Economia
Italia in recessione tecnica già nel 2022: arriva la conferma del Fmi

"L'Italia entrerà in recessione tecnica nei trimestri a venire": il Fmi si allinea allo scenario nebuloso delineato dal documento programmatico di bilancio '23
Italia in recessione tecnica, Fmi: "La contrazione è dovuta a prezzi energetici e inflazione"
"Ci attendiamo che l'Italia entri in recessione tecnica nei trimestri a venire", prevalentemente a causa del forte contraccolpo dei rincari dell'energia e dell'alta inflazione sui redditi, "mentre i rischi" sulle prospettive economiche "sono al ribasso": Petya Koeva Brooks, vice capo economista del Fondo monetario internazionale durante la conferenza stampa di presentazione del World Economic Outlook, ha di fatto confermato lo scenario delineato dal Documento programmatico di bilancio per il 2023.
Interpellata su cosa suggerisca al nuovo governo, "come per molti altri Paesi, Brooks ha detto: "Diciamo di assicurare supporto ai più vulnerabili, tenendo presente quali siano i margini di bilancio e assicurando che il debito sia orientato al declino". Secondo il capo economista del Fmi, Pierre-Olivier Gourinchas "l'Italia è uno dei paesi che hanno fatto meglio del previsto" sul 2022, grazie al un forte contributo del turismo, dell'attività in generale e anche delle costruzioni. "Prevediamo un forte indebolimento con una leggera contrazione il prossimo anno, dovuta ai prezzi dell'energia, ha spiegato, e al fatto che l'Italia ha una dipendenza sul gas, per la stretta monetaria nell'area euro e la debolezza della domanda".
Italia in recessione tecnica, il Cdm ha sancito un rallentamento dello 0,1% nei tre mesi finali dell'anno
L'Italia ha quindi di fatto imboccato la strada della recessione. Lo scenario delineato dal Documento programmatico di bilancio per il 2023, trasmesso alla Commissione europa, che illustra le principali linee di intervento a legislazione vigente e gli effetti sugli indicatori macroeconomici e di finanza pubblica per il prossimo anno, in linea con la Nadef approvata a fine settembre, non è infatti roseo.
Nel documento il governo Draghi uscente si limita a confermare i saldi tendenziali della Nadef con una previsione di crescita del Pil per quest’anno che migliora dal 3,1 al 3,3% rispetto al quadro programmatico del Def. E per contro, una stima per il 2023 che scende in misura sostanziale, dal 2,4% allo 0,6%. Restano, invece invariate le previsioni per il 2024 e il 2025, pari all’1,8% e all’1,5%, rispettivamente.
Previsioni che non tengono ovviamente conto dell’azione di politica economica che potrà essere realizzata con la prossima legge di bilancio e con altre misure che il nuovo governo potrebbe varare nei prossimi mesi. Partendo dai dati Istat per i primi due trimestri dell’anno, si legge nel Dpb, "le valutazioni interne più aggiornate indicano una variazione leggermente negativa del Pil nel terzo trimestre quale risultato di una contrazione congiunturale del valore aggiunto dell’industria manifatturiera e delle costruzioni, solo parzialmente compensata da un incremento dei servizi".
E per il quarto trimestre, l"’intervallo delle stime più aggiornate si situa intorno ad una lieve contrazione del Pil in termini reali, attribuibile in primis al settore industriale". E l’andamento previsto per la seconda metà di quest’anno crea un trascinamento solo lievemente positivo (0,1 punti percentuali) sulla crescita del 2023. Si prevede poi "un’ulteriore flessione del Pil nel primo trimestre, che sarebbe poi seguita da una ripresa dell’attività economica a partire dal secondo trimestre, trainata da un aumento della domanda mondiale, da una discesa del prezzo del gas naturale (peraltro verso livelli ancora elevati rispetto a condizioni ‘normali’) e da un crescente apporto del Piano di Ripresa e Resilienza alla crescita del Pil".