopo i tre gradi di giudizio. Insomma, nessun afflato giustizialista né intenzione di aggredire “lo straniero”.
Però… Però c’è una questione di opportunità politica che si sta facendo ancora più importante in vista di due appuntamenti vicini nel tempo ma che toccheranno il futuro del nostro Paese negli anni a venire. Prima di tutto: il 17 dicembre prossimo ci sarà l’assemblea di Open Fiber in cui Enel dovrà decidere che cosa fare con la sua quota. Le opzioni sul tavolo sono tre: cedere tutto a Macquarie, tenersi una quota piccola ma dirimente (intorno al 10%), lasciare la propria partecipazione al fondo australiano e a Cdp, che così diventerebbe di gran lunga il soggetto più “pesante” anche in ottica rete unica.
Ecco, proprio la rete unica, a cascata, diventa un altro tema dirimente. Ribadendo le cautele di cui sopra, è giusto che a una partita così fondamentale per il futuro del nostro paese venga giocata da Tim che ha come principale azionista proprio quel Vivendi oggi nell’occhio del ciclone per l’affaire Mediaset? Verissimo: non c’è nessuna correlazione tra le due vicende e nulla fa pensare che il comportamento (presunto) dei manager francesi sia avvenuto anche nell’ex-Sip. Ma rimane una bella spada di Damocle.
Non solo: raccontano ad Affaritaliani, che c’è un’ulteriore partita da giocare nel prossimo futuro. L’assemblea di Tim, infatti, si terrà all’inizio dell’anno per il rinnovo dei membri. Al momento sembra che Vivendi potrebbe realizzare una lista unica insieme a Cdp, aumentando il proprio peso specifico e riducendo quello delle minoranze.
D’altronde, Cassa Depositi e Prestiti insieme ai francesi varrebbero più del 33,7% delle azioni complessive, un bel “gruzzolo” che permetterebbe di governare con serenità. Rimane da capire, anche, che cosa vorrà fare Assogestioni, che è sempre stata indicata come ago della bilancia già in passato (a partire dal tentativo poi fallito di Marco Fossati di avere maggiore peso). E poi c’è da chiarire anche che cosa fare con i piccoli azionisti, che potrebbero essere finalmente ricompensati con un posto in consiglio dopo anni in cui chiedono maggiore attenzione.
Sullo sfondo, dunque, si delineano varie partite, tutte strettamente collegate tra loro. Ma bisogna fare chiarezza in fretta, perché ne va del futuro dell’Italia. Sul tema rete Tim il governo potrebbe anche esercitare la Golden Power se ritenesse che ci siano motivi di particolare preoccupazione. Ma attenzione: a Bruxelles non è affatto piaciuta la gestione della vicenda Mediaset – inserito come asset di interesse nazionale nel Dl Ristori – tanto che l’Ue si è espressa in modo piuttosto chiaro opponendosi alla norma. Facile pensare che non si vedrebbe di buon occhio un nuovo intervento dello stato. Insomma, la cascata è partita, ora bisogna trovare il modo di indirizzarla al meglio.