Economia
Tod's, Della Valle e il titolo sempre giù. Il mercato mette in dubbio i target
Il colosso italiano del lusso controllato dalla famiglia Della Valle in un anno ha perso oltre il 30%. Ecco cosa sta succedendo
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
Mettici una Cina, mercato fondamentale dei marchi del lusso che ancora una volta per quest'anno ha dovuto annunciare prospettive di crescita in calo rispetto al picco del +6,9% del 2017 (range fra +6 e +6,5%). Mettici un'incertezza geopolitica globale legato alla guerra commerciale fra Washington e Pechino, su cui Donald Trump e Xi Jinping non hanno ancora messo la parola fine. Contesa che non consente molta visibilità sulle due aree chiave che, con l'Europa, alimentano la domanda di beni luxury.
Mettici, ancora, un rallentamento economico in Europa, su cui incombe la minaccia della Brexit (con conseguenze su una delle città dove lo shopping di lusso è più forte e cioè Londra) e in Italia, dove alcuni uffici studi internazionali come l'Ocse addirittura prevedono una recessione per tutto il 2019. Ecco che le prospettive future per il business di Tod's (e quindi del titolo) non si fanno rosee.
Così a Piazza Affari, all'indomani della pubblicazione dei conti 2018, il colosso del lusso controllato (al 65,66%) dalla famiglia Della Valle finisce ancora oggetto delle vendite da parte degli investitori. Subito dopo il suono della campanella di Borsa, le azioni hanno lasciato sul terreno quasi il 6% a 40,24 euro, con un minimo intraday toccato a 39,48 euro, mettendo a segno la peggiore performance del listino milanese.
Al giro di boa, la perdita si è ridotta a -2,20% (a 41,82 euro), ma il bilancio del titolo a un anno non lascia scampo al gruppo Tod's: -31,88% alla chiusura delle contrattazioni di ieri sera. Un bilancio contro cui niente ha potuto il forte segnale lanciato al mercato da Diego Della Valle che, a fine 2018, ha annunciato di aver dato mandato al Credit Agricole di rastrellare fino al 5% di azioni del capitale per salire dal 60,66%.
Lunedì, a Borsa chiusa, il gruppo del lusso che in portafoglio ha anche i marchi Roger Viver (il più internazionale dei brand assieme a Tod's) Hogan e Fay ha fatto sapere alla comunità finanziaria di aver chiuso il bilancio con profitti in calo a 47,1 milioni rispetto ai 71 milioni dell'esercizio precedente (-33%). Risultato che ha spinto il consiglio di amministrazione a distribuire un dividendo per azione pari a un euro, contro gli 1,4 euro dell'anno precedente.
I ricavi sono stati in calo del 2,4% a a 940,5 milioni, ma se li si depura dall'effetto cambi, sono rimasti sostanzialmente stabili (-0,5%). Un trend che però non ha dato un forte segnale agli operatori finanziari. Già dal 2017 l’azionista di maggioranza ha presentato progetti innovativi con investimenti per tutti i marchi, ha accelerato sul ricambio del management e ben gestito il ciclone strutturale dell’e-commerce che ha rivoluzionato il tradizionale canale distributivo, ma il mercato è inquieto e sensibile a fattori esterni e, dopo il calo dell’utile più forte del consensus, quello che ora sta mettendo in discussione è la capacità di Tod’s di centrare i target del 2019.
Gli analisti di Equita Sim hanno emesso una nota parlando infatti di un “outlook 2019 non del tutto rassicurante”. Per quanto il target sui ricavi sia considerato “fattibile”, non vale lo stesso per l'Ebitda, le cui previsioni la sim milanese ha infatti tagliato. Il giudizio è stato quindi abbassato a "reduce" con target di prezzo a 35 euro. Anche Deutsche Bank ha tagliato le stime dell’Ebitda sul 2019 del 12%, ma ha mantenuto stabile il target price, perché “sulla base del modello Dcf si attesta ora a 52 euro per azione, ben sopra il prezzo di mercato”.
Berenberg, che ha sforbiciato il prezzo obiettivo a 33 euro, ha ricordato come già l’Ebitda del secondo semestre del 2018 sia in forte contrazione, del 12% inferiore alle stime di consensus e ha sottolineato una riduzione dei margini di 700 punti base. Secondo la banca, le azioni hanno raggiunto un massimo storico in termini di premio sull’indice Msci Europe, non giustificato. Insomma, dopo un pessimo 2018 (che ha zavorrato tutti i marchi del lusso italiani), anche il 2019 non lascia presagire niente di buono per l’inversione di marcia del titolo.